L’inchiesta nei confronti di Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano va verso la chiusura. L’ipotesi che il barman dell’Armani Bamboo abbia avuto dei complici ormai si appresta ad essere archiviata. Anche se rimangono alcuni dubbi sulla dinamica. Saranno gli esiti dell’autopsia a sciogliere gli ultimi nodi, ma il video che lo ritrae mentre pulisce le ultime macchie di sangue potrebbe aver chiuso il cerchio. Intanto però Sebastiano Ardita, ex consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura e procuratore aggiunto a Catania, lancia un allarme. Ardita sostiene che l’assassino di Giulia Tramontano potrebbe «uscire dal carcere dopo una decina di anni, come è accaduto ad altri». E potrà chiedere subito un percorso di giustizia riparativa. E questo grazie alla riforma Cartabia.
Ardita ha rilasciato un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano. Il magistrato sostiene nel colloquio con Antonella Mascali che il pronostico sui dieci anni di prigione non è campato in aria. «La riforma prevede che sin dal primo atto l’indagato deve essere informato della facoltà di accedere a percorsi di giustizia riparativa. Dal momento che la giustizia riparativa è una cosa seria e presupporrebbe una elaborazione della propria condotta, oltreché la certezza della responsabilità penale, ritengo che sia improponibile che immediatamente dopo l’arresto si possano avviare questi percorsi, anche per rispetto delle vittime dei reati. È offensivo, oltreché pericoloso, che un indagato per violenza sessuale o per omicidio possa chiedere di incontrare la vittima o i parenti prima ancora del processo», premette.
Poi spiega: «Se sarà condannato e avrà attenuanti per la confessione o il beneficio per il percorso della giustizia riparativa, fra liberazione anticipata e misure alternative o libertà condizionale, potrebbe uscire dal carcere dopo una decina di anni. Come è già accaduto ad altri». E il giudice se la prende anche con un’altra caratteristica contestata della riforma dell’ex ministra Cartabia: «Nella gran parte dei casi la procedibilità a querela andrà a danno dei più deboli tra le vittime dei reati. La minaccia e la violenza potrebbero servire a scoraggiare anche la testimonianza o la denuncia dei semplici cittadini».
Intanto l’esame autoptico sul corpo di Giulia servirà ad accertare se sia stata davvero aggredita alle spalle come ipotizza la procura. L’autopsia dirà anche se sia stata colpita al ventre e di che natura siano i tagli trovati sul cadavere. Il barman ha detto davanti al Gip che Tramontano se li era procurati involontariamente. Ora si ipotizza che siano stati causati da un tentativo disperato di difesa. Bisognerà anche stabilire l’ora della morte di Thiago per contestare l’altro reato, quello di interruzione forzata di gravidanza. Ci saranno approfondimenti anche sul topicida ritrovato nello zaino di Impagnatiello. Che nei giorni precedenti aveva fatto ricerche su internet sugli effetti per gli esseri umani.
La procura cerca ancora di contestare a Impagnatiello la premeditazione. Che non è stata riconosciuta finora come aggravante dal giudice delle indagini preliminari insieme a quella sulla crudeltà. I medici nominati dai magistrati cercheranno anche di stabilire il giorno esatto in cui il 30enne, ora in cella, si è sbarazzato del cadavere. Usando per trasportarlo un carrellino. Su cui gli investigatori hanno trovato tracce di sangue. Impagnatiello lo avrebbe comprato il 30 maggio. Intanto le indagini, vanno avanti con l’analisi delle immagini delle telecamere, con l’audizione di testimoni – dovrebbe essere sentita anche la ragazza italo-inglese con cui Impagnatiello aveva una relazione parallela – la ricerca del cellulare di Giulia e altre attività. In più, il prossimo 15 giugno, si terranno gli accertamenti irripetibili su tre computer e un tablet sequestrati nell’appartamento della coppia.
La Camera penale di Milano con un documento ha contestato «le modalità e i contenuti della conferenza stampa» dei giorni scorsi in Procura sul fermo di Impagnatiello. Che sarebbero «antitetici rispetto allo spirito» della legge Cartabia sulla presunzione di innocenza. E, più in generale, «in contrasto con la necessità di evitare condizionamenti dei giudici chiamati a valutare la correttezza, sotto tutti i profili, della ricostruzione accusatoria». Gli avvocati hanno anche contestato la «spettacolarizzazione delle indagini» sui media che «dedicano quotidianamente alla vicenda le prime pagine e trasmissioni televisive in prima serata».