Don Antonio Coluccia, il “prete anti-spaccio”, così denominato per le battaglie che lo vedono da decenni schierato in prima linea contro le mafie, soprattutto nell’attività di contrasto al business dello spaccio di stupefacenti, nel tardo pomeriggio di martedì 29 agosto è finito nel mirino di un giovane pregiudicato che ha cercato di investirlo durante una delle tante iniziative di cui il sacerdote salentino si è fatto promotore tra le strade dei quartieri della capitale, dove da anni è impegnato a scippare i giovani dalle grinfie della malavita per aiutarli a ricostruirsi una vita sana, lontano dai richiami millantatori della criminalità.
Il “prete anti-spaccio” si trovava nel quartiere Tor Bella Monaca, dove da diverso tempo è impegnato in una serie di attività finalizzate a riqualificare il territorio, mentre era in corso una marcia della legalità, una delle tante iniziative capeggiate da Don Coluccia, quando all’altezza delle strisce pedonali di via dell’Archeologia è stato affiancato da un uomo in sella a uno scooter: i due si sono scambiati qualche parola, quando il giovane a bordo del ciclomotore ha provato a investirlo, mancandolo di poco e colpendo però un poliziotto della scorta. Per cercare di fermare l’aggressore, gli agenti hanno estratto le pistole e hanno fatto fuoco: due colpi hanno raggiunto il giovane, ferendolo all’avambraccio.
Sia l’uomo che l’agente ferito nella colluttazione sono stati trasportati all’ospedale Casilino, ma le loro condizioni non sarebbero gravi. Don Coluccia è rimasto illeso. L’aggressore, ricoverato in stato di fermo, è un ragazzo di 28 anni di nazionalità bielorussa, già noto alle forze dell’ordine; nel suo zaino sarebbero state trovate una mannaia e un martello.
Terminata nel peggiore dei modi la marcia pacifica indetta per ribadire il “no” alle mafie da parte di fedeli e residenti in uno dei quartieri più difficili della capitale, sotto la guida di Don Coluccia, un sacerdote che in più di una circostanza ha portato il suo messaggio anche tra le strade del quartiere Ponticelli. A maggio del 2022 fu proprio il “prete anti-spaccio” a celebrare la messa in memoria di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio del boss di Ponticelli Giuseppe De Luca Bossa, assassinato in un agguato di camorra nell’ottobre del 2021.
In quell’occasione, approfittando della presenza in chiesa di San Rocco di molti giovani del quartiere “simpatizzanti” e affiliati ai clan camorristici, oltre che di un nutrito gruppo di membri del clan Minichini-De Luca Bossa, Don Antonio Coluccia spese severe parole di condanna per la malavita, ricordando che “la camorra è la negazione del Vangelo”.
Legato a filo doppio anche a Pianura, il quartiere d’origine del padre fondatore del suo ordine, Don Giustino Russolillo, dove in più circostanze si è ugualmente recato per portare il suo messaggio, amplificato dall’inseparabile megafono e cercare di rendere la vita difficile ai malavitosi. Soprattutto tra le strade della periferia occidentale di Napoli vivono dozzine di giovani tornati alla vita grazie all’aiuto provvidenziale di Don Antonio Coluccia che alle porte di Roma, in un bene confiscato, ha fondato “l’opera di Don Giustino Onlus” nella quale accoglie i giovani che riesce a sottrarre all’infausto destino al quale sembrano condannati dalla dipendenza dalla droga o dal fascinoso richiamo dei soldi facili garantiti dalla criminalità.