Seppure il prefetto di Napoli Michele di Bari ha assicurato agli abitanti del Parco Verde di Caivano che lo sgombero delle case popolari occupate non sarebbe stato effettuato entro l’8 marzo, come annunciato quasi un mese fa dalla procura di Napoli Nord, e che sarà valutata con attenzione la situazione di ogni singola famiglia, proprio in quella data, i residenti in zona hanno inscenato una fiaccolata di protesta tra le strade del rione per ribadire il loro “no agli sfratti”.
La procura ha agito all’improvviso: lo scorso 8 febbraio aveva mandato decine di poliziotti e carabinieri al Parco Verde per notificare «il sequestro di 254 case occupate abusivamente e lo sgombero di 419 persone» accusate di non pagare l’affitto, le tasse comunali, la corrente elettrica e il gas.
Una verità parziale, perchè molte famiglie pagano l’affitto, hanno contratti regolari con aziende di fornitura elettrica e di gas, hanno ottenuto tutti i documenti e da tempo chiedono che il comune riconosca formalmente la loro condizione.
Il censimento che ha portato al sequestro e all’annuncio di sgombero non ha tenuto conto delle negligenze accumulate in anni di pessima gestione delle case popolari. Molti degli assegnatari originari sono morti oppure hanno venduto o messo la loro casa in affitto senza un regolare contratto. Negli anni Novanta una parte delle case veniva controllata dalla camorra e consegnata agli affiliati, ai loro familiari o a latitanti. All’epoca si creò una frattura tra assegnatari e occupanti abusivi, mai del tutto risolta.
I passaggi di proprietà non furono mai registrati – spesso perché i genitori avevano lasciato la casa a figli o parenti – e solo negli ultimi 20 anni la situazione sul fronte nuove occupazioni non sarebbe affatto mutata. Quindi, si parla di famiglie che vivono nel rione da circa vent’anni.
Anche se la situazione era ormai molto caotica, all’inizio degli anni Duemila il comune tentò di sistemare le cose: fu creata una società, Igica, che aveva il compito di riscuotere gli affitti. Molte famiglie si misero in regola con gli arretrati e iniziarono a pagare un canone mensile, molte altre continuarono a non pagare. Fu concessa la residenza che risulta su tutti i documenti. Di fatto, per anni il comune ha considerato gli abitanti del Parco Verde come assegnatari e li ha trattati come tali, ma formalmente le case popolari non le ha mai assegnate davvero alle persone che ci vivevano, neanche quando avevano la volontà di mettersi in regola. Queste si sono trovate in una specie di limbo: riconosciuti dal comune, con i pagamenti in regola, ma sulla carta abusivi.
Questa mancanza è anche il risultato di una cronica precarietà amministrativa: dal 1992 a oggi il comune di Caivano è stato commissariato dieci volte. Attualmente è amministrato da tre commissari nominati dal prefetto dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.
Nel frattempo diverse inchieste della Corte dei Conti hanno individuato ammanchi per oltre 2 milioni di euro nelle casse del comune dopo il fallimento di Igica, pochi anni dopo la sua creazione. I documenti della società e delle case popolari non si trovano più. Diversi scatoloni con documentazione del comune sono stati trovati nei bidoni della spazzatura. Molte famiglie hanno tenuto i cedolini di pagamento rilasciati dal comune: si stima che almeno un centinaio possano dimostrare di essere in regola con l’affitto e le tasse sulle 254 denunciate come abusive dalla procura.
Il prefetto Michele di Bari ha assicurato che sarà valutato ogni singolo caso. Chi potrà dimostrare di aver pagato gli affitti, di avere documenti regolari e di non aver fatto abusi edilizi probabilmente sarà regolarizzato, anche se non si sa ancora come. Chi non è in regola, invece, dovrà lasciare la casa.