28 novembre: una data associata ad eventi tutt’altro che propizi per i clan camorristici operanti a Ponticelli. E’ il giorno in cui sono stati eseguiti alcuni dei blitz più significativi che hanno concorso a decapitare le organizzazioni operanti sul territorio. Una tradizione avviata nel 2017, quando ad avere la peggio furono i De Micco, i cosiddetti “Bodo” di Ponticelli che in quel momento storico controllavano saldamente il territorio, conquistato al termine di una sanguinaria faida. Il blitz della Polizia di Stato portò all’arresto del boss Luigi De Micco, del killer del clan Antonio De Martino e di altri 21 affiliati che ricoprivano un ruolo di primo ordine all’interno dell’organizzazione. Un’operazione che di fatto decapitò il clan e che sancì la fine del primo mandato dei De Micco a Ponticelli, creando le circostanze che hanno favorito l’ascesa del cartello costituito dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli, a sua volta demolito dal blitz del 28 novembre del 2022 e che ha portato all’arresto di 63 persone.
A distanza di un anno, lo scorso martedì 28 novembre, un’altra operazione congiunta di polizia e carabinieri ha inflitto l’ennesimo duro colpo ai clan operanti nell’area orientale di Napoli e nei comuni dell’entroterra vesuviano che costituivano a tutti gli effetti una ramificazione dei clan alleati di Napoli est nei comuni del vesuviano.
Un provvedimento dal quale trapela un retroscena legato al primo blitz che ha dato il via alla “tradizione del 28 novembre”, quello che portò all’arresto delle figure di spicco del clan De Micco. Un evento vissuto con particolare enfasi da Bruno Solla detto “Tatabill”, luogotenente dei De Luca Bossa ucciso in un agguato di camorra lo scorso aprile. Prima lui, suo fratello Salvatore era andato incontro allo stesso destino nel dicembre del 2016. Reo di essersi rifiutato di corrispondere ai De Micco una tangente sulle piazze di droga che gestiva nel Lotto O, fortino del clan De Luca Bossa, Salvatore Solla fu ucciso dai rivali del clan De Micco pochi giorni prima di Natale, nel cuore del rione in cui viveva e dove gestiva gli affari per conto dell’organizzazione alla quale era affiliato.
All’indomani del blitz che portò all’arresto dei responsabili della morte del fratello, Bruno “tatabill” Solla commentò la notizia nel corso di una conversazione telefonica con un venditore ambulante di calzini.
Solla, in particolare, chiedeva al suo interlocutore se aveva letto il giornale e se aveva capito chi aveva svolto il ruolo di “filatore” nell’omicidio del fratello ovvero chi aveva segnalato la sua presenza in strada ai killer per consentirgli di entrare in azione.
Dopodiché esterna una serie di affermazioni particolarmente significative che sottolineano l’intenzione della cosca rivale di approfittare dell’assist involontario fornito dal blitz per mettere all’angolo i De Micco: “questo è il momento buono che dobbiamo “chiavare le botte…. “, un chiaro riferimento al momento propizio per colpire il clan avversario con un’azione armata, in quanto reso più fragile e vulnerabile dagli arresti.
Inoltre, i due si congedarono dandosi appuntamento per il giorno seguente, annunciando la necessità di riunirsi per parlare, facendo esplicito riferimento a “Fiore”, ovvero a Fiorentino Eduardo Mammoliti, nipote di Solla legato al clan D’Ambrosio, costola dei De Luca Bossa-Minichini-Schisa, il cartello camorristico che di fatto ha poi preso il sopravvento sui De Micco in quel momento storico.
Una riunione resa necessaria, secondo Solla e il suo interlocutore, per confrontarsi sui nuovi scenari criminali e le alleanze che si andavano delineando tra il gruppo di D’Ambrosio e altri soggetti affiliati al clan rivale.