La camorra di Ponticelli seguita a mostrare i muscoli, inscenando plateali dimostrazioni di forza finalizzate ad accrescere omertà e consensi, palesando la sfrontata volontà di non piegarsi alle leggi dettate soprattutto dal buon senso. I riflettori tornano ad accendersi sul rione Conocal di Ponticelli, dove appena pochi giorni fa è stato tratto in arresto un minorenne accusato di aver sparato, riducendo in fin di vita, l’ingegnere 32enne che lo scorso marzo si rifiutò di consegnargli lo scooter. Un giovane professionista al quale i chirurghi dell’ospedale del Mare hanno salvato la vita sottoponendolo a un delicato e lungo intervento che ha sventato anche il pericolo di amputazione dell’arto ferito da un colpo d’arma da fuoco che fin da subito aveva impensierito i medici. Un giovane professionista ‘punito’ per non essersi piegato alle logiche malavitose imposte dal giovane rapinatore, forte del possesso di un’arma.
L’indagine che ha tradotto in carcere il 17enne, concorrendo a ricostruire la dinamica dei fatti, ha consentito soprattutto di accertare la presenza di una vera e propria base operativa dedita prettamente a rapine in quel rione, nonchè fortino del clan D’Amico, non a caso allestita presso l’abitazione di un giovane imparentato con i vertici della cosca. Era lì che si svolgevano i summit deliberativi e organizzativi, era lì che sono state registrate le conversazioni più degne di nota che hanno inchiodato il 17enne che raggiungerà la maggiore età il prossimo dicembre alle sue responsabilità.
A distanza di poche ore da quell’arresto, i D’Amico, il clan operante nel Conocal, sbattono in faccia allo Stato e all’opinione pubblica l’ennesimo schiaffo all’orgoglio di chi crede e lotta per contrastare le logiche camorristiche. Nel corso della mattinata di domenica 17 settembre è infatti andato in scena l’ennesimo plateale tributo a Vincenzo Costanzo, il ras del clan D’Amico ucciso lo scorso maggio in un agguato di matrice camorristica.
Ciò che desta particolare allarmismo è che in un contesto religioso, complice gli stendardi e la banda musicale che intonava brani abitualmente indirizzati alla Madonna dell’Arco, capeggiato da un gruppo di cinque bambini, guidati dal nipote del ras morto ucciso che portava in gloria una cornice in cui era racchiusa una gigantografia di Costanzo, è andato in scena l’ennesimo tributo post mortem a un camorrista, andato incontro al suo destino con cognizione di causa, in quanto la sua condanna a morte era stata abbondantemente annunciata, così comprova l’articolo pubblicato dalla nostra redazione in data 26 aprile, ben 10 giorni prima dell’omicidio di Costanzo e prontamente ribattuto da sua cugina, nonchè primogenita del boss Antonio D’Amico.
Il fatto che si il tributo odierno fosse di un “evento annunciato” è rimarcato dalla presenza di tante persone che indossano una t-shirt bianca sulla quale è stampato il volto del ras ucciso lo scorso 5 maggio. Anche suo nipote indossa quella maglia. Il video si conclude con il bambino in posa accanto all’altare votivo che accoglie le cornici celebrative degli altri parenti camorristi dei D’Amico andati incontro allo stesso destino, all’intero di una cappella creata ad hoc nel cuore del rione controllato dal clan. Un fatto inspiegabile, in virtù della campagna avviata dal comune di Napoli e volta a diramare un forte messaggio di legalità in tutti quei contesti in cui si registrava la presenza di murales che commemoravano camorristi morti uccisi, al pari di altarini votivi che ricoprivano la stessa finalità. Nel Conocal, in quel frangente, fu cancellato il murale in memoria di Gennaro Castaldi, il giovane ucciso insieme ad Antonio Minichini, figlio di due autorevoli famiglie camorristiche dell’ala orientale di Napoli, nell’ambito della faida tra i D’Amico e i De Micco. Motivo per il quale, le forze dell’ordine operanti sul territorio dovrebbero spiegare all’opinione pubblica come e perchè si trovi ancora lì quel vistoso altare votivo che raccoglie le cornici che custodiscono le gigantografie di tutti i camorristi legati ai D’Amico morti uccisi e ancor più perchè venga consentito a quei soggetti di inscenare manifestazioni pubbliche non autorizzate finalizzate a rilanciare le quotazioni del clan operante in quella sede.
Non si tratta di un caso isolato. Era già accaduto lo scorso giugno, in occasione del trigesimo di Costanzo che un nutrito corteo di amici e parenti, oltre che di scooter, si riversassero tra le strade del rione per poi confluire tra le vie del confinante comune di Volla per inscenare un’autentica dimostrazione di forza, creando non pochi problemi in termini di ordine pubblico e viabilità.
Ciò che desta particolarmente allarmismo, rispetto alla performance inscenata poche ore fa, è il ruolo che i minori sono stati chiamati a ricoprire. Bambini che avrebbero ancora la possibilità di discernere il bene dal male e che invece vengono chiamati a sbandierare un messaggio di continuità inquietante: da zio a nipote, così come si evince dall’ultimo frame che chiude il video e che ritrae il piccolo nipote del ras accanto alla gigantografia del ras ucciso.
Lo Stato dov’è?
Dinanzi a queste immagini è lecito chiederselo.