Un tributo post mortem che si protrae da 5 anni sulla strada principale di Cercola, comune del vesuviano al confine con il quartiere Ponticelli: in via Angelo Camillo De Meis, all’altezza del civico 195 è riposta una cornice, contornata da vasi con fiori, che racchiude l’immagine di Demar Scognamiglio, pregiudicato 22enne, legato al clan De Martino operante a Ponticelli, suo quartiere d’origine.
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre del 2018, due giovani di 19 e 22 anni, entrambi di Ponticelli, entrambi sotto effetto di cannabinoidi e cocaina, vagavano a bordo di uno scooter – sottoposto da tempo a sequestro amministrativo perché privo del tagliando assicurativo – quando sono rimasti coinvolti in un incidente, impattando contro una panda.
L’incidente è avvenuto all’incrocio tra Corso Domenico Riccardi, via Angelo Camillo De Meis, Via Matteotti e Via Luca Giordano. Alla guida dello scooter c’era un amico di Demar, Pietro Frutto, 19enne all’epoca dei fatti, sprovvisto di patente, anche lui pregiudicato e originario di Ponticelli.
Il 22enne è rimasto a terra agonizzante, proprio sul ciglio della strada dove è stata poi riposta la sua cornice. L’amico 19enne alla guida dello scooter lo ha abbandonato e si è dileguato senza prestare soccorso. Anche il conducente della vettura coinvolta nell’incidente si è allontanato senza soccorrere il 22enne.
I carabinieri della tenenza di Cercola hanno individuato Pietro Frutto poco dopo l’incidente. Si era recato all’ospedale Villa Betania di Ponticelli per farsi curare il politrauma da incidente stradale riportato nello stesso impatto che si è rivelato fatale per il suo amico. Dopo le prime cure e accertamenti è stato sottoposto a fermo.
La mattina seguente, invece, si è presentato al comando del carabinieri di Cercola il conducente della Panda, un pensionato 62enne incensurato di Cercola, ugualmente indagato per omissione di soccorso e omicidio stradale. Amici e parenti del defunto hanno sempre sostenuto che alla guida dell’auto ci fosse una giovane donna e che il proprietario dell’auto si sia addossato la colpa di un reato che non avrebbe commesso.
L’unico dato certo è la vicinanza di Demar Scognamiglio e Pietro Frutto al clan De Martino di Ponticelli. Un’affiliazione confermata non solo dalle dichiarazioni rese dai collaborazioni di giustizia, ma anche dalle indagini che hanno ricostruito i fatti di camorra più recenti. Non a caso, Pietro Frutto è tato arrestato a maggio del 2020, insieme ad altri tre soggetti contigui al cosiddetto clan “XX”, accusati delle estorsioni ai danni dei gestori delle piazze di droga del quartiere, uno degli episodi salienti della faida che in quel momento storico vedeva le giovani leve del clan De Martino osteggiare il cartello costituito dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli.
Un’associazione di fatti e persone che stride pesantemente con la presenza in pianta stabile, ormai da 5 anni, di quel presidio commemorativo sul ciglio della strada dove il 22enne è deceduto. Non solo perchè quella cornice occupa senza alcuna autorizzazione il suolo pubblico, ma soprattutto per messaggio di cui si fa portatrice, in termini di controllo del territorio. Basta pensare che non appena l’immagine ha iniziato a sbiadire è stata tempestivamente sostituita da una fotografia più nitida.
Un presidio sopravvissuto inspiegabilmente alla campagna di rimozione di altarini e murales che celebravano pregiudicati e camorristi deceduti e che nel 2021 vide i caschi bianchi di Napoli e provincia impegnati in plurime operazioni finalizzate a ripristinare la legalità tra le strade della città. In quel frangente, il murales dedicato proprio a Demar Scognamiglio fu cancellato, mentre quella cornice continua a giacere sul luogo dell’incidente.
I cercolesi sono quindi costretti a una convivenza forzata con l’immagine celebrativa di un pregiudicato deceduto, seppure per cause non riconducibili al contesto camorristico al quale era comunque legato, che rischia di diramare un messaggio fuorviante e diseducativo agli occhi dei giovani ragazzi. Una situazione che suscita sdegno e malcontento tra la gente comune che non si rispecchia nelle logiche criminali e che condanna con fermezza il mancato intervento delle istituzioni e delle forze dell’ordine che da 5 anni permettono il protrarsi di questo scenario:
“Ci passo sempre in quell’incrocio, lì poco più avanti vive mio nonno, un esempio straordinario non solo per Cercola, ha giocato e allenato ragazzi a pallacanestro durante l’invasione tedesca e negli anni a seguire. Persone come lui non nascono più… avrebbe meritato in questi anni un ricordo da Cercola o perlomeno un riconoscimento per l’esempio e il cambiamento che ha dato ai giovani nella sua lunga vita, ma niente. Ogni volta che vado a trovarlo devo vedere altarini di camorristi avanti agli occhi ogni volta, li sistemano, cambiano cornici, su un suolo pubblico, assurdo l’immagine che viene data ai giovani per bene. Assurdo che un comune non muove un dito. È tutto un circo!”
Scrive sui social una cittadina in concomitanza del quinto anniversario della morte del 22enne, la cui immagine continua a troneggiare sul ciglio della strada che ha accolto i suoi ultimi istanti di vita.