All’indomani della “notte delle bombe” andata in scena a Ponticelli lo scorso 23 luglio, nell’arco della quale si registrò l’esplosione di ben tre ordigni a distanza ravvicinata, i De Luca Bossa erano fortemente intenzionati ad alzare il tiro e puntavano a mettere la firma su un delitto eccellente. Nel mirino di Christian Marfella, mente pensante, oltre che reggente del clan De Luca Bossa in quel momento storico, finì Ciro Naturale detto ‘o mellone, figura apicale del clan De Micco per espresso volere del boss Marco De Micco che prima di finire in carcere lo designò suo erede, indicandolo come la persona destinata a subentrare a capo del clan di cui è fondatore quando sarebbe stato arrestato.
Che fosse finito nel mirino dei rivali, ‘o mellone lo aveva inteso proprio la sera del 23 luglio, quando l’ordigno piazzato dai rivali nella Jeep della moglie, palesò in maniera eclatante i piani dei De Luca Bossa. Un timore e una ricostruzione dei fatti ampiamente riscontrate dalle intercettazioni che riportano le conversazioni avvenute in casa Naturale, fin dagli istanti successivi all’attentato subìto. Un’esplosione udita in diretta dagli inquirenti, grazie alle microspie presenti in casa del reggente del clan De Micco il quale, unitamente alla moglie e agli altri parenti presenti in casa, non fa nulla per nascondere l’apprensione che gli scorre nelle vene, al cospetto di un’azione intimidatoria che ha ampiamente sortito l’effetto sperato.
La famiglia Naturale capisce che non può, non deve sottovalutare i De Luca Bossa, palesemente galvanizzati sotto la guida egemone di Christian Marfella, il fratellastro di Antonio De Luca Bossa scarcerato all’incirca un mese prima e che malgrado fosse detenuto agli arresti domiciliari, monitorato a distanza tramite braccialetto elettronico, impartiva ordini, strategie e direttive ai suoi gregari.
Non ha perso un attimo, Marfella. La brama di potere mista ai livore di vendetta che gli pulsava nelle vene lo spinse ad organizzare l’omicidio di Naturale già dal giorno successivo all’attentato dinamitardo che aveva distrutto la Jeep della moglie. Un omicidio che doveva essere commesso da Luca Concilio, Alessandro Ferlotti e Lorenzo Valenzano: i tre gregari sui quali Marfella punta tutto e ai quali affida le azioni criminali da eseguire per scalzare i rivali del clan De Micco e riportare in auge il clan De Luca Bossa.
Un’intenzione inequivocabilmente palesata da Luca Concilio: “…mi devi solo un piacere…io stamattina devo andare a cercare a Mellone…io ti faccio vedere…io mi applico addosso a Mellone, ve lo avviso eh!”
Una velleità condivisa da Alessandro Ferlotti con tono esaltato “…e quello è l’unico che ci dobbiamo applicare.”
Pochi minuti dopo Concilio torna sull’argomento per ribadire le sue intenzioni: “hai capito come? …sopra il corso no? sta andando là… ragazzi mò vi dico una cosa da domani in poi tutti e tre fàte…ed io mi applico un attimo con Lorenzo (Lorenzo Valenzano) a……addosso a questo.”
Un delitto necessario, secondo Alessandro Ferlotti, ed è lui stesso ad argomentare le motivazioni: “…si deve fare, fratello si deve fare, mi deve morire uno figlio, si deve fare per forza è obbligatorio o’ frat, si deve fare frà…no via perdono proprio la potenza proprio a livello economico”. Un omicidio pianificato per colpire la figura apicale del clan rivale, ma anche per arrecare un danno concreto ai rivali, perchè avrebbe sortito ripercussioni sulle finanze dei De Micco, in virtù del ruolo cruciale ricoperto in tal senso da Naturale.
Che Marfella e i suoi sodali stessero studiando gli spostamenti di Naturale trapela dal fatto che sapessero che il giorno seguente si sarebbe recato presso l’istituto penitenziario in cui è recluso suo cognato Pasquale Scognamillo detto Bombò, noto trafficante di sostanze stupefacenti, per sostenere un colloquio.
Il tono di Luca Concilio diventa perentorio allorquando proclama che è iniziata la stagione del sangue: “da domani in poi si fanno gli omicidi“.
Dalle conversazioni intrattenute in casa Marfella, trapela la necessità da parte del gruppo di agire prima che Naturale lasci il quartiere: “No, ma quello una volta che si è fatto questo stai a posto” e ancora: “dopodomani lo sai dove se ne va…se ne va in Abruzzo”. In effetti, in seguito alla collaborazione con la giustizia di Antonio Pipolo, ormai ex affiliato al clan De Micco, Ciro Naturale si è allontanato dalla zona temendo, per l’appunto, di morire in un agguato.
In questo clima matura l’agguato al quale è miracolosamente sopravvissuto Christian Marfella lo scorso 24 agosto, commentato con ilarità dal fratello di Ciro Naturale nel corso di una conversazione telefonica: “Noooooo. Ieri sera un altro guaio là… Noooooo. Quello ieri sera se l’è cavata bene! Mannaggia. Il porco si è salvato. Ahahhaah”.
A ricostruire il forte clima di astio e rivalità che intercorre tra le due compagni concorre anche e soprattutto uno degli eventi più eclatanti maturati nel corso delle ostilità tra i De Micco e i De Luca Bossa: lo scorso 13 settembre, un’auto rubata a Posillipo nei mesi precedenti, prima di essere data alle fiamme, ha percorso le strade del quartiere di Ponticelli riportando scritte offensive nei confronti di Ciro Naturale, “mellone sei il cesso nostro” ed anche nei confronti di De Micco Marco: “Bodo sei il cesso di Napoli”.