In un clima di silenzioso, avulso dagli spari, ma non orfano di azioni eclatanti, così come sottolineano le carovane di giovani centauri che al tramonto scortano a casa i nuovi leader della camorra di Ponticelli, il clan De Micco-De Martino sta radicando e consolidando la propria egemonia e sta “pensando in grande” investendo in nuovi canali illeciti, soprattutto quelli finalizzati a portare all’ombra del Vesuvio droga di ottima qualità, utile e necessaria a rilanciare le quotazioni delle centinaia di piazze radicate nel quartiere.
Una necessità annunciata sui social network dalle stories e dai video pubblicati dai rampolli di due famiglie di spicco della malavita locale, una saldamente al timone degli affari illeciti del quartiere e l’altra saldamente al timone della pizza di droga più redditizia del quartiere. I due giovani si sono concessi due vacanze insieme: una ad Amsterdam, l’altra in Colombia. Entrambe ampiamente documentate sui social, mostrandosi fianco a fianco, complici, distesi e orgogliosi.
Un dettaglio tutt’altro che trascurabile se si pensa che i fratelli “Bombò”, Pasquale e Ciro Scognamillo, i broker della droga che per conto del clan De Micco gestivano il business fino al 2018, ovvero, fino a quando non furono arrestati proprio perchè invischiati in un traffico internazionale di droga che portava all’ombra del Vesuvio fiumi di droga provenienti dal Sudamerica e dall’Olanda. Un business sgominato al culmine di una maxi-inchiesta che riguardò oltre 30 persone legate ai clan Rinaldi e Formicola di San Giovanni a Teduccio, ai De Micco di Ponticelli e agli Amato-Pagano di Melito. Difatti, dalle indagini emerse un’alleanza tra i clan di Napoli Nord e quelli di Napoli est per assicurarsi la migliore merce con la quale rifornire le piazze di droga.
I fratelli Scognamillo sono imparentati con Ciro Naturale detto ‘o mellone, stimato essere l’attuale erede del boss Marco De Micco di Ponticelli. Di recente è infatti emerso che il boss di Ponticelli, tornato in libertà nel 2020 e finito in carcere esattamente un anno dopo, prima di tornare dietro le sbarre, ha designato Naturale come suo erede proprio in virtù del potere economico di cui disporrebbe, unitamente ai canali giusti per garantire un costante approvvigionamento delle piazze di droga che pullulano nel quartiere.
Di recente, però, lo scenario sarebbe mutato repentinamente. ‘O Mellone e i suoi familiari si sono rivelati incapaci di reggere la tensione emotiva scaturita dagli attacchi dei rivali del clan De Luca Bossa, in primis l’attentato indirizzato proprio a Naturale quando gli esponenti del clan del Lotto O piazzarono un ordigno sotto l’automobile di sua moglie, parcheggiata nei pressi della loro abitazione in via Virginia Woolf a Ponticelli. Le reazioni del reggente del clan De Micco a quel raid sono state riportate nell’ordinanza che lo scorso gennaio ha fatto scattare le manette per gli autori di quella scellerata azione camorristica che lo scorso luglio distrusse il Suv della moglie di Naturale, ma anche altre vetture adiacenti di proprietà di residenti in zona, gente comune, umili lavoratori. Dalle intercettazioni di quelle conversazioni trapela tutta la paura e l’apprensione dei membri della famiglia Naturale, allarmati per la propria incolumità e per quella dei loro figli. Non si sono rivelati capaci di sostenere ed affrontare con lucidità un momento critico e concitato. Un limite pesantissimo agli occhi di un’organizzazione camorristica forgiata a immagine e somiglianza dell’austero vangelo imposto da Marco De Micco. Inoltre, proprio da quelle intercettazioni trapela il coinvolgimento dei Naturale negli affari illeciti del clan: un elemento che lascia presagire che di qui a poco, anche per l’attuale reggente del clan De Micco e le persone a lui vicine nella gestione degli affari potrebbero aprirsi le porte del carcere.
Considerando questo scenario, quelle vacanze dei rampolli di due famiglie che ricoprono un ruolo di rilievo nel business della droga in due località assai battute dai broker a capo di business di stupefacenti, come Amsterdam e Colombia, risuona come un’associazione di fatti e persone tutt’altro che casuale, ma dettata da un disegno ben chiaro.
Ormai consapevoli dell’inaffidabilità dei Naturale, ancor più perchè finiti nel mirino degli inquirenti, i De Micco potrebbero aver puntato sui giovani eredi del clan che hanno raggiunto un’età che “legittima” l’inserimento negli affari di famiglia, anche per consentirgli di farsi le ossa maturando esperienza ed astuzia, due caratteristiche necessarie per sopravvivere il più a lungo possibile alla reggenza di un clan, ma anche per iniziare ad addentrarsi negli affari più importanti dell’organizzazione, tenendosi lontano dagli omicidi e dallo spaccio che di contro vengono affidati ai “soldati” del clan.
Un segnale che inoltre sottolinea la necessità di investire in nuovi canali di approvvigionamento per incrementare il di per sè già dilagante business dello spaccio di droga tra le strade del quartiere. Un’esigenza, anche questa, imposta da una circostanza ben precisa: l’inizio del processo per l’omicidio di Carmine D’Onofrio, 23enne figlio naturale del boss del clan rivale Giuseppe De Luca Bossa che vede alla sbarra, oltre al boss Marco De Micco, anche altri quattro giovanissimi affiliati al clan. Oltre alle intercettazioni, le prove che inchiodano i 5 imputati alle loro responsabilità sono costituite anche dalle dichiarazioni rese dall’ultimo collaboratore di giustizia del clan De Micco-De Martino: il 27enne Anthony Pipolo.
Collaboratore di giustizia dall’estate scorsa, Pipolo ha rilasciato dichiarazioni che supportano le prove raccolte dalla Squadra Mobile di Napoli nel corso delle indagini che nell’arco di appena sei mesi hanno portato ad identificare mandanti ed esecutori dell’omicidio. Motivo per il quale, in questo momento storico più che mai, i De Micco devono tassativamente scongiurare il pericolo che un’altra voce attendibile si affianchi a Pipolo, supportando il quadro accusatorio che inchioda il boss. Seppure nei fortini dei De Micco a Ponticelli continui a regnare la convinzione che il boss verrà scagionato da ogni accusa, l’unica certezza è che cinque figure apicali dell’omonimo clan saranno chiamate a sostenere un processo tutt’altro che facile. Una guerra di nervi che potrebbe far vacillare qualche imputato: tenendo conto della giovane età e della possibilità di incassare un fine pena mai, appare tutt’altro che improbabile che qualcuno possa capitolare prima, decidendo di passare dalla parte dello Stato. Dal loro canto, i De Micco sanno che l’unica via da perseguire per scongiurare il pericolo è quella che assicura ai detenuti un’ottima difesa legale e il sussidio che garantisce una detenzione serena agli affiliati in carcere. Soprattutto per soddisfare questa esigenza è necessario rifocillare le casse del clan.