Impensabile per una madre, nei giorni in cui ricorre l’anniversario della morte del figlio, brindare ed ostentare gioia pubblicando foto sui social network che la ritraggono intenta a festeggiare. Impensabile per una donna normale, non per una “mamma-camorra” come Anna De Luca Bossa, figlia di Teresa, la prima donna della storia italiana detenuta al 41 bis, sorella di Antonio, il primo autore di un attentato stragista con autobomba in Campania e soprattutto madre di Antonio Minichini, nato dall’unione con il boss Ciro Minichini, braccio destro di suo fratello Antonio. Quel figlio che la camorra gli ha ucciso a 18 anni, solo perchè si trovava in sella ad uno scooter in compagnia di un amico, nonchè reale obiettivo dei sicari: Gennaro Castaldi, contiguo al clan D’Amico in guerra con i De Micco per il controllo dei traffici illeciti. Un conflitto inaspritosi notevolmente in seguito al duplice omicidio avvenuto la sera del 29 gennaio del 2013, quando i killer del clan De Micco, Gennaro Volpicelli e Salvatore De Micco, assassinarono i due giovani. Antonio Minichini era il rampollo di due famiglie camorristiche in grado di concepire una sola replica possibile per tamponare la ferita sortita da quella morte violenta: la vendetta, quella fortemente invocata dal principio “sangue chiama sangue”.
Proprio all’indomani dell’omicidio che ormai inequivocabilmente risuona come la vendetta voluta dal clan Minichini-De Luca Bossa per “rendere giustizia” ad Antonio Minichini, Anna De Luca Bossa ha condiviso con il popolo del web tutta la sua gioia per l’ennesima morte di un innocente, voluta per “pareggiare i conti”.
Il clan Minichini-De Luca Bossa, perno portante dell’alleanza tra le vecchie famiglie d’onore di Napoli est, consapevole di non disporre della forza camorristica necessaria per uccidere un affiliato al clan De Micco, ha ripiegato su un innocente, un padre di famiglia, nonchè umile lavoratore: Mario Volpicelli, zio di Gennaro Volpicelli, uno dei due assassini di Antonio Minichini, ma anche il marito di una delle sorelle dei Sarno, gli ex boss di Ponticelli, poi diventati collaboratori di giustizia. Le dichiarazioni rese alla magistratura hanno portato non solo alla dissoluzione del clan fondato dagli stessi Sarno, ma anche a condanne pesanti per tutti gli affiliati che non hanno optato per la strada del pentimento.
Un duplice vincolo di parentela che fa di Mario Volpicelli l’agnello sacrificale perfetto per appagare il desiderio di vendetta dei Minichini-De Luca Bossa, ma anche quello degli altri clan dell’alleanza che allo stesso modo intendono punire i Sarno per le condanne inflitte ai loro ex affiliati. Poco importa se Volpicelli si guadagni da vivere spaccandosi la schiena lavorando come commesso in una merceria, i Minichini-De Luca Bossa recepiscono di buon grado l’idea che la morte di Antonio sia vendicata uccidendo un innocente, proprio perchè il 18enne era parimenti estraneo alle dinamiche camorristiche del clan di famiglia.
L’omicidio di Mario Volpicelli matura la sera del 30 gennaio 2016, il giorno successivo al terzo anniversario dell’assassinio di Antonio Minichini e particolare ancora più macabro, alla vigilia del giorno in cui sia suo padre, il boss Ciro Minichini che l’ex boss di Ponticelli Ciro Sarno, avrebbero festeggiato l’onomastico.
Proprio la sera successiva all’omicidio di Mario Volpicelli, il 31 gennaio 2016, due giorni dopo l’anniversario della morte del figlio Antonio, Anna De Luca Bossa festeggia in compagnia di amici, mostrando tutta la sua allegria a suon di dolci e bottiglie da stappare.
Un atteggiamento piuttosto anomalo che può trovare una giustificazione plausibile – seguendo le logiche camorristiche – solo in riferimento alla vendetta trasversale compiuta la sera precedente, proprio per “rendere giustizia” al figlio, uccidendo lo zio di uno dei due killer.
Poche settimane dopo quel plateale festeggiamento, Anna De Luca Bossa pubblica una foto in cui è in compagnia del suo figliastro, Michele Minichini, indicato dal complice Antonio Rivieccio, collaboratore di giustizia dal 2020, come il killer che insieme a lui partecipò all’omicidio di Mario Volpicelli.
Mettendo la firma sull’omicidio di Mario Volpicelli, Michele Minichini ha fatto “un regalo” al padre detenuto e ha mostrato fedeltà e servilismo ai De Luca Bossa, così come trapela dai messaggi che si scambia con la matrigna in coda a quella foto: “Pure io ti amo assai per te diecimila guerre”, scrive Minichini, accompagnando la frase con due mani che indicano una pistola. Con le parole e con le emoticon, Michele Minichini conferma di essere ancora e sempre pronto ad impugnare le armi per servire la famiglia/clan d’appartenenza.
Matrigna e figliastro uniti dallo stesso destino: quello che ha condannato entrambi all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo e del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità, avvenuto il 7 giugno del 2016, appena 5 mesi dopo l’assassinio di Mario Volpicelli. Anche in quella circostanza Minichini entrò in azione insieme ad Antonio Rivieccio, quest’ultimo sparò al 19enne pensando erroneamente che durante la fuga si fosse chinato per raccogliere un’arma e replicare al fuoco, mentre il figlio di Cirillino uccise Cepparulo. Filatrice dell’agguato che indicò ai killer la presenza di Cepparulo nel circolo ricreativo gestito da suo nipote Umberto, Anna De Luca Bossa.