Fu uccisa per avere denunciato gli orrori della pedofilia Matilde Sorrentino, la “mamma coraggio” di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, assassinata nel 2004 su ordine del boss Francesco Tamarisco, come ha sancito la sentenza di primo grado.
Nella giornata di venerdì 10 novembre, la Corte d’Assise d’appello di Napoli ha confermato la condanna per Tamarisco, sul quale ha indagato il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli.
A rappresentare l’accusa in aula c’era il sostituto procuratore generale Stefania Buda. Ad eseguire l’ordine del boss fu, sempre secondo quanto emerso dalle indagini, Alfredo Gallo, anche lui condannato all’ergastolo ma in via definitiva.
La donna fu uccisa all’età di 49 anni il 26 marzo del 2004. Freddata sulla porta di casa, a Torre Annunziata, raggiunta da vari colpi di pistola al volto e al corpo. Un’esecuzione in piena regola per una mamma che ha combattuto come una leonessa per difendere suo figlio, finito in una rete di pedofili.
Il nome di Matilde Sorrentino figurava tra quelli dei testimoni decisivi per smascherare una banda di pedofili nel popolare “rione dei Poverelli” di Torre Annunziata.
E’ stato accertato che il killer è entrato nel condominio dove abitava la vittima appena dopo le 20.30, senza farsi notare e ha bussato all’abitazione di Matilde Sorrentino. In casa c’erano la vittima e il marito, un operaio in pensione, anch’egli incensurato. Appena ha aperto la porta, la donna è stata raggiunta da diversi proiettili: il primo al volto, gli altri al petto. Le autorità hanno disposto un programma di protezione per Antonio Gallo, di 57 anni, marito di Matilde Sorrentino e per i due figli della donna, uno dei quali era stato fra le vittime dei pedofili. Sorveglianza anche per altre due donne che nel ’97 denunciarono, come fece Matilde Sorrentino, i casi di pedofilia nella scuola elementare di Torre Annunziata.
Nel giugno 1999, il Tribunale di Torre Annunziata emise la sentenza: 19 condanne e due assoluzioni. Le pene più pesanti furono inflitte a Pasquale Sansone, bidello della scuola del rione dei Poverelli (15 anni di reclusione) e a Michele Falanga, titolare di un bar (13 anni). Tuttavia gli imputati vennero scarcerati per la scadenza dei termini di custodia cautelare. Trascorsero poche settimane e, in due distinti agguati, il 26 e 27 luglio, Falanga e Sansone furono uccisi. Due omicidi con un unico movente: chi ha ammazzato, con ogni probabilità affiliati alla camorra – sostennero gli inquirenti – lo ha fatto per punire i seviziatori dei bambini. Oltre al caso della scuola del popolare rione Poverelli, il centro vesuviano è stato teatro di un’altra grande inchiesta sulla pedofilia online, nella quale gli inquirenti accertarono che un’organizzazione russa produceva e vendeva, attraverso un proprio portale, foto e video di contenuto pedopornografico. La vicenda provocò anche forti polemiche negli ambienti politici sia per la diffusione di immagini nei telegiornali, sia per la denuncia da parte dei magistrati dell’esistenza di una presunta lobby di pedofili. Nell’inchiesta furono coinvolti diversi insospettabili, tra cui professionisti e imprenditori che avrebbero divulgato il materiale.
Aveva solo 7 anni, Salvatore, il figlio di Matilde Sorrentino, quando insieme ad altri bambini del III Circolo Didattico di Torre Annunziata finì nelle mani di una banda di orchi che li violentò dopo averli storditi con alcool e minacciato con armi di fortuna. Un incubo che finalmente ha conosciuto la parola “fine”. Dopo il calvario iniziato con le violenze, le minacce, gli abusi continui. E le denunce delle tre giovani madri: una di loro era proprio Matilde Sorrentino, uccisa sotto gli occhi del figlio Salvatore, da uno di quegli orchi, per vendetta. Nel frattempo Salvatore, negli anni che seguirono, iniziò la trafila di processi: perse anche il padre, stroncato da infarto e così fu affidato al fratello maggiore.