“Un fantoccio” su cui “sfogare le proprie repressioni” approfittando del suo ritardo mentale: questo era diventato, secondo giudici e inquirenti, il 18enne di Sant’Antimo portatore di handicap che per circa un anno è stato bullizzato da tre suoi compagni di scuola con sputi, pugni, calci e abusi di natura sessuale.
Tra i ragazzi arrestati dai Carabinieri uno era minorenne all’epoca dei fatti: sono tutti accusati di atti persecutori e violenza sessuale di gruppo.
“Sputavano e gli urinavano addosso. Come per gioco, ma non lo era”, ha dichiarato all’ANSA la mamma della vittima, minorenne all’epoca dei fatti. A scoprire gli abusi e le violenze è stato il fratello maggiore, “quest’estate, mentre eravamo in vacanza, controllando casualmente il suo cellulare”. “Ha trovato dei video che ritraevano le angherie cui il fratello era stato sottoposto – dice ancora la donna, che ha 53 anni – siamo andati dai carabinieri e abbiamo denunciato tutto, consegnando i video che risalivano allo scorso marzo. Da allora mio figlio non è più voluto andare a scuola. Anche adesso si rifiuta perché è traumatizzato”.
La 53enne racconta anche di essere stata minacciata da alcuni parenti dei ragazzi ora accusati delle violenze: “è successo dopo la denuncia, mentre ero in strada, mi hanno detto che dovevo andare via da Sant’Antimo”. Gli accertamenti dei carabinieri, coordinati dalla procura di Napoli Nord e da quella dei minorenni di Napoli, hanno consentito di raccogliere “diversi elementi – spiegano gli investigatori – nei confronti dei tre indagati, compagni di scuola della vittima, che, con ripetute aggressioni fisiche, violenze verbali, ingiurie, offese, insulti ed atti denigratori”, gli hanno procurato “un grave stato di ansia e paura”. Il ragazzo è stato convocato in caserma dove ha rilasciato un versione dei fatti che ha trovato pieno riscontro nelle indagini e dalla visione dei video. Con uno degli indagati si conosceva da quand’era piccolo, mentre gli altri due si spacciavano per suoi amici da alcuni anni, ma “da marzo sono cambiati – ha detto ai carabinieri, che l’hanno ascoltato in caserma -. L’ho raccontato a mamma per non farli più venire a casa”. Ai militari dell’Arma ha anche raccontato che i suoi amici gli davano pugni e calci mentre il terzo riprendeva la scena con il cellulare. In un’occasione ha anche accennato una reazione, scatenando una colluttazione che per fortuna non ha provocato gravi conseguenze. I tre bulli, inoltre, già prima della data in cui sono stati registrati i video (febbraio-marzo 2023) scrivevano messaggi su una chat esclusivamente per rivolgere offese al loro compagno di scuola.
In manette sono finiti tre ragazzi di 20, 19 e 18 anni, per i reati, contestati a vario titolo, di atti persecutori e violenza sessuale di gruppo in danno di un minore, con l’aggravante di aver agito approfittando della debolezza psichica e del ritardo cognitivo della vittima.
Gli indagati più grandi sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a firma del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Vincenzo Saladino; il 18enne invece è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in istituto di pena minorile emessa dal gip presso il Tribunale per i minorenni di Napoli perché all’epoca dei fatti contestati non aveva ancora raggiunto la maggiore età.
I fatti si sono verificati lo scorso marzo e i carabinieri della tenenza di Sant’Antimo li hanno ricostruiti a seguito della denuncia sporta dalla madre della vittima che si è resa conto dell’inferno in cui si era ritrovato il figlio, non solo perché le aveva inviato alcuni dei video degli abusi subiti. Uno degli episodi oggetto di contestazione si è verificato nella camera della vittima. Trascinato in terra, preso a calci e pugni. Gli aggressori hanno tirato addosso grucce, cuscini, arrivando persino a scaraventarlo giù per la botola delle scale mentre in due gli urinavano addosso. In un’altra circostanza è stato percosso con un bastone. Un’altra volta occasione è stato trattenuto e costretto a subire atti sessuali. Fatti che il 18enne, ascoltato dagli inquirenti, ha confermato: «Mi fa dispiacere raccontare queste cose. Loro mi picchiavano quando venivano a casa mia, mi davano pugni, calci».