Volti sorridenti, pose ammiccanti, foto quotidianamente pubblicate sui social network direttamente dalle celle delle carceri in cui sono detenuti: giovani camorristi sempre più testimonial di uno spot promozionale pericolosissimo che narra i piaceri e gli svaghi che scandiscono la quotidianità durante la detenzione.
La dilagante presenza di telefoni cellulari in carcere trapela anche dalle recenti ordinanze che con puntuale frequenza riportano dialoghi intercettati tra soggetti detenuti e affiliati a piede libero che ricevono disposizioni. Un filo diretto che consente ai detenuti di restare costantemente aggiornati sull’evoluzione degli scenari camorristici e al contempo impartire strategie, ordini, direttive.
Una realtà che dilaga soprattutto sui social, dove in particolare le giovani leve della camorra non mancano di ostentare il possesso di uno smartphone, condividendo con i followers la vita carceraria in tempo reale.
Tra i detenuti più attivi sui social, spicca Emmanuel Aprea, 18 anni, figlio di boss di Barra Gennaro Aprea detto ‘o nonno. Trasferito in carcere meno di 14 giorni fa, Aprea junior sfoggia con orgoglio sui social il suo sorriso migliore, non mancando di farsi immortalare insieme ai compagni di cella, taggati nella stories, perchè a loro volta possiedono uno smartphone e pertanto potranno condividere il fotogramma anche sul loro profilo, come comunemente accade tra i giovani “liberi”, anche se in questo caso non sembra trapelare alcuna differenza in merito alla capacità di relazionarsi con il popolo del web, malgrado la detenzione. Particolarmente indicativa la frase che accompagna il frame che ritrae Aprea insieme ad altri due giovani detenuti: “Al momento ci rilassiamo” con tanto di dito medio a suggellare la performance virtuale del rampollo di uno dei clan camorristici più datati dell’area orientale di Napoli.
Arrestato lo scorso 22 febbraio mentre si trovava a Mergellina, insieme ad altri tre giovani, Antonio De Cristofaro, 23enne, Giuseppe Tulipano, 30enne e un incensurato di 20 anni, i quattro furono accusati di porto illegale di arma comune da sparo e ricettazione, fermati dai carabinieri mentre erano in auto e all’interno della vettura fu trovata una pistola, una Beretta calibro 7,65 con 6 proiettili nel serbatoio, risultata rubata a ottobre al comando di Polizia municipale di Frattaminore. All’interno dell’auto furono trovati anche 1.600 euro in contanti. La detenzione domiciliare del rampollo del clan Aprea è durata all’incirca tre mesi: scarcerato lo scorso maggio, il 18enne è stato condotto nuovamente in carcere il 29 agosto per un aggravamento della misura, emesso dalla Corte di Appello di Napoli.
Iperattivo e molto popolare sui social network, già durante la detenzione domiciliare, Manuel Aprea era pressoché quotidianamente protagonista di diverse dirette su TikTok dove invitava gli utenti ad interagire con lui. Il suo account è seguito da più di 13mila utenti, mentre sono quasi 5mila i followers che seguono il suo account Instagram e che hanno quindi modo di interagire con il rampollo di casa Aprea anche mentre si trova dietro le sbarre.
Per appagare ben altre esigenze, invece, si è reso autore di una recente apparizione virtuale anche Giovanni Palumbo detto “piccione”, 29 anni, affiliato al clan De Micco-De Martino, in carcere dal 4 aprile del 2022, accusato di aver partecipato all’omicidio del 23enne Carmine D’Onofrio. L’ex affiliato al suo stesso clan d’appartenenza e oggi collaboratore di giustizia, Antonio Pipolo, lo ha indicato come il killer che materialmente ha sparato al figlio naturale del boss Giuseppe De Luca Bossa.
Il frame di una videochiamata tra “il piccione” e una giovanissima figura di spicco del clan attualmente egemone a Ponticelli è apparso proprio tra le stories pubblicate di recente da quest’ultimo. Lo screenshot acquisito durante una videochiamata tra i due, ritrae Palumbo mentre si trova in cella, così come trapela dalle stoviglie che si intravedono alle sue spalle. Una dimostrazione di forza, voluta per ‘mostrare i muscoli’ in un momento concitato, ma anche per zittire i rumors che negli ultimi tempi circolano con una certa insistenza nei rioni in odore di camorra di Ponticelli e che annunciano il pentimento di uno dei giovani tratti in arresto per l’omicidio di Carmine D’Onofrio. Oltre a Giovanni Palumbo, infatti, Ciro Ricci, Giuseppe Russo, Ferdinando Viscovo, oltre al boss Marco De Micco reggente dell’omonimo clan, al culmine delle indagini-lampo condotte dalla Squadra Mobile di Napoli che nel giro di sei mesi ricostruirono lo scenario e il movente dell’omicidio del 23enne incensurato, incastrando mandante, esecutori e soggetti che parteciparono a vario titolo all’azione delittuosa, grazie al supporto fornito dalle intercettazioni. Pochi mesi dopo gli arresti, ad aggravare la posizione degli imputati concorsero proprio le dichiarazioni rese da Pipolo. Il processo è tuttora in corso e secondo le indiscrezioni trapelate dalle carceri, uno dei giovani imputati, consapevole di andare incontro a un ergastolo quasi scontato, avrebbe optato per la via del pentimento. A scanso di equivoci, i rampolli del clan avrebbero rilanciato le quotazioni del “piccione” sui social per preservare la credibilità di una delle pedine cruciali dello scacchiere dei De Micco.
Mentre il governo lavora al decreto legge che mira a inasprire le pene detentive per i minori, ciò che desta particolare perplessità è la plateale e dilagante dimostrazione di forza che giunge dalle carceri da parte degli esponenti della malavita.