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Ponticelli, uno dei fratelli De Micco a piede libero reggente del clan insieme a un fedelissimo

Luciana Esposito di Luciana Esposito
6 Marzo, 2024
in Cronaca, In evidenza
0
Ponticelli: gli ex De Micco furono costretti dai clan alleati a rinnegare la precedente affiliazione bruciando i tatuaggi
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Un colpo di scena inaspettato ha ridisegnato le gerarchie all’interno del clan De Micco, organizzazione camorristica attualmente egemone a Ponticelli e concentrata a consolidare il controllo del territorio attuando una vera e propria strategia del terrore.

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Questo il quadro che emerge dalle segnalazioni dei cittadini e dei commercianti del territorio, letteralmente terrorizzati non solo dalle nuove leve, ma anche dai nuovi leader del clan.

Stando a quanto emerge dalle testimonianze pervenute alla redazione del nostro giornale, in seguito all’agguato al quale è miracolosamente sopravvissuto il 46enne ras Ciro Naturale detto ‘o mellone, il clan De Micco si sarebbe riorganizzato adottando un nuovo assetto interno. Fino a quel momento storico, Naturale aveva ricoperto il ruolo di reggente del clan dei cosiddetti “Bodo” per espresso volere del boss Marco De Micco che contestualmente al suo arresto ha designato proprio ‘o mellone come suo erede, indicandolo come l’affiliato destinato a prendere il suo posto all’interno dell’organizzazione. Una decisione dettata dalla necessità di garantire al clan una solidità economica indispensabile per preservare la supremazia conquistata a suon di omicidi e azioni violente, relegando ai De Martino la gestione dell’apparato militare del clan.

Contestualmente al tentato omicidio di Naturale, sul quale potrebbe esserci proprio la firma dei De Martino, gli equilibri interni ed esterni al clan sono stati stravolti da una serie di dinamiche. In questo scenario sarebbe maturato il nuovo assetto del clan De Micco che vede collocati ai vertici dell’organizzazione, uno dei fedelissimi, tornato a piede libero da circa un anno e uno dei fratelli De Micco che finora si era tenuto relativamente a distanza dagli affari illeciti. La famiglia De Micco conta cinque figli maschi: oltre a Luigi, Marco e Salvatore, ci sono altri due fratelli che però si erano sempre tenuti alla larga dalle logiche camorristiche che hanno portato gli altri tre a finire in carcere. Proprio lo status di detenuti dei tre fondatori dell’omonimo clan, potrebbe aver inciso pesantemente sulla necessità di inserire nelle dinamiche malavitose un altro membro della famiglia in grado di rappresentare in maniera credibile e autorevole i De Micco.
Il destino dei tre fratelli detenuti appare ormai segnato: Luigi De Micco ha incassato l’ergastolo per l’omicidio del ras Salvatore Solla, anche Marco De Micco sembra avviarsi verso la stessa condanna, in quanto accusato di essere il mandante dell’omicidio del 23enne Carmine D’Onofrio, incensurato, figlio naturale del boss Giuseppe De Luca Bossa. Un delitto particolarmente efferato, maturato per vendicarsi del raid subito dal boss una settimana prima, nell’ambito del quale il 23enne avrebbe piazzato un ordigno nel cortile dell’abitazione di Marco De Micco che ha danneggiato i vetri delle auto parcheggiate, ma a mandare su tutte le furie il boss fu la consapevolezza che in quel raid avevano rischiato di perdere la vita sua figlia e le sue nipoti che fino a pochi minuti prima dell’esplosione si era trattenute a giocare proprio in cortile. L’unico dei tre fratelli De Micco attualmente detenuti che potrebbe sperare di rivedere la luce del sole è Salvatore che proprio poche ore prima dell’omicidio di Carmine D’Onofrio era stato assolto per l’assassinio di Gennaro Castaldi e Antonio Minichini, quest’ultimo, cugino di D’Onofrio, in quanto figlio di Anna De Luca Bossa. Un verdetto scaturito dalle incongruenze emerse dalle testimonianze dei collaboratori di giustizia. Un colpo di scena che potrebbe concorrere a rimettere in libertà Salvatore de Micco in un futuro prossimo, ma le circostanze più recenti imponevano una soluzione immediata.

Il tentato omicidio di Naturale, le fibrillazioni con i De Martino e le perenni insidie insite nella presenza di altri clan sul territorio, seppure debellati da omicidi e arresti, avrebbe indotto uno dei due fratelli De Micco, liberi e incensurati, a scendere in campo in prima persona ed appropriarsi delle redini del clan di famiglia. Un impero solido e prolifero, quello dei De Micco, costruito facendo leva sull’intelligenza tattica di Marco, il fiuto per gli affari e la ferocia di Luigi, la forza militare di Salvatore. Un cospicuo capitale economico, una considerevole disponibilità di armi e un massiccio numero di reclute, rifocillate anche dalla migrazione di ex affiliati ai clan ormai in declino, confluiti tra le fila dell’organizzazione sempre più egemone, ma che rivendica la necessità di preservare ed estendere il potere conquistato.

La presenza di uno dei fratelli ai vertici del clan, affiancato da uno degli affiliati più fedeli e servili, avrebbe conferito ai De Micco l’assetto stabile e necessario per ambire a una leadership duratura. Una mossa che inoltre concorrerebbe a garantire maggiore sicurezza agli occhi dei fondatori del clan, una vera e propria garanzia, in termini di affidabilità e non solo.

Un fatto che, se confermato dagli inquirenti, sarebbe destinato a sancire un punto di non ritorno importante, non solo per il coinvolgimento di un incensurato, ma anche per le dinamiche strettamente correlate a questa scelta strategica.

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