“Il decreto Caivano” ha immediatamente fatto registrare un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine nella cintura di comuni che costeggiano la periferia Nord di Napoli, dove ormai da sette mesi pressoché quotidianamente si alternano le visite di ministri e di illustri rappresentanti delle istituzioni.
Un progetto di riqualificazione urbana, un disegno di legge, tra i provvedimenti attuati o da mettere in campo, al pari di dozzine di operazioni delle forze dell’ordine. Arresti, sequestri, perquisizioni e controlli che hanno reso la vita impossibile agli esponenti della criminalità locale che non si sono persi d’animo, limitandosi a spostare di qualche chilometro il loro giro d’affari.
A Scampia, l’attività di spaccio di stupefacenti è ripresa a pieno ritmo. Un paradosso, se si pensa che nel 2012, per mettere fine alla cosiddetta “faida di Scampia” il governo inscenò un’operazione assai simile a quella in corso a Caivano, avvalendosi dell’utilizzo di decine e decine di forze dell’ordine. Proprio in quel frangente, proprio come sta accadendo adesso, il business della droga dirottò per l’appunto a Caivano, trovando nel Parco Verde un’ottima base d’appoggio. In questo frangentesi crearono le premesse che hanno portato il parco Verde di Caivano a diventare una delle piazze di spaccio più quotate d’Europa. Un primato scaturito dalla necessità del governo di debellare lo spaccio dalle Vele di Scampia per mettere fine a quel fastidioso connubio “Vele=droga” che aveva conquistato la ribalta mondiale grazie ad alcune pellicole cinematografiche. Attualmente, si sta verificando il fenomeno migratorio inverso: gli spacciatori del Parco Verde di Caivano e non solo, impossibilitati a gestire il business in una zona perennemente presidiata dalle forze dell’ordine sono tornati alle origini, in una Scampia che ha faticato a riscattarsi e a lasciarsi alle spalle le brutture della faida e che rischia di tornare a rivivere quegli scenari segnati da droga e degrado che potrebbero vanificare gli importanti passi in avanti compiuti in tal senso, in primis, la nascita di un polo universitario.
I ladri d’appartamento, invece, nella fattispecie i rom insediati nella zona di Caivano, impossibilitati a operare sul territorio, al pari dei “colleghi” spacciatori, avrebbero optato per una strategia ancora più lungimirante, dirottando nell’area vesuviana con il beneplacito della camorra locale. Questo lo scenario che si celerebbe dietro i furti seriali che si stanno registrando nei comuni alle pendici del Vesuvio già da diversi mesi e che vede una banda di romeni provenienti da Caivano agire in concerto con i napoletani. San Sebastiano al Vesuvio, non a caso ribattezzata “la piccola Svizzera” per la prevalente presenza di villette a schiera che fanno da sfondo a un paesaggio prettamente costituito da alberi e aree verdi, ha conquistato il primato di comune più saccheggiato dalla banda di topi d’appartamento. Negli ultimi tempi, la banda ha iniziato ad estendere il raggio d’azione anche ai comuni di Massa di Somma, Pollena Trocchia e Cercola. Le villette e le palazzine indipendenti i bersagli prediletti della banda costituita da soggetti muniti di grandi doti atletiche, capaci di arrampicarsi con una certa agilità e di introdursi negli appartamenti con estrema destrezza.
Lo spaccio di stupefacenti tornato in auge a Scampia, la mattanza di furti negli appartamenti in scena tra le strade del Vesuviano, mentre nei quartieri della periferia orientale di Napoli si registra un considerevole incremento di furti e rapine alle attività commercianti: questi “gli effetti collaterali” del “Decreto Caivano” più visibili agli occhi dei cittadini costretti a vivere in contesti inaspriti dal notevole incremento della criminalità.