Ucciso a 18 anni da un colpo di pistola al petto, sparato da un giovane adirato da una macchia accidentale che gli aveva sporcato una scarpa: succede a Napoli, nella zona degli chalet del lungomare di Mergellina, uno dei luoghi di ritrovo più gettonati della movida napoletana.
E’ accaduto alla vigilia del 21 marzo, data in cui si commemorano le vittime innocenti delle mafie e della criminalità, in generale. In tutte le piazze italiane viene letto un elenco che allo stato attuale conta più di mille nomi. A ciascun nome è associata una storia che racconta una vita normale, stroncata dalla brutale violenza delle logiche criminali.
Molto probabilmente, il prossimo anno, in quel triste e interminabile elenco di nomi, figurerà anche quello di Francesco Pio Maimone, nato a Pozzuoli e residente a Pianura, rider di professione, prossimo a compiere 19 anni. Francesco lavorava per realizzare il sogno di aprire una pizzeria tutta sua. Un sogno stroncato da un colpo di pistola che lo raggiunto al petto, mentre trascorreva una serata in compagnia degli amici per godersi uno scampolo di meritato riposo, al termine dell’ennesima settimana trascorsa a macinare chilometri.
«Francesco Pio era un ragazzo buono come il pane, che pensava solo a lavorare», hanno raccontato amici e familiari ai media. Quando è stato ucciso aveva da poco finito il turno nel ristorante di famiglia. Prima di tornare a casa, si era fermato davanti al chioschetto «Da Sasà» a mangiare noccioline. Poco distante, uno schizzo di alcol o un pestone accidentale hanno macchiato la scarpa di un ragazzo che ha reagito esplodendo alcuni colpi d’arma da fuoco in aria per poi abbassare l’arma e puntarla contro il 18enne, estraneo alla lite, per indirizzargli quel colpo dritto al petto.
«Abbiamo visto sparare in aria, pensavamo fosse una pistola a salve. Poi Francesco si è accasciato e ha detto “non respiro, non respiro”», raccontano gli amici che erano con lui quella sera. Proprio gli amici hanno cercato di fare di tutto per salvarlo, prima praticandogli la respirazione bocca a bocca, poi trasportandolo al pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini, ma quando è arrivato lì, i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.
«Vogliamo giustizia per mio figlio e per tutti i ragazzi come lui», ha dichiarato sua madre, Concetta Napoletano, a Repubblica. E lo stesso vale per i suoi amici che – assicurano i familiari della vittima – «sono tutti bravi ragazzi». Nei giorni scorsi, il 18enne aveva anche chiesto a uno di loro di aiutarlo a trovare un altro lavoro. Al turno serale da pizzaiolo, Maimone voleva affiancare anche un altro lavoro da fare in giornata, magari come muratore. Tutto per raggiungere il suo sogno: riuscire finalmente ad aprire una pizzeria tutta sua, da gestire insieme alla sorella.
I familiari del giovane chiedono che sia fatta giustizia. Un intento perseguito fin da subito dalla Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, alla quale sono state affidate le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Amato.