La corte d’appello di Brescia ha fissato la prima udienza del processo di revisione per i coniugi condannati all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il procedimento straordinario potrà concludersi con l’assoluzione oppure con il rigetto della richiesta di revisione.
Si riapre, dunque, il caso della strage di Erba. A 17 anni dai fatti e 13 dalla condanna definitiva all’ergastolo per i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi per gli omicidi di Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, la corte d’appello di Brescia ha fissato l’udienza per la richiesta di revisione del processo a loro carico.
La corte, infatti, ha emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti dei due coniugi condannati e ora si apre una nuova fase straordinaria del giudizio.
Proprio per la sua straordinarietà, la revisione può essere richiesta solo in casi eccezionali: nel caso di condanna basata su falsità negli atti o in giudizio, nel caso in cui i fatti su cui si basa la condanna siano inconciliabili con quelli stabiliti in un’altra sentenza e – questo è il caso dei coniugi Romano – nel caso in cui dopo la condanna siano sopravvenute o si scoprano nuove prove che «dimostrano che il condannato deve essere prosciolto».
In sostanza, le nuove prove da produrre in giudizio devono portare all’assoluzione dei condannati e non possono essere solo prove che ne riducano la responsabilità.
Tra gli argomenti, le modalità della morte di Valeria Cherubini che sarebbero “incompatibili” con la tesi di colpevolezza dei coniugi; inoltre si insiste sulla testimonianza di Mario Frigerio, marito di Cherubini e unico sopravvissuto alla strage, morto negli anni successivi, e diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione in dibattimento che, per i legali, contrasterebbe con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale, e emerso attraverso le intercettazioni ambientali. Vi è poi uno studio sull’energia elettrica nella casa dell’eccidio e infine la testimonianza di Abdi Kais, mai sentito dagli inquirenti, e residente nell’abitazione di Erba, che venne poi arrestato per spaccio nella zona dove avvenne il massacro. In tutto, la richiesta era di di oltre 150 pagine.
Con quello dei legali, però, sarà discusso anche il ricorso del sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser la cui iniziativa era stata ritenuta improvvida e fuori dalla regole dal capo del suo ufficio, Francesca Nanni, che aveva dato parere negativo trasmettendola a Brescia. Tarfusser, ora sotto procedimento disciplinare per questo, manifesta “un’enorme soddisfazione professionale” mentre la decisione dei giudici bresciani lo “ripaga di alcune negatività che ho subito ma è in linea con quanto ho sempre fortemente creduto”.
Olindo e Rosa, vicini di casa di Raffaella Castagna, di suo figlio Youssef, di soli due anni, uccisi nelle strage a coltellate e con una barra di ferro come la madre della donna, Paola Galli e una loro vicina di casa, Valeria Cherubini, confessarono inizialmente di essere gli autori dell’eccidio, motivandolo con la rabbia per le continue liti e vessazioni da parte di Raffaella e di suo marito Azouz Marzouk. Quest’ultimo poi fu arrestato per spaccio e nel processo manifestò improvvisamente dubbi sulla colpevolezza della coppia. Alla ‘mattanza’ sopravvisse solo Mario Frigerio, marito della Cherubini, nonostante una profonda ferita alla gola. Fu lui a riconoscere, tra il fumo e le fiamme davanti alla porta dell’appartamento dei Castagna, a cui era stato dato fuoco, Olindo Romano. Un riconoscimento effettuato anche in dibattimento, quando Frigerio, che morì alcuni anni dopo, si trovò faccia a faccia con gli imputati.
Gli avvocati Fabio Schembri e Nico D’Ascola, per Olindo, e Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, per Rosa Bazzi, puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze alla base della richiesta di revisione della sentenza. Uno di questi, “mai sentito all’epoca dei fatti” per i difensori della coppia, è un uomo che abitava nella casa della strage, legato ad Azouz Marzouk. L’uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui fu ferito, e aveva sostenuto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Questa, per lui, l’origine della strage non l’odio dei coniugi. Altro testimone citato dalla difesa è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.