Dai dialoghi intercorsi tra gli interpreti della camorra ponticellese, intercettati in carcere, emergono retroscena importanti, volti a far luce su alcune figure di spicco che attualmente vestono gli impegnativi abiti dei leader.
I riflettori dei media e degli inquirenti, negli ultimi tempi, sono soprattutto puntati sul rione Fiat di Ponticelli, storica roccaforte del clan De Martino, fondato dal 53enne Francesco De Martino, alias Ciccio ‘o pazzo, forte del supporto di sua moglie, Carmela Ricci e dei tre figli, Antonio – il temuto “XX”, spietato killer ergastolano – Giuseppe, stimato essere l’attuale boss di Ponticelli e Salvatore, il rampollo di casa De Martino, chiamato a limitare i danni quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età, contestualmente al primo, vero momento di difficoltà del clan, scaturito dal blitz che nel 2017 portò all’arresto di suo fratello Antonio e di altre 22 figure apicali dell’organizzazione.
Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Una serie di concitati eventi hanno stravolto più volte gli equilibri camorristici, fino a determinare l’assetto attuale che vede i De Martino ricoprire un ruolo di primo ordine, a dispetto di un periodo trascorso in sordina quando i De Luca Bossa, forti dell’appoggio fornito dai vecchi clan di Napoli est confluiti in un’alleanza, riuscirono ad avere la meglio.
Approfittando del blitz che aveva inflitto un duro colpo ai rivali, i clan alleati riuscirono a conquistare il controllo del territorio, a suon di raid efferati, tra i quali spicca la bomba indirizzata al circolo ricreativo di Antonio “XX” De Martino. Una battuta d’arresto imbruttita dal cambio di casacca di diversi affiliati che rinnegarono i “Bodo-XX” per convergere nel libro paga del sodalizio costituito dai Minichini-De Luca Bossa e le “Pazzignane” di Ponticelli, gli Aprea di Barra e i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio.
Proprio in quel momento storico, nel corso di un colloquio in carcere avvenuto il 29 maggio del 2019, il ras Michele Minichini detto ‘o tigre rivela ai suoi interlocutori una notizia inaspettata che concorre a delineare in maniera ancora più nitida le abilità criminali di Francesco De Martino, dotato di una mente da fine stratega.
Michele Minichini e suo fratello Alfredo, entrambi detenuti, seduti in due tavoli diversi ma affiancati, si scambiano una serie di fugaci informazioni.
L’attenzione dei figli del boss Ciro Minichini inizialmente si sofferma sul trasferimento di una donna nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove era reclusa la madre dei due ras, oltre alla “pazzignana” Vincenza Maione.
Si tratta di Teresa Formisano, moglie di Raffaele Maddaluno detto ‘nzalatella, entrambi affiliati al clan Rinaldi. I due erano stati arrestati per aver “acquistato” un bambino da una cittadina rumena. I fratelli Minichini temevano che la donna potesse decidere di collaborare con la giustizia, trascinando con sé il marito.
La stessa preoccupazione viene esternata da Michele Minichini in riferimento ad alcune dichiarazioni che aveva appreso in aula durante un processo e che lo avevano indotto a sospettare dell’ipotetico pentimento del ras Francesco De Martino. Notizia che secondo ‘o tigre doveva essere immediatamente recapitata a Francesco Audino detto ‘o cinese, figura apicale dell’alleanza.
Michele Minichini racconta che nel corso dell’udienza di Giovanni (non meglio identificato) l’avvocato ha affermato che “XX” (alias Francesco De Martino) è 58 ter; pertanto, afferma testualmente che è “un pentito interno, un infame”.
Il racconto prosegue e Minichini racconta che nel corso dell’udienza, l’avvocato si è alzato e ha detto: “teniamo presente che il mio assistito è 58 ter e per questo aveva i permessi premio dal carcere di Secondigliano.”
Il 58 ter prevede che i limiti di pena non vengano applicati a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati.
Si tratta dunque di una collaborazione a tutti gli effetti, seppure in forma libera. In particolare, sono stati valorizzati ai fini del riconoscimento delle utilità di cui alla normativa premiale, elementi quali la confessione, l’attivazione per l’eliminazione conseguenze delittuose del reato, la leale collaborazione nella ricostruzione dei fatti, e simili.
Uno dei benefici diretti garantiti dal 58 ter è proprio la possibilità di beneficiare di permessi premio.
È opportuno ricordare che nell’estate del 2018, proprio quando fece ritorno a Ponticelli beneficiando di un permesso di alcuni giorni, Ciccio ‘o pazzo fu ferito in un agguato che maturò nel bel mezzo della faida tra i reduci dei “Bodo-XX” e i clan alleati di Napoli est.
Nel corso del dialogo avvenuto in carcere, Michele ‘o tigre riferisce che la notizia era stata appresa con stupore all’interno del carcere di Secondigliano e pertanto ammonisce i suoi familiari, invitandoli a parlare poco e ad avvisare immediatamente Audino. Minichini aggiunge: “Non vi fidate del figlio (Antonio De Martino), perché questi secondo me faranno un unico tuffo (intende dire che entrambi potrebbero avviare un percorso di collaborazione con la giustizia), digli a Martina di non parlare molto con il figlio, Giovanni è “infame” all’improvviso fanno una buttata (unisce i polsi mimando un arresto) e facciamo una mesca Francesca”.