Un business per molto tempo sottovalutato, quello delle estorsioni praticate agli abitanti dei rioni di edilizia popolare per le prestazioni delle imprese di pulizie, seppure assai redditizio, in quanto capace di garantire ai clan entrate mensili pari a svariate migliaia di euro.
Nel rione Conocal di Ponticelli, il guadagno del clan che controlla e gestisce le imprese di pulizie è pari a 20mila euro: lo rivela Carmela D’Amico, primogenita del boss Antonio D’Amico, fondatore dell’omonimo clan, nell’ambito di un colloquio intercettato, avvenuto nell’abitazione ubicata al primo piano dell’isolato 11 del Rione De Gasperi di Ponticelli, l’appartamento in cui viveva “la pazzignana” Luisa De Stefano, tra le figure più autorevoli dell’alleanza tra i vecchi clan dell’ala orientale di Napoli. Proprio in quella casa che fungeva da quartier generale dell’organizzazione sono avvenuti dialoghi significativi che hanno consentito agli inquirenti di ricostruire i principali fatti di camorra avvenuti a Ponticelli negli ultimi anni.
La primogenita del boss D’Amico, accompagnata dalla suocera. imparentata con la De Stefano, si era recata al cospetto della “pazzignana” per avanzare una richiesta ben precisa riguardante proprio il controllo delle imprese di pulizie operanti nel rione Conocal, storica roccaforte del clan D’Amico. Contestualmente alla nascita del cartello composto dai clan alleati, in cui convergevano “le pazzignane”, i Minichini-De Luca Bossa, ma anche i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio e gli Aprea di Barra, il controllo del territorio e la politica relativa alla gestione degli affari illeciti avevano subito una mutazione radicale, rispetto alle direttive che avevano invece segnato l’era dei De Micco. Motivo per il quale, nel rione Conocal di Ponticelli, si era stabilita la famiglia Aprea di Barra. Il controllo degli affari illeciti nel fortino dei D’Amico rappresentava la ricompensa riconosciuta ai barresi da parte dell’alleanza per il supporto fornito nella faida che sancì il ritorno alla ribalta delle vecchie famiglie camorristiche della zona.
A capo del business delle imprese di pulizie nel Conocal, in quel momento storico, fu collocata Fortuna Montagna, moglie del boss Gennaro Aprea, deceduta nell’aprile del 2022, motivo per il quale sarebbero scattate le manette anche per lei, nell’ambito del blitz che lo scorso novembre ha inflitto un duro colpo alla suddetta alleanza.
Un dato di fatto confermato anche dal collaboratore di giustizia Rosario Rolletta in un verbale risalente al 14 aprile del 2021: “con riferimento al rione Conocal posso dire che a gestire le pulizie nei palazzi è Montagna Fortuna, moglie di ‘o nonno, che appartiene al clan Aprea. Per quanto riferitomi dai De Martino, il nonno ha mandato a chiamare Ciculillo (soprannome di Vincenzo Costanzo, 26enne ucciso in un agguato di camorra lo scorso maggio e stimato essere il reggente del clan D’Amico, ndr) per fargli sapere che le pulizie nel Conocal dovessero essere gestite esclusivamente dagli Aprea“.
Un imposizione che ‘o nonno avrebbe esteso a molti altri affari illeciti e che per svariato tempo ha fatto registrare delle fibrillazioni tra le due fazioni che si contendevano il Conocal, sovente sfociate negli spari.
Se Costanzo in un primo momento aveva assecondato le richieste avanzate dal boss di Barra, successivamente è partito all’attacco per far sì che la sua famiglia tornasse a gestire le estorsioni relative alle imprese di pulizie. Particolarmente indicativa in tal senso, “la stesa” indirizzata al basso in cui viveva Fortuna Montagna. Un chiaro segnale minatorio voluto per intimare alla donna di estromettersi dall’attività, favorendo così il reintegro dei D’Amico che di lì a poco sono effettivamente riusciti a riappropriarsi della gestione delle imprese di pulizie operanti nel loro rione.
Tornando alla conversazione avvenuta in casa De Stefano tra “la pazzignana” Luisa e Carmela D’Amico, alcune frasi assumono un significato cruciale: la De Stefano infatti precisa alla giovane che tre dei cinque rappresentanti delle organizzazioni che costituivano l’alleanza si erano espresse a favore del suo clan, affinchè la gestione delle imprese di pulizie fosse nuovamente affidata ai D’Amico per una forma di rispetto verso Antonio D’Amico, padre della giovane, nonchè boss fondatore del clan.
Le intercettazioni hanno consentito agli inquirenti anche di ricostruire il giro d’affari legato alla gestione delle imprese di pulizie. Ogni condomino del Conocal di Ponticelli era tenuto a versare la quota estorsiva di 10 euro e 50 centesimi che garantiva un guadagno pari a 20mila euro al mese dei quali Alfredo Minichini (reggente dell’omonimo clan, insieme al fratello Michele, nonchè perno portante dell’alleanza, ndr) percepiva 1.300 euro. Proprio sulla disparità di guadagno tra quanto percepito dalla Montagna e la percentuale che corrisposta all’alleanza ha fatto leva Carmela D’Amico per indurre la De Stefano ad attivarsi affinchè gli venisse nuovamente consentito di gestire le imprese di pulizie nel rione in cui la sua famiglia/clan è storicamente radicata. La figlia del boss Antonio D’Amico s’impegnò a versare nelle casse del clan una tangente ben più cospicua sui proventi delle estorsioni perpetrate agli abitanti del Conocal, tenuti a corrispondere alla camorra il denaro richiesto per usufruire del servizio di pulizia degli edifici in cui vivono.