Non si è fatta attendere la replica del primo cittadino di Napoli alle accuse mosse da Daniela Di Maggio, la madre di Giovambattista Cutolo, il musicista ucciso per futili motivi lo scorso 31 agosto, nei pressi di un pub in piazza Municipio a Napoli. La madre di GiòGiò ha contestato la decisione del sindaco Manfredi di consegnare una targa al rapper Geolier di ritorno dal Festival di Sanremo, quale segno di gratitudine per il messaggio di riscatto di cui si è fatto promotore. Daniela Di Maggio ha condannato la decisione del sindaco di Napoli di premiare il rapper, senza prevedere un riconoscimento analogo per suo figlio.
Il Comune di Napoli, annuncia il sindaco Gaetano Manfredi, depositerà una targa in piazza Municipio, dove il 31 agosto scorso è stato ucciso Giogiò. Il giorno dopo la premiazione di Geolier e la polemica, aperta dalla mamma di Giogiò, Daniela Di Maggio, sul Corriere, Manfredi risponde: «Io rispetto le emozioni delle persone e c’è massima attenzione da parte dell’amministrazione nei confronti della memoria di Giogiò. Stiamo lavorando anche per mettere una targa commemorativa in piazza Municipio sul luogo del delitto così efferato, siamo in attesa dell’ultima autorizzazione della Prefettura per questo evento fortemente voluto da noi e dalla famiglia».
Daniela si è detta «indignata» da quella targa-medaglia data a Geolier e non a suo figlio «eroe gentile». Ha contestato al sindaco di aver «perso un’occasione d’oro per far pacificare le due città». Manfredi risponde: «Il ricordo di Giogiò continuerà ad essere forte a Napoli, ma in parallelo dobbiamo parlare con i tanti mondi della città portando messaggi positivi, perché solo attraverso un lavoro inclusivo riusciremo a veicolare i messaggi di legalità, di rispetto delle regole ai tanti ragazzi che oggi vivono spesso modelli negativi». E termina: «Noi dobbiamo accompagnare i giovani con il dialogo in un percorso per fare in modo che comprendano quali sono i valori in cui devono credere».
“Il Mattino” di stamane, invece, mercoledì 14 febbraio, riporta un’intervista rilasciata dai genitori di Francesco Pio Maimone, il 18enne ucciso da un proiettile vagante mentre era in compagnia degli amici agli chalet di Mergellina. Alla vigilia del primo anniversario della morte del giovane pizzaiolo di Pianura, ancora non gli è stata riconosciuta una degna sepoltura. I genitori di Pio avevano chiesto al comune di Napoli la concessione di un piccolo spazio all’interno del cimitero per costruire una lapide.
Uno sfogo che i genitori di Francesco Pio Maimone hanno affidato anche ai social: “da quasi un anno stiamo sopportando in silenzio il dolore per la perdita di nostro figlio. – si legge in un post pubblicato su facebook – Non abbiamo mai chiesto un riconoscimento pubblico per nostro figlio, ma non perché pensiamo che Pio non ne sia all’altezza ma perché non lo riporterebbe in vita.
Abbiamo solo espresso pubblicamente il desiderio di poter costruire una piccola cappella per onorare la sua memoria, richiesta che ci è stata negata dagli organi competenti.
Pio era un ragazzo umile ma lavoratore e con sani principi. Non conta dove si vive fiori, si nasce!
Non conta di dove sei, conta chi sei, di Napoli c’è ne una sola, queste vittime sono tutti figli della stessa Napoli.”
Parole forti e significative che giungono alla vigilia di un appuntamento cruciale: il prossimo 27 febbraio si svolgerà la prima udienza del processo a carico di Francesco Pio Valda, il 20enne che ha sparato il colpo di pistola che ha ucciso Pio e gli altri imputati accusati, a vario titolo, di averlo aiutato nelle ore successive all’agguato. La costituzione di parte civile del Comune di Napoli e della Fondazione Polis sono già state accettate nel corso della precedente udienza, al pari di quella della famiglia Maimone. Adesso resta da capire quali sono le iniziative che questa amministrazione intende attuare per manifestare concreta vicinanza alla famiglia Maimone.