Il duplice omicidio di Carlo Esposito, 29enne contiguo al clan De Micco-De Martino e del 52enne Antimo Imperatore, vittima innocente della criminalità, potrebbe aver sancito il punto di non ritorno per la cosca attualmente egemone a Ponticelli. Soprattutto perchè il killer, Antonio Pipolo, poche ore dopo il duplice omicidio, si è consegnato spontaneamente alla magistratura per avviare un percorso di collaborazione con la giustizia.
20 luglio 2022: una delle tante date intrise di sangue che hanno segnato la storia del quartiere della periferia orientale di Napoli. Quella mattina, il 27enne Antonio Pipolo, contiguo al clan De Micco-De Martino, impugna una pistola e fa irruzione nel basso del rione Fiat – fortino del clan De Martino – che un tempo fu l’abitazione del “piccione” alias Giovanni Palumbo, indicato dallo stesso Pipolo come l’esecutore materiale dell’omicidio di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale del boss Giuseppe De Luca Bossa. Proprio in seguito all’arresto di Palumbo, quel basso era stato assegnato ad un altro affiliato, tornato a piede libero in quel periodo, Carlo Esposito, legato sentimentalmente alla sorella di Ciro Uccella, perno portante del clan De Martino. Proprio perchè la coppia era in procinto di trasferirsi nell’appartamento, quella mattina, Esposito era intento a svolgere una serie di lavori di ristrutturazione finalizzati a rendere più confortevole il nuovo alloggio, avvalendosi del supporto di Antimo Imperatore, il 53enne factotum del rione. Quando Pipolo irrompe nel basso, la prima persona che si trova davanti è proprio l’onesto padre di famiglia. Lo uccide a sangue freddo per addentrarsi nell’appartamento ed assassinare Esposito, unico e reale obiettivo dell’agguato.
Sarà lo stesso Pipolo, poche ore dopo, a spiegare agli inquirenti le motivazioni del suo gesto, presentandosi spontaneamente in procura per collaborare con la giustizia.
Mi sono presentato spontaneamente perché non riuscivo più a reggere questa situazione dopo stamattina.
Ho sparato a due persone, Carlo Esposito ed un altro che non conosco, nel Rione Fiat. Erano in casa in un basso. Sono andato lì, Carlo Esposito era dentro casa, l’altro era all‘esterno in una veranda. La porta era aperta.
Carlo Esposito era all‘interno vicino ad una finestra, Ho usato una pistola calibro 7.65 parabellum.“
In sostanza, Pipolo conferma di essere entrato in azione per uccidere il solo Esposito e di aver assassinato Antimo Imperatore, seppure non lo conoscesse, solo perché testimone dell’agguato.
“Faccio parte del clan De Micco e ho saputo che sabato mattina c’era stato un summit tra i De Micco, i De Martino, i Mazzarella e i De Luca Bossa nel corso del quale hanno deciso di uccidermi perché ritenevano che io fossi quello più debole, nel senso che in caso di arresto avrei potuto collaborare con la giustizia. Avevano deciso di uccidermi fingendo che ci fòsse una rissa nella discoteca Club Partenope, all‘interno dell‘ippodromo.
Preciso che il fatto che volessero uccidermi perché temevano che io in caso di arresto avrei potuto collaborare con la giustizia è una mia supposizione.
In giro nel quartiere si diceva che Carmine D’Onofrio lo avevo ucciso e per gli altri clan ero io quello più pericoloso dei De Micco e dunque la persona da eliminare. Dunque, poiché ero l’unico a non essere stato arrestato per l’omicidio di Carmine D ‘Onofrio, oltre a D ‘Apice Ciro Ivan, pensavano che in caso di arresto avrei collaborato.”
Il neo-collaboratore ha spiegato alla magistratura che dietro la condotta apparentemente tranquilla manifestata dagli altri affiliati al clan, in realtà, si celava l’intenzione di eliminarlo simulando “un incidente”, perchè non intendevano insospettire l’affiliato Ivan Ciro D’Apice, cugino di Pipolo: “da quello che ho saputo volevano evitare che mio cugino Ivan Ciro D’Apice, che pure fa parte del gruppo, immaginasse che potessero essere stati loro. Volevano farmi fare la stessa fine di Flavio Salzano, mio amico, anche lui appartenente al clan De Micco, ucciso qualche anno fa sempre dai De Micco, in particolare, per come mi hanno riferito, in quanto io ero detenuto all‘epoca, da Luigi De Micco.”
A margine del summit di camorra nell’ambito del quale fu decretata la condanna a morte del 27enne sarebbe stato anche stabilito che ad ucciderlo doveva essere proprio Carlo Esposito, motivo per il quale Pipolo avrebbe deciso di vendicarsi prima uccidendo Esposito e poi optando per il pentimento per compromettere la posizione di tutti gli affiliati.
Una strategia sagace, quella ordita dai De Micco-De Martino per ripristinare la pace con i De Luca Bossa: negoziando l’omicidio di Pipolo, facendolo passare agli occhi dei rivali come “il sacrificio” da compiere per vendicare la morte del 23enne figlio di Giuseppe De Luca Bossa, hanno in realtà legittimato un atto di epurazione interna che, di giorno in giorno, diventava sempre più necessario. Il carattere instabile ed impulsivo di Pipolo non rappresentava una rassicurante garanzia di omertà agli occhi degli altri sodali che ne temevano il pentimento in caso di arresto. Seppure lo stesso Pipolo non abbia partecipato attivamente a nessuna delle fasi esecutive dell’omicidio D’Onofrio, – secondo quanto da lui stesso dichiarato si sarebbe occupato di far sparire l’auto utilizzata dai killer dopo l’agguato – la sua condanna a morte sarebbe stata propinata ai De Luca Bossa come il giusto prezzo da pagare, ma in realtà, liberarsi di quell’affiliato inaffidabile ed instabile, conveniva più ai De Micco-De Martino che ai rivali. Timori che lo stesso Pipolo ha palesemente dimostrato essere tutt’altro che infondati, mettendo la firma su un duplice delitto tanto efferato quanto inaspettato.
Fin dagli istanti successivi al duplice omicidio, quando rapidamente si diffuse la notizia del pentimento di Pipolo, nel rione Fiat così come negli altri fortini della camorra presenti sul territorio, i De Micco-De Martino diramarono la loro versione dei fatti che puntava fortemente sul movente passionale. Pipolo avrebbe fatto irruzione nel basso di Esposito per ucciderlo in preda alla gelosia e sotto effetto di sostanze stupefacenti.
Una versione che a distanza di pochi giorni dal duplice delitto viene rilanciata anche dal fratello di Ciro Naturale, reggente del clan De Micco, designato dal boss Marco De Micco come suo erede prima di finire in carcere.
Nel corso di una conversazione telefonica con un amico, in riferimento all’omicidio di Esposito ed Imperatore, Mimmo Naturale dichiara quanto segue: “Era un mio amico… la buonanima come quello era un mio amico, ma anche quell’altro era un mio amico… hai capito… (…) la è una storia diversa…poi ti spiego là cosa è successo….là è proprio un‘altra storia…là non c‘entra niente per dire…fuori o all’interno…hai capito?… Là è una cosa di gelosia della compagna… (…) quello stava tutto drogato…stava tutto ubriaco… drogato…”