Pompei non smette mai di stupire. Negli scavi archeologici sono stati rinvenuti due scheletri, appartenenti a due uomini che avevano cercato invano di cercare riparo dai crolli provocati dal terremoto contemporaneo alla terrificante eruzione del Vesuvio nel 79. d.c. Le immagini dei reperti immortalano gli ultimi istanti di vita di chi non è riuscito a sopravvivere, pur cercando di sottrarsi a quell’infausto destino.
Hanno rivisto la luce dopo secoli trascorsi seppelliti sotto un muro. Nel sito di Pompei, esattamente nello scavo dell’Insula dei Casti Amanti, gli archeologi hanno da poco scoperto due scheletri ben conservati, che confermano – ancora una volta – che non fu soltanto la terribile eruzione del Vesuvio a seminare morte e distruzione, ma anche una serie di terremoti concomitanti.
Quanto avvenne nel 79 d.C. fu un vero e proprio inferno per la popolazione che tentò di darsi alla fuga: piogge di cenere vulcanica e lapilli, gas caldi e crolli. Un mix che si rivelò fatale per migliaia di persone che vivevano nella zona.
Dalle prime ricostruzioni è emerso che i due scheletri rinvenuti riversi su un lato appartengono a due uomini, probabilmente di circa 55 anni, deceduti per i traumi multipli causati dal crollo di parti dell’edificio in cui avevano cercato rifugio.
Parte della parete sud della stanza è crollata colpendo uno dei due, il cui braccio alzato rimanda forse alla tragica immagine di un vano tentativo di proteggersi. Le condizioni della parete ovest, invece, suggeriscono la forza drammatica dei terremoti contestuali all’eruzione: infatti, l’intera sezione superiore si è staccata ed è caduta nella stanza, travolgendo e seppellendo l’altro uomo.
Durante la rimozione delle vertebre cervicali e del cranio di uno dei due scheletri, sono emerse tracce di materiale organico, verosimilmente un involto di stoffa. – spiegano dal Parco archeologico di Pompei – All’interno sono state trovate, oltre a cinque elementi in pasta vitrea identificabili come vaghi di collana, sei monete. Due denari in argento: un denario repubblicano, databile alla metà del II sec. a.C., e un altro denario, più recente, da riferire alle produzioni di Vespasiano. Le restanti monete in bronzo (due sesterzi, un asse e un quadrante), erano anch’esse coniate durante il principato di Vespasiano e pertanto di recente conio.
Inoltre, nella stanza in cui giacevano i corpi sono stati trovati anche altri interessanti oggetti, fra cui un’anfora verticale, una collezione di vasi, ciotole e brocche.
Le tecniche dello scavo moderno ci aiutano a comprendere sempre meglio l’inferno che in due giorni distrusse interamente la città di Pompei, uccidendone molti abitanti: bambini, donne e uomini. Con le analisi e le metodologie riusciamo ad avvicinarci agli ultimi istanti di chi ha perso la vita – evidenzia il Direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel – In una delle discussioni di cantiere, uno degli archeologi indicando le vittime che stavamo scavando, ha detto una frase che mi è rimasta impressa e che sintetizza forse la storia di Pompei, quando, ha dichiarato: ‘questo siamo noi’.