Condannati a quattro anni di reclusione Matteo Nocerino, 19 anni, e Gaetano Maranzino, 23 anni, rispettivamente genero e nipote del boss Antonio D’Amico del Rione Conocal di Ponticelli.
I due furono arrestati dagli agenti del commissariato San Giovanni-Barra lo scorso 6 maggio, la sera successiva all’omicidio di Vincenzo Costanzo, il 26enne ras del Conocal, vittima di un agguato in piazza Volturno a Napoli mentre erano in corso i festeggiamenti per la vittoria del terzo tricolore azzurro. I due furono arrestati dopo un lungo e concitato inseguimento. Un agente libero dal servizio notò un gruppo di centauri allontanarsi proprio da piazza Volturno, teatro dell’agguato costato la vita a Costanzo, dopo aver compiuto una “stesa”: l’esplosione di colpi d’arma da fuoco in aria a scopo intimidatorio. L’agente ha quindi diramato l’allarme alla centrale operativa e il commando è stato intercettato da una volante in via Alessandro Volta. Al culmine di un inseguimento terminato proprio nei pressi del rione Conocal di Ponticelli, nel corso del quale uno dei due arrestati non ha esitato a puntare una pistola contro i poliziotti e a tentare la fuga a piedi, i due sono finiti dietro le sbarre accusati di detenzione, porto illegale di arma da fuoco, esplosione di colpi di arma da fuoco, resistenza a Pubblico Ufficiale e ricettazione con l’aggravante del metodo mafioso.
La pistola calibro 7,65 priva di cartucce è risultata rubata ad ottobre del 2022, provento di rapina anche lo scooter.
Due giovani accomunati dallo stesso destino, seppure vantino trascorsi diversi: Matteo Nocerino, stimato essere una figura di spicco della malavita ponticellese, malgrado i suoi 19 anni, nonché rampollo di una delle famiglie camorristiche più longeve di Ponticelli, ha consolidato la sua presenza nel contesto malavitoso del quartiere sposando una delle figlie del boss Antonio D’Amico, mentre Gaetano Maranzino, malgrado fosse cresciuto in una famiglia/clan era riuscito a ritagliarsi un posto nel calcio professionistico con una lunga gavetta in serie D e una militanza nelle giovanili dell’Inter. Qualche mese prima dell’arresto era stato ingaggiato dal Portici ed era tornato a vivere nel Conocal, il rione controllato dalla sua famiglia. Probabilmente, quella sera, all’indomani dell’omicidio di quel cugino che reputava un fratello, ha impugnato le armi per la prima volta, ma ciò non è bastato a garantirgli una riduzione di pena, al pari del suo status di incensurato. Difeso dall’avvocato Luciano Mottola, mentre Nocerino era difeso dall’avvocato Sara Piccini, Maranzino non si è visto riconoscere nessuna attenuante o riduzione di pena, malgrado plurimi elementi dimostrassero la sua estraneità agli ambienti camorristici. Un verdetto che terrà il 23enne ancora lontano dai campi di calcio, ma che ciò nonostante può essere ritenuto comunque un ottimo risultato per i due imputati. Considerando la gravità delle accuse era lecito ipotizzare che potessero andare incontro a una condanna più severa.