“Gianni Minà è morto. Ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità.”
Questo l’annuncio pubblicato sui profili social del giornalista 84enne per annunciarne la morte. Una notizia che si sta diffondendo rapidamente e che ha suscitato forte commozione tra i tanti estimatori di un maestro del giornalismo italiano che ha messo la firma su tantissime interviste epiche. Nel cuore dei napoletani sono rimaste indelebili quelle a Maradona, ma anche a Massimo Troisi e Pino Daniele.
Nato a Torino nel 1938, Minà è stato anche scrittore e conduttore televisivo.
Ha collaborato con quotidiani e settimanali italiani e stranieri, ha realizzato centinaia di reportage per la Rai, ha ideato e presentato programmi televisivi, girato film documentari su Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchú, Silvia Baraldini, il subcomandante Marcos, Diego Armando Maradona.
Minà è stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull’America Latina.
Nel 2001 Minà ha realizzato Maradona: non sarò mai un uomo comune un reportage-confessione di 70 minuti con Diego Maradona alla fine dell’anno più sofferto per la vita dell’ex calciatore.
Nel 2003 è stato eletto nell’assemblea della SIAE e ha fatto parte del comitato che ha ideato e realizzato Vivaverdi, la rivista degli autori italiani. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso premio al mondo per documentaristi.
Il suo ultimo libro, pubblicato nel 2020, è un’autobiografia dal titolo Storia di un boxeur latino, edito da Minimun fax.