Il Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di quattro persone ritenute gravemente indiziate di estorsioni continuate aggravate dal metodo mafioso e dall’uso di armi per commettere i delitti.
L’attività investigativa, svolta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli su coordinamento della DDA di Napoli, ha permesso di acquisire elementi indiziari a carico degli indagati per delle estorsioni pluriaggravate perpetrate a carico di commercianti del quartiere di Napoli-Fuorigrotta. L’indagine, nel suo complesso, attraverso il riscontro delle dichiarazioni rese dalle vittime agli inquirenti, ha permesso di accertare le modalità d’imposizione del tabacchi lavorati esteri di contrabbando, ad opera del gruppo criminale a cui gli indagati facevano riferimento, ai danni delle vittime, nonché le analoghe costrizioni di natura economica alle stesse imposte per la vendita della predetta merce.
Nel mirino degli esponenti del clan erano finiti anche i venditori ambulanti dei gadget della SSC Napoli. Nella fattispecie avrebbero chiesto e ottenuto da un ambulante 500 euro per consentire alla moglie di vendere i gadget del Napoli Calcio, proprio durante la festa scudetto.
In manette sono finiti quattro elementi di vertice della famiglia malavitosa del quartiere Fuorigrotta. Si tratta del boss Vitale Troncone, 55 anni, chiamato “lo zio”, del figlio Giuseppe, di 26 anni, di Luigi Troncone, 34 anni, cognato di Vitale, e di Benito Divano, 41 anni. Il gruppo criminale capeggiato da Vitale Troncone fu al centro di una faida con un clan rivale, tempo fa, e padre e figlio, lo scorso giugno, scamparono miracolosamente a un agguato scattato con il chiaro intento di uccidere e durante il quale vennero esploso oltre una decina di colpi tra la folla. Non solo. Minacciando di morte la stessa vittima, il clan Troncone avrebbe imposto per 6-7 mesi quantitativi di sigarette di contrabbando che l’ambulante – venditore di sigarette di contrabbando – non aveva la capacità di vendere, facendogliele anche pagare a un prezzo maggiorato, a 24 euro ciascuna. Per un periodo il venditore di sigarette è riuscito a pagare l’imposizione soprattutto grazie ai proventi della vendita dei gadget del Napoli campione d’Italia. Quando ha cercato di far capire però che la situazione sarebbe diventata poi insostenibile Vitale e Luigi Troncone hanno reagito minacciandolo di morte e rispondendo: “qua stiamo noi e comandiamo noi, e ti devi fare quello che diciamo noi”.
I Troncone non avevano mezze misure nel minacciare le loro vittime: “Ora ti sparo una botta in fronte, non ho paura di nessuno e neanche di ucciderti”. E ancora: “devi dire a tua moglie che non deve intromettersi…non ho paura di uccidervi… per colpa tua mio figlio è armato e sta rischiando di essere arrestato”. A interfacciarsi con l’ambulante, armato di pistola e in sella a uno scooter, in quell’occasione, fu Luigi Troncone, cognato del boss Vitale: “per colpa tua mi fai arrestare… mi hai fatto venire armato… e ora perché non mi hai dato tutti i soldi che devi darci, mi ha costretto a scendere anche domani che è domenica”.Il giorno dopo, la vittima, per timore di ritorsioni ai danni suoi, della moglie e dei suoi figli piccoli, ha consegnato la parte mancante del denaro richiesto al boss Vitale Troncone, appositamente recatosi per il prelievo. Anche Giuseppe e Vitale Troncone hanno minacciato di morte l’ambulante. Minacce, anche rivolte al figlio della coppia, continuate anche dopo la denuncia alle forze dell’ordine.