Niente di meglio di un thriller da portare in vacanza. Ecco una selezione delle ultime uscite, che spaziano tra i vari genere del crime, noir, social, legal, true, con molta suspense e tanti brividi, perché le trame sono sempre ben costruite. E poi ci sono i detective, commissari, poliziotti, giornalisti, investigatori, eterni, sono diventati i nostri idoli e guai se non ritornano con nuove avventure, sempre all’erta per scoprire crimini e misfatti.
Luna rossa, Jo Nesbø, Einaudi
L’avevamo lasciato sicuramente morto, erano sicuri persino i suoi colleghi a Oslo. Harry Hole, il detective norvegese per antonomasia è tornato, dopo la morte di Rakel, la donna della sua vita, era precipitato in un buco nero, quindi continuare a vivere per noi migliaia di lettrici fedeli non gli interessava. Ma non si può far fuori così un cardine della narrazione splatter, un eroe maledetto, un anafettivo alcolista tremendamente sexy. Ed ecco che lo ritroviamo a Los Angeles, sporco, spiantato, ubriaco fradicio, la sua unica occupazione è gestire la dose di alcol giornaliera in modo da sopravvivere, ma se anche facesse male i conti non sarebbe più un problema, visto che non gli rimane nulla da perdere. Viene adottato in un bar da Lucille, una vecchia attrice sul viale del tramonto che gli ricorda tanto sua madre. La dolce vecchietta ha capito benissimo che Hole è un poliziotto tosto che le può tornare utile. La sua ospite americana è pesantemente indebitata con un cartello della droga messicano, Hole deve trovare velocemente un mucchio di soldi per impedire che la donna, e lui, vengano uccisi. Il lavoro americano finisce qui, ma fortuna o sfortuna vuole che in Norvegia un milionario accusato di aver ucciso due giovani donne lo voglia assoldare come investigatore privato perché dimostri la sua innocenza, a qualunque prezzo. Così Harry controvoglia ritorna in patria, dove ad aspettarlo c’è anche quel figlio concepito per caso in una notte di sesso con la sua collega Katrine. Per risolvere il caso il nostro antieroe mette in piedi una squadra del tutto improbabile, composta da un vecchio amico malato terminale e ricoverato in ospedale, un ex tassista spacciatore di cocaina e un poliziotto sospettato di corruzione. Nell’indagine non mancheranno i colpi di scena, che faranno vacillare le sue certezze, si riaprono i siparietti gustosi dei suoi memorabili scontri con le autorità, nella febbrile ricerca di uno psicopatico appassionato di parassiti. Qui ci fermiamo per non togliervi il piacere della lettura ricchissima di tensione che è la cifra di uno dei migliori giallisti contemporanei (55 milioni di libri venduti e tradotti in 50 lingue).
Indizi mortali, Robert Bryndza, Newton Compton
Sesto thriller con la detective Erika Foster, slovacca arrivata a Londra per fare la poliziotta, speculare a Bryndza che è un londinese andato a vivere, per scelta, in Slovacchia, ed è costretta a muoversi in un ambiente maschilista, non certo tenero con le donne. D’altra parte il suo carattere scontroso non l’aiuta certo nei rapporti di lavoro, si sente sempre un’immigrata e quindi un’intrusa. Erika è una tosta che ha passato i suoi guai, certi aspetti del suo passato non sono ancora risolti e, proprio in questo episodio, cominceranno ad affacciarsi. L’impianto dello scrittore è tradizionale, una linea retta che si spezza in molti colpi di scena, ma non perde mai la direzione, a ogni scarto aumenta la velocità di lettura, perché la fine di ogni pagina è abilmente agganciata alla successiva. Bryndza è un maestro in questo. Una gelida mattina londinese il cadavere di una ragazza viene trovato davanti alla porta di casa dalla madre. È Marissa Lewis una ballerina di burlesque molto conosciuta negli strip club di Londra. Ben presto si scopre che altre tre ragazze sono state aggredite, pare da una figura vestita di nero con una maschera antigas. Il quartiere è perbene, mai state violenze, Erika che conduce le indagini deve fare i conti con una serie infinita di bugie. Che, guarda caso, la potano sulle tracce del suo passato. E forse anche a diventare una possibile vittima. Quindi anche lei nasconde qualcosa. Di sicuro serve un’altra puntata per dare una risposta ai suoi segreti.
Il figlio sbagliato, Camilla Läckberg, Marsilio
Camilla Läckberg torna al giallo svedese, tradizionale. Abbandona il mentalista Henrik Frexeus, star degli ultimi libri, per tornare sui suoi passi, a Fjällbacka, suo paese d’origine, e luogo da cui sono partiti crimini, e indagini dei suoi bestseller, tutti risolti con l’aiuto della scrittrice Erika Falck in coppia con il detective Patrik Hedström. Coppia ben salda anche in questo libro. Rolf Stenklo, fotografo di fama sta preparando una mostra di ritratti a Fjällbacka, due giorni prima dell’inaugurazione viene trovato morto nella galleria. Non è finita, poco dopo viene aggredito lo scrittore Henning Bauer, candidato al Nobel per la Letteratura. L’unica cosa che li accomuna è l’aver fondato negli anni Ottanta il Blanche, club super esclusivo aperto a intellettuali e artisti svedesi. Il club diventa il centro delle indagini e la vicenda si sdoppia tra il 1980, anno di fondazione del club e i giorni nostri. La gelosia e la vendetta sono due moventi sempre presenti nell’impianto letterario della scrittrice e, anche in questo episodio, avranno un ruolo fondamentale. La Läckberg delle origini si legge sempre con piacere.
Madre d’ossa, Ilaria Tuti, Longanesi
Altro appuntamento gradito con Teresa Battaglia, la profiler che si muove tra Udine e le montagne friulane abitate da leggende sanguinarie e riti ancestrali, e lotta contro l’avanzare dell’Alzheimer con la stessa forza con cui si batte contro i criminali. Madre d’ossa racconta, prima di morti ammazzati e criminali, di una donna vinta dalla malattia, che l’ha costretta a ritirarsi dal lavoro che ama. Non è sola, Massimo Marini il giovane ispettore e la sua squadra non l’abbandonano mai, hanno capito come neutralizzare i suoi sfoghi d’ira. Sarà Marini a trovarla un giorno in un bosco con in braccio il cadavere di un ragazzo. Il caso questa volta è su Teresa Battaglia, è lei la sospettata. Cosa ci faceva nel bosco? Chi è il ragazzo? La detective non si ricorda nulla, talvolta non ricorda più neanche il suo nome e, pur avendo compromesso le prove, viene convinta da Marini a condurre le indagini. Da qui in avanti il racconto procede con lunghe dissertazioni storiche, antropologiche e religiose che fanno parte del patrimonio culturale delle valli friulane, temi ricorrenti nei gialli della Tuti. Simboli sconosciuti diventano la pista da seguire per risolvere il caso, c’è un continuo aleggiare di fantasmi, di creature diaboliche tra i boschi, Teresa scenderà dentro le grotte dell’ipogeo di Cividale, che incarna il tema molto caro all’autrice della caverna/ventre materno, fonte di vita. L’omicidio diventa alla fine diventa un fatto secondario, noi vogliamo solo sapere se Teresa Battaglia resterà tra noi o verrà inghiottita per sempre dall’oblio.
Viaggiare in giallo, Bartlett, Malvaldi, Manzini, Recami, Robecchi, Savatteri, Sellerio
Appuntamento con la tradizionale raccolta estiva di thriller dei detective della casa editrice palermitana. Un vero giallo corale dove gli eroi che conosciamo da anni, partono per luoghi lontani dal loro quotidiano, per una vacanza, per lavoro, per caso, e subito deflagra il crimine, il giallo, il noir. Petra Delicado di Alicia Giménez-Bartlett sale su un pullman di studenti e trova un cadavere; i Vecchietti del BarLume di Malvaldi, partono per una crociera a prezzi stracciati, all inclusive, indagine compresa, come dire di no; c’è anche l’amato Carlo Monterossi di Robecchi, attendiamo con ansia il seguito della serie tv, che va in gita in Brianza e si imbatte in un rapimento; Francesco Recami porta in una vacanza/avventura il figlio del Tappezziere della casa di ringhiera tra Corsica e Sardegna; la coppia di Savatteri, Saverio Lamanna e Peppe Piccionello fanno i turisti a Praga ed ecco che l’intrigo diventa internazionale. Dirompente come al solito Rocco Schiavone, che Antonio Manzini dipinge ancor più ruvido e salace a bordo di un Frecciarossa, ambiente che non gli è congeniale, dove deve cimentarsi con un delitto a porte chiuse in uno scompartimento, tipo Agatha Christie. Le indagini scorrono via come l’acqua, mentre la voglia del seguito delle serie tv che vedono protagonisti quasi tutti i personaggi, diventa irrefrenabile.
Le altre, Sarah Blau, Piemme
Prima di tutto è un romanzo che tratta del rifiuto della maternità da un punto di vista assai particolare, poi è anche un thriller psicologico. Sarah Blau diventata famosa da noi e in Israele per la sua interpretazione della Bibbia dal punto di vista femminile e femminista, ci porta in una Tel Aviv divisa tra la movida godereccia e i divieti che sono legge nei distretti religiosi: quattro amiche ventenni, studentesse di Teologia si sono riunite in una sorta di consesso di giovani donne che rifiutano di diventare madri, atteggiamento inviso agli ortodossi religiosi. Le amiche si rifanno alle donne senza progenie di cui parla la Bibbia, donne che volevano dedicare il loro tempo a studiare i sacri testi e non a portare avanti la specie, relegate in casa. Sheila, Dina, Ronit, Naama, raccontano e si raccontano, in vari flashback, la vita, gli amori, i desideri, gli uomini tremebondi che hanno incontrato, anche i meno conservatori sono più spaventati che ammirati davanti alla loro scelta di donne childfree. Vent’anni dopo è Sheila a guidare il racconto. Dina è stata uccisa, legata a una sedia con un bambolotto in braccio sul quale è scritta la parola “madre”. Poco dopo Ronit è assassinata con lo stesso macabro rituale. Sheila racconta il dietro le quinte della loro amicizia, le invidie, le ingiustizie e i desideri di vendetta che albergano nei rapporti con gli altri e tra di loro. La sua voce è chiara e il tono è franco: potrebbe essere lei stessa la colpevole. Un argomento di grande attualità, la scelta di non avere figli, trattato da un punto di vista religioso insolito, perché, come sostiene l’autrice, nella Bibbia è già scritto tutto, anche quello che deve ancora accadere.
Labirinti, Franck Thilliez, Fazi
I thriller di Thilliez sono un viaggio nell’inconscio, nella parte più cupa e buia della mente, di cui qualcosa si conosce, molto si ignora. Hanno una cattiveria sottile e una sfiducia patologica nel genere umano. Edgar Allan Poe è persino un romantico decadente paragonato allo scrittore. Per dare la misura del suo delirio ci vorrebbe un film a due mani di Hitchcock e Ingmar Bergman. Il lettore è poco corazzato contro i suoi raggiri e i suoi colpi di scena. Molti si astengono dal raccontare la trama dei suoi libri. È importante sapere che in questo atto finale compaiono momenti e personaggi dei due precedenti libri: Il manoscritto e C’era due volte, che compongo il trittico. La trama è solo un filo tenue, serve ad accompagnare noi che siamo Arianna (c’è anche lei). Un avvertimento è non trascurare nomi e simboli di cui è costellato il racconto perché servono alla conclusione, ma letti da soli non dicono granché. In due parole, una giovane poliziotta Camille si trova nello studio del dottor Fibonacci, uno psichiatra, non a caso è il nome del matematico pisano del XII/XIII secolo, che le racconta di una paziente ritrovata in un bosco vicino al cadavere di un uomo, la donna ha perso la memoria, subito dopo aver raccontato al medico un sacco di cose interessanti, che nessun altro conosce. Seguono sulla scena cinque donne, la giornalista, la rapita, la scrittrice, la psichiatra e una quinta, che è quella che tiene il bandolo di tutto. Inutile dire altro. Entrate nel labirinto di Thilliez e, una volta dentro, andate avanti e cercate di uscire, consci che nulla è come sembra o come suona. Può essere un’esperienza esaltante, un po’ come compilare il labirinto stampato alla fine del libro, anche quello è più un rebus mischiato con una sciarada.
Morte di una libraia, Alice Slater, Piemme
Di qua e di là dell’Oceano i thrilleristi nuovi spuntano come funghi, incassando anticipi da capogiro (così dicono gli editori) per farci rabbrividire con nuovi personaggi, nuovi crimini e misfatti. Da Londra è arrivata Alice Slater scrittrice con un podcast molto seguito sui libri da leggere, attiva su Tik Tok e appassionata di True crime, la cronaca nera, che è diventato un genere a tutti gli effetti. Ma anche ex libraia, professione che le ha ispirato il personaggio di Roach, giovane libraia londinese, nera di vestiti e di carattere, che vive a pane e serial killer, odia i romanzi romantici, e gli happy ending e ai clienti della libreria consiglia solo libri gialli e trucidità di ogni genere. Quando in negozio arriva Laura, bionda, sorridente, allegra, vestita di mille colori, Roach medita una vendetta sanguinaria. Il racconto si sdoppia con le due protagoniste che alternano le loro voci. Mentre Roach insegue crimini nella sua mente e ne è ossessionata, Laura ci è stata dentro, come vittima. Questo fa la differenza e dà una spinta all’azione. Nessun cadavere fresco all’orizzonte, ma solo nel passato, senza un colpevole definitivo. Trovare il responsabile avvicinerà le due ragazze così diverse. Un thriller con la giusta dose di macabro, tutta cerebrale, nella mente della libraia dark. Le recensioni inglesi sono d’accordo nel dire che, dopo questo libro, non guarderemo più librai e libraie con gli stessi occhi. Chissà se è così anche da noi.
Gli undici inganni, Robert Gold, Longanesi
Altro esordiente inglese e milionario. Al suo secondo libro, dopo I Dodici segreti (sempre Longanesi). Come spesso accade per molti giallisti british, altre all’azione, all’introspezione psicologica, Gold mette in primo piano, l’ambiente, la comunità, le persone, che sia un villaggio o un sobborgo, è una specie di landscape thriller, un recinto chiuso dove non si scappa dai giudizi e dalla tranquillità apparente del paesaggio, che come la gente è pieno di segreti. Siamo a Haddley, un sobborgo di Londra, e conosciamo già il personaggio icona dell’autore, che ritroveremo negli anni a venire, Ben Harper (chissà se è un omaggio al cantautore americano), professione giornalista d’inchiesta, che nei gialli è meglio di qualsiasi detective o commissario. L’impianto è quello tradizionale: un fatto strano, uno sconosciuto, la gente omertosa. Nel sobborgo tranquillo un giorno prende fuoco il cimitero e Ben che passava di lì per caso vede un ragazzo intrappolato, lo salva e questo fugge e nessuno sa chi è. Incidente o incendio doloso? Se lo chiedono gli abitanti poco abituati a tutto questo bailame. Fino a quando tra i resti delle fiamme viene ritrovato uno scheletro, il ragazzo viene identificato e Ben diventa l’unica persona in grado di scoprire e spiegare tutte le connessioni della vicenda. Ovviamente con tutto il paese che rema contro e fa di tutto per depistare il povero giornalista. Aspettiamo il terzo episodio.
L’età del male, Deepti Kapoor, Einaudi
Un social thriller ambientato tra Delhi, Mumbai, Goa, l’India più conosciuta, letta, vista nelle serie tv e visitata, che dice molto sulla società, sulla corruzione, sulla politica. In India non si parla più di classi o di paria, ora ci sono i molto ricchi, i poveri e gli inesistenti. E i gangster. Nella vicenda, assassini e i criminali sono noti da subito. C’è molto da raccontare quando si tocca il subcontinente. Dice uno dei suoi personaggi: “Dite che l’India è povera, avete mai visto l’America?”. L’autrice, giornalista tra Goa e Delhi, prima di ritirarsi a Lisbona, dove vive gustando il successo di quella che sarà una trilogia, già venduta a tv e cinema, ne ha raccolte molte di storie, di vita ordinaria e straordinaria. Un po’ saga della potente famiglia Wadia che governa edilizia e politica, un po’ epopea, molto romanzo criminale, all’ennesima potenza. Seicento pagine spesso paragonate a Il Padrino di Puzo, ma solo perché c’è un figlio, Sunny, che deve raccogliere l’eredità del padre. C’è di tutto un po’ nella trama e nelle ambientazioni, lo ammette la stessa autrice in un’intervista, “È come fare il Masala, ho messo dentro un po’ di tutto”. C’è l’amore controverso, la storia del ragazzo poverissimo, Ajay che, entrato come tuttofare nella famiglia malavitosa, crede di essere diventato uno di loro: ricco e potente. Non sa che tra i suoi compiti c’è anche quello di fare, al bisogno, il capro espiatorio. Idea presa da La Tigre bianca di Netflix. Letteratura e televisione ben miscelati per un affresco corale dell’India di 20 anni fa, che copia la parte peggiore dell’Occidente.