Lo scorso martedì 27 giugno, un commando armato ha fatto irruzione nel Parco Conocal di Ponticelli, indirizzando una raffica di proiettili contro almeno due giovani, legati la clan D’Amico che proprio in quel rione è storicamente arroccato, per poi dirigersi nei pressi di un bar, in via Provinciale Botteghelle, zona di competenza del clan De Martino, dove nel mirino dei sicari è finito l’esercente di un’attività commerciale che sarebbe stato ferito in maniera non grave.
Poche ore dopo, un giovanissimo affiliato al clan De Micco-De Martino, è stato gambizzato, mentre si trovava in piazza Mercato a Napoli, in compagnia di altri amici, affiliati alla sua stessa cosca. Trasportato all’ospedale del Mare di Ponticelli è stato dimesso dopo essere stato medicato.
Secondo quanto segnalato da diversi abitanti del quartiere, quell’escalation di violenza sarebbe frutto di un disegno ben preciso.
Sui primi due episodi ci sarebbe la firma del commando composto dalle giovani leve del clan Bodo-XX, i quali si sarebbero avventurati in un pomeriggio all’insegna di una serie di azioni dimostrative, finalizzate e ripristinare gli equilibri e lanciare messaggi inequivocabili a chiunque intenda intralciare i piani dell’organizzazione. Seppure non sia chiaro per quale motivo l’esercente sia finito nel mirino del commando, in quanto notoriamente estraneo alle dinamiche malavitose. Nessuna pista può essere esclusa, meno che mai quella che introduce l’ipotesi di una richiesta estorsiva non assecondata o un possibile screzio mal recepito dai giovani pistoleri di Ponticelli che avrebbero impugnato le armi soprattutto per chiarire le loro intenzioni e quelle del clan al quale orgogliosamente appartengono.
Più che chiaro, invece, lo scenario disegnato dal raid compiuto nell’arsenale dei rivali e finalizzato a stanare due figure di spicco della paranza di giovanissimi che costituisce lo zoccolo duro delle nuove leve del clan D’Amico, tra i quali spicca la presenza anche di amici di infanzia dei rampolli del clan De Micco-De Martino. Un dettaglio che concorre ad imbruttire i toni della disputa e che potrebbe sfociare in scenari imprevedibili.
I D’Amico, dal loro canto, potrebbero aver inscenato la loro replica nel giro di poche ore, assecondando il principio per il quale se non vuoi perdere la faccia nel contesto malavitoso, a certi affronti devi rispondere subito. Pertanto, il ferimento del giovane contiguo ai Bodo-XX sarebbe maturato nell’ambito di un botta e risposta tra fazioni camorristiche antagoniste.
Uno scenario del quale potrebbe aver approfittato chi bramava di uccidere Ciro Naturale, per ragioni che esulano dai fatti fin qui narrati, consapevole del fatto che in virtù del clima che si respira in casa D’Amico, i sospetti degli inquirenti sarebbero confluiti anche in quella direzione, consentendo ai reali artefici dell’agguato di beneficiare di un vantaggio enorme, soprattutto per lasciare scorrere il tempo utile ad eludere l’attendibilità della prova dello stub, esame scientifico che rileva la presenza di particelle di polvere da sparo anche impercettibili e pertanto in grado di accertare il recente utilizzo di armi da fuoco.
Un agguato orchestrato e pianificato nei minimi dettagli, quello indirizzato al cognato di Pasquale Scognamillo, difficilmente eseguito da malavitosi alle prime armi.
Un quadro dal quale trapelano il caos e l’anarchia che dilagano tra le strade di un quartiere, sempre più fuori controllo e che potrebbe suggerire la presenza di un “micro-faida” e di una “macro-faida”. La prima capeggiata da giovani scellerati e alterati dall’abuso di droghe, la seconda figlia di logiche dettate da un disegno camorristico ben preciso e che si traduce in agguati ed azioni eclatanti solo se e quando c’è una necessità reale da appagare. La linea di demarcazione che separa l’operato delle vecchie e delle nuove leve diventa sempre più vistosa, lasciando intravedere uno scenario che diventa sempre più preoccupante, a meno che “i capi” non scendano in campo per ripristinare l’equilibrio su tutti i fronti e sotto ogni aspetto.