Un rione equamente diviso tra due clan storicamente ostili, ma che convivono pacificamente pur di preservare gli affari. La situazione più scomoda, su entrambi i fronti, è quella subita dai residenti in zona, minacciati e taglieggiati: questa la geografia camorristica che scaturisce dalle testimonianze degli abitanti del rione Conocal di Ponticelli, storica roccaforte del clan D’Amico che tuttavia preserva il controllo degli affari illeciti solo in una fetta di territorio.
Dopo l’insediamento degli Aprea di Barra, perno portante del sodalizio camorristico costituito dall’alleanza tra i vecchi clan dell’area orientale di Napoli, malgrado le riluttanze iniziali, palesate a suon di stese ed azioni eclatanti, i D’Amico si videro costretti a capitolare e ad accettare l’invasione del clan che fu collocato nel Conocal dai De Luca Bossa, quale segno di gratitudine per il supporto fornito nell’ambito della faida contro i De Micco e che vide le organizzazioni messe all’angolo da questi ultimi, tornare a marcare la scena camorristica da leader. Complice il blitz che a novembre del 2017 decapitò il clan dei cosiddetti “Bodo”, i D’Amico, a loro volta rimaneggiati da un’analoga operazione che un anno prima aveva fatto scattare le manette per circa 100 soggetti ritenuti contigui a vario titolo al loro clan, non disponevano della forza camorristica necessaria per contrastare la volontà dei clan alleati.
La supremazia degli Aprea nel Conocal è durata per un periodo relativamente breve, ma per espresso volere dei vertici dell’alleanza, una nutrita fetta di rione è stata affidata a un altro elemento di spicco della malavita locale: Francesco Pignatiello, detto ‘o scartellato, 48 anni, residente in via Arturo Toscanini, nella porzione del rione che si trova nell’area opposta a quella controllata dai D’Amico, dove da tempo immemore gestisce una piazza di droga. Un camorrista di vecchio corso, la cui carriera criminale risale all’era dei Sarno. Arrestato da latitante nel 2009, ricercato per reati di droga e associazione di tipo mafioso, fu stanato dai poliziotti del commissariato di Ponticelli proprio presso la sua abitazione. Pignatiello è finito nuovamente dietro le sbarre ad agosto del 2022, accusato di tentata estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso, in danno di un’impresa edile impegnata nell’effettuazione di lavori nel quartiere Ponticelli. Seppure fu già raggiunto da un provvedimento di fermo 10 mesi prima, nell’ambito di un’ provvedimento ‘operazione che portò all’arresto di diversi soggetti legati al clan De Martino, ma in quella circostanza il provvedimento fu annullato dal giudice del Riesame.
Pignatiello figura anche tra i destinatari dell’ordinanza che lo scorso novembre ha raggiunto più di 60 persone ritenute contigue al cartello camorristico costituito dai vecchi clan di Napoli est. Nel ricostruire il ruolo ricoperto da ‘o scartellato, le intercettazioni hanno fornito un contributo determinante. Dalle indagini è emerso il ruolo camaleontico da lui ricoperto nel momento storico di maggiore difficoltà per i De Micco-De Martino, clan al quale è legato a filo doppio, in quanto zio di Ciro Ricci alias ‘o panino, affiliato al clan De Micco, ma soprattutto perchè è il suocero di Giuseppe De Martino, secondogenito del boss Francesco De Martino.
Tra il 2020 e il 2021, nel periodo in cui a capo della cosca c’era prima Giuseppe Righetto e in seguito al suo arresto subentrò Luigi Austero, Pignatiello entra in affari con i clan alleati.
Tuttavia, di recente, soprattutto in seguito al fugace ritorno a Ponticelli di Giuseppe De Martino, scarcerato lo scorso febbraio e ritornato dietro le sbarre dopo appena sei mesi, sul rione Conocal è tornata a sventolare la bandiera dei cosiddetti “XX”. Le incursioni di quest’ultimo nel fortino dei D’Amico sono state filmate rilanciate anche su TikTok proprio per ostentare il controllo del territorio.
Gli abitanti del rione ricostruiscono minuziosamente il controllo e la spartizione del territorio da parte dei due clan storicamente ostili, basta pensare che Antonio De Martino, fratello di Giuseppe, è il killer che ha ucciso Annunziata D’Amico, sorella dei boss Antonio e Giuseppe che in quel momento storico ricopriva il ruolo di reggente del clan di famiglia.
I D’Amico controllano la porzione del Conocal dove sono ubicate le abitazioni delle figure apicali della famiglia/clan: via al chiaro di luna, via flauto magico, la fetta di rione dove di recente si sono registrate svariate incursioni armate.
La famiglia Pignatiello, invece, resta radicata nella zona di via Arturo Toscanini, dove gestisce da tempo immemore una piazza di droga e non solo.
Malgrado la detenzione, Francesco Pignatiello continuerebbe ad impartire strategie, ordini e direttive ai parenti radicati nel rione, grazie al possesso di un telefono cellulare. Attualmente, un ruolo di particolare rilievo sarebbe ricoperto dalle donne di casa che non disdegnano di indirizzare minacce e richieste estorsive ai residenti in zona. Le quote imposte dal clan alle famiglie sono fisse: 10 euro per l’impresa di pulizie e 10 euro per la potatura delle aree verdi.
Esattamente come accade nella porzione di rione controllata dai D’Amico, anche la compravendita delle case popolari è controllata dal clan. La cessione di ogni alloggio prevede il pagamento di una quota di 5mila euro all’organizzazione. Nella fattispecie, l’acquirente deve corrispondere 2.500 euro al clan e il venditore deve impegnarsi a versare la stessa cifra. Qualora un alloggio venga ceduto in affitto, la famiglia è comunque tenuta a versare la somma di 2.500 euro all’organizzazione “per stare tranquilli”. Anche nel caso di lavori di ristrutturazione, la tariffa da elargire al clan è la stessa: 2.500 euro.