E’ durato meno di un anno il piano camorristico covato da alcune figure apicali dell’organizzazione che in un passato recente cercò già di conquistare il controllo degli affari illeciti nel quartiere Ponticelli e nei comuni dell’entroterra vesuviano, malgrado il territorio fosse saldamente controllato dai De Micco-Mazzarella. Il blitz che all’alba di martedì 28 novembre ha fatto scattare le manette per 16 persone, ricostruisce soprattutto i fatti risalenti al periodo storico compreso tra il 2016 e il 2019. Erano gli anni in cui a Ponticelli erano insediati i De Micco, ma il blitz che a novembre del 2017 portò all’arresto di 23 figure di spicco del clan favorì l’ascesa del cartello camorristico costituito dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli. Malgrado l’alleanza fosse nata prima della dipartita dei De Micco, si era guardata bene dal lanciare il guanto di sfida ai rivali, ma approfittò comunque dell’evento propizio per conquistare il controllo del territorio.
Il provvedimento odierno ha consentito di accertare l’esistenza e l’operatività di due distinte consorterie camorristiche: una facente capo a Roberto De Bernardo, referente dei Mazzarella nei comuni di Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, mentre l’altra capeggiata da Roberto D’Ambrosio, attiva nei comuni di Cercola e Sant’Anastasia, rappresentava a tutti gli effetti una costola del clan De Luca Bossa-Minichini-Schisa.
Quest’ultima fazione era ritornata in auge di recente, in seguito alla scarcerazione di Eduardo Mammoliti Fiorentino detto “fiore” e Massimiliano Baldassarre detto ‘a serpe, arrestati nel 2017, insieme ad altri sodali per la tentata estorsione a un imprenditore di Sant’Anastasia. Tornati in libertà in primavera, i due si sono insediati nel rione di edilizia popolare di via Matilde Serao a Caravita, frazione del comune di Cercola, al confine con Ponticelli e hanno immediatamente palesato le loro intenzioni mettendo la firma su una serie di azioni dimostrative, oltre che taglieggiando i soggetti dediti alle attività illecite nella frazione di Caravita, imponendo loro una tangente sui business gestiti, ma anche estendendo l’attività estorsiva a commercianti e imprenditori dei comuni limitrofi. Stese, minacce, tensioni e una serie di azioni violente che soprattutto negli ultimi tempi si stavano verificando con una certa incidenza, non ultimo l’agguato in cui è rimasto ferito proprio Baldassarre pochi giorni fa, mentre si trovava in un autolavaggio a Pollena Trocchia, hanno concorso a far schizzare alle stelle la tensione tra le strade finite nel mirino del cartello camorristico emergente. Motivo per il quale la gente comune, al pari degli esercenti, hanno tirato un rassicurante sospiro di sollievo nell’apprendere la notizia dell’ennesimo blitz che ha ridimensionato la cosca stimata essere una costola del clan Minichini-De Luca Bossa.
Eduardo Mammoliti Fiorentino detto “Fiore”, trentenne elemento di spicco della malavita locale, era il nipote dei fratelli Salvatore e Bruno Solla, fedelissimi del clan De Luca Bossa, entrambi uccisi in due distinti agguati di camorra. Fiorentino era finito in manette nel 2017 per le estorsioni perpetrate ai danni di alcuni imprenditori proprio per conto del clan Minichini-De Luca Bossa, insieme ad altri affiliati che tentarono anche di minare l’egemonia dei De Micco a Ponticelli.
Nel corso dell’estate 2017, il sodalizio camorristico sorto a Ponticelli grazie ad una serie di alleanze strategiche tra diversi “superstiti” del clan Sarno ed altre organizzazioni criminali rimaneggiate da omicidi ed arresti, non solo del quartiere che all’epoca era sotto il dominio dei De Micco, ma anche di Barra e San Giovanni a Teduccio, iniziò a palesare la sua presenza mettendo in piedi un giro di estorsioni ai danni di commercianti ed imprenditori di Sant’Anastasia. Per questa ragione Mammoliti fu arrestato insieme a Massimiliano Baldassarre detto “a serpe”, anche lui scarcerato di recente e insediatosi a Caravita, Francesco Sebeto, soprannominato “zainetto” e Antonio Sbrescia detto “a cattiveria”. Il gruppo criminale stava tentando di imporsi per il controllo del malaffare, nella cittadina di Sant’Anastasia, determinante ai fini del buon esito dell’operazione, la denuncia di un imprenditore vessato dalle richieste estorsive.
La vittima ha infatti collaborato con le forze di polizia, riferendo quanto stesse accadendo nel comune anastasiano.
Durante le indagini avviate in seguito alla denuncia dell’imprenditore sono emersi altri elementi che hanno chiarito il modus operandi della banda che sottoponeva a minacce costanti i commercianti e gli imprenditori finiti nel loro mirino, attuando una vera e propria strategia intimidatoria che prevedeva inseguimenti lungo le strade cittadine, senza tralasciare i colpi d’arma da fuoco esplosi contro l’auto dell’imprenditore che ha raccontato agli agenti quanto stesse accadendo. Un raid intimidatorio consumato a suon di proiettili voluto per “punire” quell’atto di ribellione al ricatto estorsivo che gli veniva imposto. Tanto basta per comprendere la caratura criminale dei soggetti tornati a piede libero di recente e che hanno immediatamente introdotto un clima di terrore tra gli abitanti di Caravita.
Tra i nomi dei soggetti raggiunti dal provvedimento odierno figura anche quello di Fatima Tubelli, moglie di Mammoliti, indagata a piede libero e invischiata a sua volta negli affari illeciti gestiti dall’organizzazione.
“Fiore” dietro le sbarre ci era già tornato poche settimane dopo la scarcerazione: lo scorso maggio, mentre gli agenti dei Commissariati Decumani e Ponticelli controllavano uno stabile di via Matilde Serao a Caravita, frazione del comune Cercola, fu arrestato insieme a Baldassarre con l’accusa di detenzione abusiva di armi e denunciati per ricettazione. I poliziotti videro Mammoliti disfarsi di una busta, lanciandola dalla finestra, all’interno della quale trovarono una pistola CZ calibro 9 con 9 cartucce non censita e una pistola Browning calibro 7,65 con 10 cartucce. Nell’abitazione, invece, era presente un monitor acceso che riproduceva le immagini registrate da quattro telecamere collegate ad un sistema DVR (impianto di videosorveglianza) che inquadrava sia il perimetro dello stabile che l’esterno dell’abitazione, nonché numerosi effetti personali dei due uomini. Baldassarre fu scarcerato pochi giorni dopo, in quanto fuggì dall’appartamento di Mammoliti quando vide arrivare gli agenti: una condotta che ha giustificato spiegando di aver temuto di finire nei guai se lo avessero fermato in compagnia di un pregiudicato. Tanto è bastato per consentirgli di tornare temporaneamente in libertà.
Il 47enne Massimiliano Baldassarre detto ‘a serpe negli ultimi tempi aveva attirato l’attenzione degli inquirenti e dei rivali, così come comprova l’agguato in cui è rimasto lievemente ferito a un braccio lo scorso 17 novembre.
Commercianti e abitanti dei comuni del vesuviano finiti nel mirino dell’organizzazione temevano un’escalation di violenza e di estorsioni in vista delle festività natalizie, ricorrenza a ridosso della quale i clan camorristici notoriamente mirano ad imporre una tangente a imprenditori ed esercenti, proprio come accade a Pasqua e ferragosto. Un appuntamento calendarizzato che quest’anno destava particolare allarmismo, alla luce del livore manifestato dal clan di Caravita. Commercianti e abitanti dei comuni del vesuviano finiti nel mirino dell’organizzazione temevano un’escalation di violenza e di estorsioni in vista delle festività natalizie, ricorrenza a ridosso della quale i clan camorristici notoriamente mirano ad imporre una tangente a imprenditori ed esercenti, proprio come accade a Pasqua e ferragosto. Una velleità stroncata sul nascere dal provvedimento odierno che ha raggiunto gli stessi soggetti che nel 2017 finirono in manette per l’estorsione ai danni dell’imprenditore di Sant’Anastasia.