La Squadra mobile di Napoli ha eseguito undici arresti, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Napoli, e che ha accertato l’esistenza del clan Valda, legato prima ai Cuccaro e poi agli Aprea, organizzazioni camorristiche operanti a Barra, quartiere della periferia orientale di Napoli.
Gli 11 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsioni, traffico di stupefacenti, detenzione di armi e uso di dispositivi di comunicazioni in carcere.
Il clan Aprea/Valda, operante a Barra e nei quartieri limitrofi, era in contrapposizione con i Cuccaro/Ronza, ha conquistato il controllo del territorio mettendo la firma su una serie di azioni delittuose, ma anche attraverso intimidazioni e minacce e imbastendo una fitta rete di appoggi e connivenze, finalizzata ad eludere i controlli delle forze dell’ordine e a fornire appoggio ai latitanti. Piazze di spaccio, estorsioni, furti, rapine i principali canali dai quali confluivano soldi nelle casse del clan, poi utilizzati per mantenere affiliati e detenuti ed acquistare armi.
Scooter e moto proventi di furti e rapine venivano occultati per inscenare la cosiddetta tecnica del “cavallo di ritorno”: la restituzione del veicolo rubato al legittimo proprietario in cambio di denaro. Spaccio, estorsioni, azioni violente indirizzate ai rivali, controllo del territorio attraverso l’uso di armi e interagendo con altre organizzazioni criminali: così il clan Aprea/Valda è riuscito ad imporre la propria egemonia.
I fratelli Valda sono da sempre inseriti nel contesto criminale: in seguito all’omicidio del padre, Ciro Valda, sotto la sagace guida della nonna, Giuseppina Niglio, hanno continuato a marcare la scena camorristica fino a conquistare un ruolo di primo ordine.
I fratelli Valda, nelle vesti di reggenti dell’omonimo clan, deliberavano e pianificavano le azioni criminali da compiere con il supporto della nonna, Giuseppina Niglio e di una serie di gregari.
Un’organizzazione capeggiata dai due giovanissimi rampolli del clan, Manuel Aprea e Francesco Pio Valda, accusati del tentato omicidio di Ciro Marigliano, vittima di un agguato mentre era a bordo della sua auto. Francesco Pio Valda è accusato anche di essere l’autore del raid intimidatorio indirizzato a una pescheria, la cui saracinesca fu distrutta dall’esplosione di un ordigno, piazzato proprio da Valda che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe l‘autore anche di un altro raid analogo che danneggiò un box auto, andato in scena nel Parco delle Mimose, zona in cui risiede la famiglia Ronza e lì avrebbe compiuto anche una stesa. La strategia del terrore, mirata a conquistare il controllo del territorio, vedeva altri giovani affiliati, tra i quali anche un minorenne, compiere azioni analoghe sotto le direttive dei Valda. In seguito all’arresto del fratello, Francesco Pio Valda gli subentra nella reggenza del clan, supportato da sua nonna Giuseppina Niglio e da altri affiliati, mentre suo fratello Luigi continua ad impartire indicazioni dal carcere servendosi di un telefono detenuto illegalmente. In veste di capoclan, Francesco Pio Valda si è occupato anche dell’approvvigionamento delle piazze controllate e gestite dalla sua organizzazione a Ponticelli e nelle zone limitrofe, provvedendo alla riscossione delle quote dai gestori. Piazze di droga che agivano in modalità delivery, consegnando al cliente le dosi ordinate, un’attività gestita e coordinata grazie all’aiuto di sua nonna Giuseppina Niglio e di sua sorella Giuseppina Valda, oltre che di altri affiliati. Un’abitazione che rappresenta il cuore pulsante dell’attività di spaccio gestita dalla famiglia/clan Valda: è lì che avvengono le conversazioni e i dialoghi con il fratello Luigi dal carcere. Le intercettazioni nell’appartamento in cui vivevano i Valda presero il via a maggio del 2022 e hanno pertanto consentito agli inquirenti di acquisire elementi di prova utili a ricostruire il modus operandi del clan, ruoli e azioni delittuose riconducibili alla stessa organizzazione.
Malgrado il suo status di reggente del clan, Francesco Pio Valda finisce nel mirino degli inquirenti il 20 marzo 2023 quando, nella zona degli chalet di Mergellina, irritato per un pestone su una costosa scarpa bianca, ha impugnato una pistola e ha sparato diversi colpi ad altezza d’uomo, uno dei quali ha raggiunto al petto Francesco Pio Maimone, pizzaiolo 18enne di Pianura, estraneo alle dinamiche camorristiche. Il giorno successivo Francesco Pio Valda è stato sottoposto a fermo in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio. Le indagini avevano permesso di accertare che quella sera nella zona degli chalet di via Caracciolo si erano affrontati due gruppi di giovani a seguito di una lite per futili motivi e che Francesco Pio Valda avesse esploso diversi colpi d’arma da fuoco, nonostante la presenza di molte persone che affollavano la zona del lungomare, uccidendo Maimone, estraneo ai fatti.
Il 12 ottobre 2023 è stata poi eseguita un’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare in carcere per quattro persone e gli arresti domiciliari per altre tre, in quanto ritenuti gravemente indiziati di detenzione di armi da sparo e favoreggiamento, aggravati anche dalle modalità mafiose. Gli indagati, dopo l’omicidio di Mergellina, a vario titolo avevano aiutato l’autore a eludere le investigazioni e avevano preso l’arma da fuoco utilizzata occultandola. Le investigazioni sono poi proseguite nei confronti dell’organizzazione criminale di appartenenza. Nel corso delle indagini sono state sequestrate armi da fuoco e sono stati documentati scambi armati tra i due gruppi.
Il 29 febbraio la Squadra Mobile di Napoli ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Giuseppina Valda, sorella di Francesco Pio Valda, che ha sostituito la misura degli arresti domiciliari in precedenza prevista per il favoreggiamento. Il 27 febbraio l’indagata aveva infatti violato la prescrizione del divieto di comunicazioni con persone diverse da quelle coabitanti pubblicando un video sul social TikTok in cui si inneggiava alla mafia. Sul post era stata riportata anche la scritta “Tribunale di Napoli” e l’orario 7.30, chiaro riferimento al fatto che il giorno prima aveva avuto inizio il processo per l’omicidio del giovane Maimone.