Nell’elenco dei 29 soggetti legati al clan Mazzarella, destinatari del provvedimento eseguito lo scorso 6 febbraio dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli, spiccano i nomi di Alessandro Nocerino, Pasquale Nocerino detto Lino e Pasquale Nocerino detto il professore, operativi a Ponticelli, nonchè imparentati con alcune figure di spicco della malavita locale, in primis, Massimo Nocerino detto Patacchella, attualmente detenuto e il giovane Antonio Nocerino detto “brodino”, figlio di uno degli arrestati, stimato essere uno degli elementi di maggiore spessore del clan De Micco, malgrado la giovane età.
I tre sono finiti nel mirino degli inquirenti per il business dello spaccio di stupefacenti gestita nel quartiere per conto del clan D’Amico, costola dei Mazzarella. Le indagini hanno consentito di ricostruire meticolosamente i rapporti tra i Nocerino e i D’Amico in merito all’approvvigionamento della droga. Alessandro Nocerino, stimato essere a capo del business, non era tenuto a pagare la consueta quota sui proventi dello spaccio ai D’Amico/Mazzarella, ma era obbligato a rifornirsi da questi ultimi. Lo stesso Umberto D’Amico ha riferito di essere il fornitore di Nocerino, forte di un rapporto d’amicizia nato in carcere e che quest’ultimo gestiva una piazza di droga a Ponticelli, quartiere sotto la sfera egemone dei clan alleati di Napoli est in quel momento storico.
Le intercettazioni hanno ricostruito i rapporti tra Alessandro Nocerino ed Umberto D’Amico, consentendo anche di documentare le singole cessioni di stupefacenti ai clienti che si rifornivano presso la piazza gestita dai parenti di “Patacchella”. L’unico dei Nocerino ad aver intrattenuto rapporti con le figure apicali del clan D’Amico/Mazzarella risulta Alessandro, mentre il fratello Pasquale e il cugino Pasquale, così come trapela dalle intercettazioni telefoniche, risultano essere addentrati nell’attività di spaccio, al pari di Mariano Monaco.
Gli inquirenti definiscono la piazza dei Nocerino “un market della droga dinamico”, in quanto operante con modalità diverse rispetto al “modello vele di Scampia” con i clienti che si portano sul posto per acquistare gli stupefacenti, in un contesto blindato e sorvegliato da vedette. La peculiarità del modus operandi della piazza gestita a Ponticelli dai Nocerino va ricercata nelle consegne a domicilio o in luoghi pattuiti last minute telefonicamente, tramite lo scambio di messaggi in codice. Proprio il linguaggio adottato, oltre a lasciar trapelare il forte timore di essere intercettati, per gli inquirenti rappresenta una delle prove granitiche di un solido rapporto di complicità tra clienti e pusher.
Malgrado vengano utilizzate parole in codice per indicare la droga, come “bollette”, “consumazioni piccole”, “rosette”, “mezzo melone”, “un aperitivo”, “un giga” o “caffè”, dalle intercettazioni telefoniche captate appare chiaro come le modalità di contatto e di incontro con gli acquirenti siano ripetitive. A conferma del linguaggio criptico utilizzato dai Nocerino vi è un dato di fatto oggettivo: l’arresto di Alessandro Nocerino, avvenuto a febbraio del 2020. Gli inquirenti avevano avuto modo di apprendere tramite le intercettazioni – malgrado l’utilizzo di parole in codice – che quest’ultimo si accingeva a cedere della sostanza stupefacente ad un cliente, consentendogli di intervenire per arrestarlo, proprio mentre era intento a vendere 13 grammi di cocaina.
Diverse le cessioni documentate dagli inquirenti. Particolarmente emblematica quella tra Pasquale Nocerino “il professore” e un cliente abituale, poco prima arrivato a Napoli in aereo e sprovvisto di contanti. Nocerino rifiuta di consegnargli “uno piccolo” in assenza di denaro, così come non accetta di barattare la dose con due telefoni cellulari.
Un provvedimento che ha tradotto in carcere il fratello e i cugini di Massimo Nocerino detto “patacchella”, uno degli interpreti più autorevoli della malavita ponticellese negli anni ’90, capace perfino di mettersi contro il padre, Ciro, ex-cutoliano, nonché ras temuto e rispettato con una lunga serie di accuse alle spalle: associazione mafiosa, detenzione d’ armi, estorsioni, rapine. Un padre-padrone che non sopportava che suo figlio lavorasse per Andrea Andreotti, “‘ o Cappotto”, boss del clan rivale. Ciro Nocerino, soprannominato Patacchella, quando ha visto Massimo diventare autista personale e guardaspalle del boss nemico ha iniziato a desiderare la morte di quel figlio traditore e del quale si vergognava terribilmente.
Tant’è vero che Massimo Nocerino sopravvive a ben tre agguati.
Secondo una fonte confidenziale che aiuta gli inquirenti a ricostruire le dinamiche che si celano dietro quei fatti di sangue, uno dei killer entrato in azione per farlo fuori sarebbe proprio “Patacchella”, il padre di Massimo.
Particolare peculiare: i sicari mirano sempre alle gambe. Per gli inquirenti è la prova inconfutabile che si tratti di un avvertimento, consegnato a Patacchella Junior per intimargli di cambiare casacca e passare tra le fila del clan d’appartenenza di suo padre.
Con il fratello e i cugini di Massimo “Patacchella” in carcere, le redini dell’organizzazione di famiglia passano tra le mani dei giovani eredi, già ben addentrati nelle dinamiche malavitose locali, malgrado la giovane età.