E’ la notizia più chiacchierata del giorno la decisione del giudice di scarcerare il minorenne del gruppo che è stato accusato di aver violentato una 19enne a Palermo.
Stando a quanto scritto dal magistrato sull’atto di scarcerazione, il motivo di questa disposizione sarebbe dovuto al principio di resipiscenza.
Termine alquanto desueto, raramente appare nella cronaca giudiziaria, soprattutto in circostanze come queste.
Per determinare cosa significhi “resipiscenza”, prendiamo come riferimento quanto riportato dal vocabolario Treccani: “[…] il rinsavire e il ravvedersi, riconoscendo l’errore in cui si è caduti, tornando al retto operare.”.
Sul piano invece del diritto, prendiamo come riferimento l’Enciclopedia Treccani “[…] la resipiscenza del reo, giuridicamente rilevante, è quel contegno del colpevole, volontario ed efficace a impedire o attenuare o eliminare le conseguenze del reato“.
In altre parole, il minorenne che si suppone abbia partecipato allo stupro di Palermo il 7 luglio 2023, si sarebbe ravveduto. Lo stesso magistrato segnala come, oltre ad essere incensurato, “[…] ha rappresentato una versione dei fatti dalla quale, comunque, emerge un principio di resipiscenza e di rivisitazione critica“.
In pratica il ragazzo ha ammesso le proprie colpe e la gravità degli atti, e chiede di ravvedersi. Probabilmente lo otterrà, a giudicare da quanto scritto dal giudice.
L’autorità giudiziaria è dell’idea che il ragazzo doveva essere scarcerato proprio grazie al principio di resipiscenza.
Perché idoneo ad essere “inserito in un assetto educativo che può proseguire attraverso l’azione di educatori specializzati“. In pratica la piena riabilitazione, uno dei punti cardine su cui si basa la Riforma della Giustizia voluta dal Guardasigilli Carlo Nordio.
Inoltre, precisa il giudice, “la sua piena confessione, unita alla consapevolezza del fatto, attenua le esigenze cautelari non rendendo indispensabile il controllo attraverso la detenzione“.
Da qui la scarcerazione. Ma non la piena libertà. “Appare comunque necessario offrire un contenimento diverso da quello che finora ha garantito la famiglia, attraverso l’opera di educatori specializzati“. Ovvero andrà in comunità.
Malgrado il bene placet del giudice, la stessa Procura dei Minori di Palermo ha impugnato l’atto di scarcerazione. Perché risulterebbe che la resipiscenza del minorenne sia in realtà parziale, visto che il soggetto avrebbe ammesso di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza di fronte agli altri amici. E di averlo ritenuto “consensuale”.
E così sono della stessa idea gli altri accusati, addirittura uno di loro si è avvalso della facoltà di non rispondere.