Correva l’anno 2019 e Ponticelli finì nell’occhio del ciclone per l’ennesimo episodio di cronaca eclatante che narrava di una ragazzina dedita allo spaccio per volere della madre e del suo convivente.
Non si tratta di una famiglia qualunque: quella 14enne è la sorella di una delle figure di spicco del clan De Micco che attualmente sta marcando la scena camorristica da leader. Scarcerato di recente, malgrado la giovane età, gode della fama del camorrista spietato e senza scrupoli, complici le azioni efferate da lui compiute che hanno concorso a favorire l’ascesa del clan De Micco a Ponticelli. Non a caso, quel giovane ha ricoperto un ruolo determinante anche nell’attività di spaccio impostata nel quartiere dal compagno della madre.
Le indagini che portarono all’arresto della madre e del suo convivente e di altre undici persone presero il via in maniera casuale: i carabinieri, infatti, intercettavano alcune persone sospettate di avere preso parte all’omicidio di Mariano Bottari, il pensionato 75enne ucciso il 28 luglio 2014 a Portici durante una rapina a un imprenditore che aveva prelevato un’ingente somma di denaro. Le intercettazioni ambientali e telefoniche non fornirono alcun elemento utile a rendere giustizia alla vittima innocente della criminalità, ma consentirono agli inquirenti di risalire ad una rete di spacciatori. Un quadro sconcertante, quello ricostruito dagli inquirenti, dal quale trapela la cosciente e volontaria adesione dell’adolescente al business dello spaccio. La 13enne non si limitava a consegnare la merce ai clienti, ma impartiva anche consigli ed indicazioni al compagno 39enne della madre per evitare che fosse scoperto. Usata per spacciare, ma anche per spostare la droga, la 13enne risultava perfettamente integrata nel modello di business capeggiato dal compagno della madre.
Dalle intercettazioni è emerso un altro dettaglio inquietante: la 13enne cantava tutte le volte che una vendita andava a buon fine per confermare al compagno della madre, nonché capo-piazza che nelle casse dell’organizzazione era confluito altro denaro.
Alla madre della 13enne e al suo compagno, considerati i capi e promotori dell’associazione a delinquere attiva nel quartiere, il pm della Dda Alessandra Converso contestò l’aggravante di aver indotto a commettere un reato una minore.
Prima di iniziare la relazione con la madre della minore, l’uomo praticava l’attività di spaccio a San Giovanni a Teduccio. Si è poi trasferito a Ponticelli dopo avere iniziato la convivenza con la madre dell’attuale leader dei De Micco ed era proprio lui a procurare la droga necessaria per approvvigionare la piazza impostata nell’appartamento in via al chiaro di luna, nel rione Conocal, ex fortino dei D’Amico in quel momento storico, dove sua madre viveva con il compagno e la sorella invischiata nello spaccio. Quello stesso rione in cui viveva Annunziata D’Amico, la donna-boss uccisa nel 2015, al culmine di un’efferata faida contro i De Micco, nel corso della quale bramava di uccidere proprio il figlio della donna che ha poi radicato nel suo fortino il business dello spaccio.
Una convivenza avviata per favorire i guadagni che scaturivano dal business della droga, sfruttando proprio lo spessore criminale del giovane figlio della sua compagna, così come spiega ad un acquirente, ignaro di essere intercettato. Gli affari a San Giovanni a Teduccio andavano bene, ma preferì trasferirsi a Ponticelli per farsi carico di un quantitativo minore di costi. Inoltre, gli stupefacenti che era tenuto a comprare dai clan di San Giovanni, spesso era di pessima qualità. «Qui a Ponticelli comando io», spiegò il 39enne riferendosi alla posizione privilegiata che aveva conquistato, grazie al rapporto con la sua convivente, madre di un elemento di spicco della malavita locale, sottolineando anche di non ricevere le stesse pressioni per i pagamenti che invece aveva subìto in passato a San Giovanni a Teduccio.
«Oggi se ci sai fare con questo mestiere, ti porti a casa il mensile, 2.000-2.500 euro senza fare niente», spiegava il 39enne ignaro di essere intercettato, precisando che tra i sacrifici principali da sostenere primeggia quello di lavorare nei periodi festivi e soprattutto d’estate, dovendo così rinunciare al mare e alla tintarella.
Una piazza di spaccio che faceva registrare continue cessioni e dalle modalità consolidate di smercio in luoghi prestabiliti e concordati tramite utilizzo di un linguaggio convenzionale. Il ‘coso’, i ‘pezzi’, le ‘pietre’, l”imbasciata’, il ‘grosso’, il ‘piccolo’, sono tutti nomi convenzionali utilizzati per indicare la cocaina. Il centro organizzativo dei traffici era proprio l’abitazione dei due conviventi, dove la droga veniva custodita e confezionata in singole dosi.
Il loro appartamento veniva spesso utilizzato come negozio al dettaglio dove gli acquirenti abituali si recavano per l’acquisto della cocaina. Lo stupefacente veniva confezionato in dosi (i cosiddetti “pallini”) da 0,2, 0,5 e 0,8 grammi, venduti ad un prezzo compreso tra i 55 e i 60 euro al grammo, a secondo della “quotazione” sul mercato. L’associazione si avvaleva della collaborazione di vari familiari della coppia, poteva infatti essere considerata come un’impresa “familiare”, ove ciascun componente forniva il proprio contributo in base alle esigenze dell’associazione.
Non solo spaccio a domicilio, ma anche in modalità “delivery” all’occorrenza: nel corso di uno dei tanti dialoghi intercettati, l’uomo chiede al fratello di portargli della droga fuori a un bar del quartiere nascondendola addosso alla figlia, una bambina, pur di appagare la richiesta di un cliente frettoloso che si stava recando sul posto.
La sorella del boss di Ponticelli è tornata nel quartiere in seguito al conseguimento della maggiore età, dopo aver trascorso svariati anni nella casa-famiglia alla quale era stata affidata contestualmente al blitz che portò all’arresto della madre – attualmente agli arresti domiciliari – e del suo convivente. La giovane, legata ad un affiliato al clan De Micco-De Martino, sarebbe in procinto di diventare madre.