Il patto di ferro tra i De Micco di Ponticelli e i Mazzarella di Sa Giovanni a Teduccio ha consolidato notevolmente lo spessore dei due clan, consentendogli di controllare saldamente il territorio, senza temere le incursioni dei rivali. Un’alleanza fortemente voluta da una delle figure di spicco del clan Mazzarella: Gesualdo Sartori detto Aldo, classe 1992, il cui spessore criminale trapela dal fitto elenco di fatti di sangue che figurano nel suo curriculum criminale.
Affiliato ai Mazzarella ancora prima di diventare maggiorenne, nel 2009 partecipa all’omicidio di Patrizio Reale, elemento di spicco dell’omonimo clan operante a San Giovanni a Teduccio, in affari con i Rinaldi.
Nella fattispecie, Aldo Sartori diventa ben presto espressione temuta ed eloquente del clan D’Amico, costola del clan Mazzarella, in quanto legato sentimentalmente alla figlia del boss Salvatore D’Amico detto il pirata.
Nel 2011 partecipa a un altro omicidio voluto per agevolare l’ascesa dei D’Amico, quello di Raffaele Maddaluno, legato ai Rinaldi-Reale, organizzazione storicamente in contrapposizione ai Mazzarella nel quartiere San Giovanni a Teduccio.
Due collaboratori di giustizia, Antonio Pipolo e Salvatore Giuliano, hanno consentito alla magistratura di ricostruire lo spessore criminale di Sartori e soprattutto di chiarire in che modo è nata l’alleanza tra i Mazzarella di San Giovanni a Teduccio e i De Micco di Ponticelli.
Sartori è il cugino di Antonio Nocerino alias brodino, figura apicale del clan De Micco. Un vincolo di parentela che ha inciso senza dubbio, considerando che “brodino” è un affiliato della prima ora, uno dei fedelissimi che con le sue gesta violente ha contribuito all’ascesa del clan de Micco negli anni in cui era in corso la faida con i D’Amico, intenzionati a loro volta a colmare il vuoto di potere generato dalla dissoluzione del clan Sarno. Un percorso analogo, in sostanza, a quello intrapreso dal cugino nelle vesti di affiliato al clan Mazzarella. Entrambi, fin da giovanissimi, hanno servito la causa dei rispettivi clan d’appartenenza, distinguendosi per la particolare ferocia e la temibile fama che sono riusciti a conquistare rapidamente.
Quel vincolo di parentela, unitamente allo spessore criminale di entrambi i cugini, rappresentava agli occhi delle figure apicali di entrambe le organizzazioni la garanzia più rassicurante.
Antonio Pipolo, ex affiliato al clan De Micco, racconta di aver condiviso un periodo di detenzione in carcere proprio con Sartori che in quel frangente gli palesò la volontà di conoscere i De Micco. I due furono scarcerati pressoché in contemporanea nel 2020, quando il boss Marco De Micco era tornato a Ponticelli, dopo aver scontato una pena detentiva di circa 10 anni e fu proprio Pipolo ad organizzare un incontro, insieme al cugino Ivan Ciro D’Apice, tra quest’ultimo e Sartori.
“Ci vedemmo al bar dove abita Naturale. Lì nacque la fusione tra De Micco e Mazzarella”, si legge nel verbale in cui sono riportate le dichiarazioni di Pipolo. Il racconto del collaboratore prosegue e si sofferma sulle riunioni tra gli esponenti dei due clan, racconta delle partite di droga che i De Micco acquistavano dai Mazzarella ed era proprio Sartori a fare da garante.
Salvatore Giuliano, rampollo dello storico clan operante a Forcella e figlio di Luigi Giuliano, tra i condannati per l’omicidio della 14enne Annalisa Durante, ha conosciuto Sartori nel carcere di Larino, proprio come è accaduto a Pipolo e una volta tornati a piede libero ha avuto modo di appurare la vicinanza di Sartori ai Mazzarella incontrandolo in diverse occasioni insieme ad alcune figure di rilievo dell’organizzazione. Salvatore Giuliano riferisce di un incontro a casa di Michele Mazzarella, in quell’occasione Sartori era insieme a un ragazzo che indicò come suo cugino. I due erano lì per trattare una partita di erba che proveniva dal un suo canale diretto: “questa erba denominata “critical” fu presa dai Mazzarella che poi la distribuirono nei loro quartieri – afferma Salvatore Giuliano – noi invece non la prendemmo perchè si tratta di un tipo di droga che nel centro storico non va, nel senso che non piace. Nel centro storico si vende molto la “amnesia” spagnola.”