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Ponticelli, il racconto delle vittime: “ecco come la camorra ci ha cacciato dalle nostre case”

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
18 Marzo, 2024
in Cronaca, In evidenza
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Ponticelli, il racconto delle vittime: “ecco come la camorra ci ha cacciato dalle nostre case”
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Costretti ad abbandonare le loro case, dopo aver ricevuto minacce esplicite, anche indirizzate ai figli, impossibilitati a portare via mobili ed elettrodomestici, in alcuni casi privati anche dello stretto necessario, indumenti in primis. Testimonianze drammatiche che concorrono a ricostruire l’incubo vissuto da decine di famiglie residenti nei rioni controllati dalla camorra di Ponticelli e che si sono anche viste cancellare la residenza.

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Cittadini ai quali le istituzioni hanno assegnato un alloggio popolare, ma anche occupanti abusivi che si erano autodenunciati e che quindi pagavano regolarmente il canone d’affitto al comune di Napoli, in attesa di regolarizzare la loro posizione. Un diritto che si sono visti cancellare di forza dalla camorra che si è impadronita di quelle abitazioni, sprezzante di lasciare per strada famiglie con bambini ed anziani.

Le testimonianze che continuano a pervenire alla nostra redazione a una settimana di distanza dalla pubblicazione dell’articolo che ricostruiva il modus operandi dei clan addentrati nella gestione del business delle case popolari, continuano a pervenire informazioni che ricostruiscono in maniera sempre più circostanziata ruoli e mansioni dei soggetti che hanno concorso a sbattere per strada decine di nuclei familiari per agevolare il clan d’appartenenza.

Sempre più chiaro il ruolo di Vincenzo Sollazzo, consigliere della VI Municipalità di Napoli e proprietario di un caf che ha materialmente provveduto a lavorare alle pratiche necessarie per regolarizzare lo status degli occupanti abusivi, subentrati ai legittimi assegnatari di quelle abitazioni con il beneplacito della camorra, costituiti principalmente da parenti di affiliati e figure di spicco dell’organizzazione. Emblematico in tal senso il caso di una delle palazzine di via Esopo, fortino del clan De Martino, dove almeno tre appartamenti, tutti vicini, sono occupati dai familiari di Umberto Dello Iacolo, storico e fedele gregario di Antonio “XX” De Martino, di recente imparentatosi con Antonio Nocerino, figura di spicco del clan De Micco, avviando una relazione con la sorella dalla quale ha avuto anche un figlio. Una parentela acquisita che ha concorso a garantire a ‘o cecato – questo il soprannome di Dello Iacolo, arrestato da latitante pochi mesi fa – una rapida ascesa all’interno dell’organizzazione. Uno status confermato anche dalla soluzione abitativa che il clan ha riconosciuto a lui e ai suoi familiari.

Una consacrazione conquistata a discapito di nuclei familiari estranei al contesto malavitoso che hanno lasciato prima le loro abitazioni e poi il quartiere, in alcuni casi, trovando rifugio al Nord, per quanto spaventati da possibili ritorsioni e vendette.

Le vittime indicano, oltre a Sollazzo, un’altra figura chiave che ha ricoperto un ruolo cruciale nella compravendita degli alloggi nel rione Incis e nel rione Fiat, zone controllate dal clan De Martino. Si tratta di un parente acquisito di Francesco De Martino, alias Ciccio ‘o pazzo, attuale reggente del clan, padre di tre figure di spicco dell’omonimo clan, attualmente detenute.

Il parente di Ciccio ‘o pazzo viene descritto come il soggetto che indica al clan gli appartamenti da sgomberare, quindi impegnandosi ad individuare i nuclei familiari più vulnerabili e quindi più facili da piegare alle minacce del clan, affinché provvedano ad abbandonare le case senza particolari sforzi. Inoltre, provvederebbe anche a fungere da tramite tra il clan e i potenziali nuovi acquirenti, interessati all’acquisto di un’abitazione nei rioni controllati dai cosiddetti “XX”.

Ma cosa succede se la polizia municipale o un incaricato del comune di Napoli bussa alla porta degli occupanti abusivi? In che modo giustificano la loro presenza in quell’abitazione?

Le donne di casa dichiarano di essere domestiche dedite alla pulizia della casa, limitandosi a giustificare l’assenza dei legittimi assegnatari come un allontanamento temporaneo, quando in realtà non è così. Motivo per il quale, controlli ed accertamenti andrebbero eseguiti in maniera più mirata e approfondita per inchiodare quegli occupanti abusivi alle loro responsabilità.

E non è tutto.

I capofamiglia di alcuni nuclei familiari allontanati dalle loro abitazioni sarebbero stati convocati da alcuni soggetti legati al clan che gli avrebbero offerto dei soldi per lasciare la casa. Prima la negoziazione bonaria, poi le minacce: alcuni ex residenti in zona riferiscono di essere stati minacciati con le pistole e che gli affiliati al clan avrebbero fatto riferimento esplicito alla salute dei loro figli. Motivo per il quale, davanti a quella premessa tutt’altro che rassicurante, hanno preferito assecondare le richieste del clan, cedendogli le abitazioni, ma si sarebbero rifiutati di consegnare i documenti necessari per agevolare il cambio di residenza dei nuovi inquilini. Un problema risolto dal consigliere Sollazzo, come comprovano dozzine di bollettini: con l’aiuto di altri funzionari pubblici – “un amico, anche lui dipendente comunale che lavora a Soccavo” – vengono manomesse le date dei contratti di energia elettrica e fornitura idrica, ma anche le visite mediche e pertanto i documenti risultano retroattivi, dopodiché viene inoltrata la richiesta di sanatoria e di conseguenza lo sfratto viene bloccato. Terminato l’iter, la posizione del nuovo affittuario è blindata, mentre il legittimo assegnatario di quell’abitazione risulta senza fissa dimora, al pari di tutti i soggetti che rientrano nello stesso stato di famiglia. Un cortocircuito che ha arrecato non pochi problemi, non solo di carattere burocratico, alle famiglie cacciate di forza dalle loro abitazioni, principalmente anziani, ragazze-madri, ma anche famiglie con bambini che hanno preferito lasciare il quartiere, letteralmente terrorizzati dalle minacce che gli erano state esplicitamente indirizzate.

Decine di famiglie impossibilitate a pianificare un trasloco, alle quali è stata negata anche la possibilità di recuperare mobili ed elettrodomestici, prontamente rivenduti dal clan o ancora nelle disponibilità dei nuovi inquilini.

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