Figura anche il nome del 29enne nipote dell’ex boss di Ponticelli, oggi collaboratore di giustizia, nell’elenco dei sei destinatari del provvedimento eseguito dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli, all’alba di martedì 17 gennaio, scaturito al termine delle indagini che hanno consentito di individuare mandante ed esecutori dell’attentato dinamitardo che la sera del 23 luglio provocò la distruzione dell’auto riconducibile ad una figura apicale del clan De Micco, dal quale scaturì il danneggiamento di altre vetture parcheggiate, oltre che di svariati vetri delle abitazioni adiacenti.
Lorenzo Valenzano, classe 1993, detto ‘o cacaglia, genero di Antonio Ippolito detto ‘o stuorto, attualmente detenuto, fratello di Patrizia ‘a patana, moglie di Vincenzo Sarno e pertanto cognato dell’ex boss di Ponticelli. Patrizia Ippolito tornò alla ribalta nel 2018, complice una diretta su facebook avviata dalla località protetta in cui vive, in compagnia di suo cognato Vincenzo Sarno. Le indagini avviate dalla Procura di Napoli portarono all’arresto di Giuseppe Sarno, trasferito al carcere di Torino, mentre sua cognata Patrizia Ippolito fu ammonita e formalmente diffidata dal seguitare a palesare nuovamente quella condotta. La moglie di Vincenzo Sarno – all’epoca dei fatti detenuto e scarcerato di recente – non andò incontro allo stesso destino del cognato solo perchè tutrice legale di un figlio minorenne.
L’affiliazione del giovane al clan de Luca Bossa era un fatto noto negli ambienti malavitosi del quartiere, proprio perchè la scelta di appoggiare i De Luca Bossa, acerrimi rivali dei Sarno, malgrado il vincolo di parentela che lo lega agli ex leader di Ponticelli, ha suscitato non poco scalpore.
La partecipazione del giovane ad una delle azioni più eclatanti compiute dai De Luca Bossa nell’ambito della faida contro i De Micco-De Martino, altro non fa che ricostruire “il salto di qualità” di un soggetto notoriamente dedito a furti e rapine, sottolineandone la rapida ascesa nel contesto malavitoso.
Plurime le prove che inchiodano Valenzano che la sera del 23 luglio si sarebbe attivato per “recuperare” gli esecutori materiali, identificati in Luca Concilio ed Alessandro Ferlotti i quali, per conto del clan De Luca Bossa, su ordine di Christian Marfella, avrebbero provveduto a piazzare l’ordigno all’interno dell’auto di proprietà della moglie di Ciro Naturale, figura di spicco del clan De Micco.
Seppure non vi siano prove certe, secondo la ricostruzione degli investigatori, basata sulle intercettazioni dei dialoghi avvenuti in casa di Zaira De Luca Bossa, la sorellastra di Christian Marfella che lo ospitava durante la detenzione domiciliare, quest’ultimo avrebbe impartito indicazioni telefoniche su un’utenza non intercettata proprio a Valenzano per compiere, a distanza di poche ore, un altro attentato dinamitardo, avvenuto nella zona delle cosiddette “case di Topolino”. Quest’ultima azione sarebbe stata ordinata da Marfella dopo aver ricevuto “la visita” dei rivali che hanno immediatamente replicato alla bomba subìta con una “stesa” e piazzando a loro volta un ordigno nei pressi dell’abitazione di Marfella.
Successivamente proprio Christian parla al telefono con qualcuno poi identificato in Lorenzo Valenzano e dopo aver commentato l’agguato subìto gli di procedere e che si sarebbero visti dopo. E’ chiaro che in quel frangente, il reggente del clan De Luca Bossa, abbia ordinato un’azione di risposta ad uno dei suoi più fedeli e servili affiliati. Così come dalle intercettazioni relative ai giorni che seguirono quella notte concitatissima, appare chiaro che Valenzano fosse coinvolto in prima persona nei piani finalizzati ad uccidere Ciro Naturale.
Lorenzo Valenzano debutta nel contesto criminale come rapinatore seriale nel 2018, quando fu arrestato proprio per la rapina a mano armata compiuta a bordo di un T Max con targa contraffatta, nei pressi di un supermercato di Casoria. Nel mirino dell’allora 24enne e del suo complice, il proprietario di una moto Honda SH al quale i due portarono via anche il borsello contente due telefoni cellulari rispettivamente marca Iphone e marca Samsung galaxy S6, carte di credito ed altri effetti personali. I due furono chiamati a rispondere anche di resistenza a Pubblico Ufficiale: intercettati dai poliziotti, mentre percorrevano la strada statale 7bis a bordo della moto rubata il giorno prima, fuggirono malgrado l’”alt” imposto dagli agenti. I due furono bloccati ed arrestati dopo un lungo inseguimento.
L’esigenza di far leva su reclute inesperte in materia di malavita, ben spiega il momento di difficoltà patito dai De Luca Bossa quando la parabola discendente che ha introdotto il declino del clan era in pieno corso. All’indomani degli arresti degli autori del raid in viale Margherita, tra i quali spiccano le figure più avvezze alle pratiche violente, malgrado la giovane età, i De Luca Bossa non sono disposti a cedere il passo ai rivali e per la serie “la miglior difesa è l’attacco” pianificano l’attentato dinamitardo indirizzato alla figura di spicco del clan De Micco: Ciro Naturale.
Lorenzo Valenzano, Alessandro Ferlotti, Luca Concilio: sono loro le pedine che rendono esecutivi gli ordini imposti da Marfella che dal suo canto pensa che basti tenere alto il volume della radio e della televisione per eludere le intercettazioni delle forze dell’ordine.
I tre gregari, a loro volta, concludono che per allontanare l’ombra dei sospetti circa la loro partecipazione all’attentato ordito ai danni di Naturale basti isolare il telefono impostandolo in modalità aereo o lasciandolo su un tavolo.
Tuttavia, le ricostruzioni degli inquirenti concorrono a chiarire il ruolo cruciale che Valenzano era riuscito a ritagliarsi all’interno del clan fortemente osteggiato dai suoi parenti acquisiti.
Non è difficile comprendere come e perchè, all’indomani del blitz che lo scorso 28 novembre ha tradotto in carcere le figure di spicco dell’organizzazione di cui era parte attiva, sia stato chiamato a ricoprire un ruolo di rilievo. Un reduce, un sopravvissuto, sul quale la cosca del Lotto O ha puntato tutto, soprattutto per cercare di restare a galla con l’intento di preservare quel barlume di credibilità necessario per seguitare a taglieggiare commercianti ed imprenditori, ma anche i soggetti dediti alle attività illecite. Un’eredità che Valenzano ha raccolto, intercettando in quel susseguirsi di eventi, la grande opportunità da cavalcare per conquistare un ruolo di primo ordine nell’ambito della scena camorristica locale.
Una circostanza confermata da un fatto ben preciso: c’è la firma di Valenzano sulla “stesa” compiuta intorno agli isolati 2 e 3 del Rione De Gasperi, gli arsenali della droga del quartiere, lo scorso 30 novembre, ad appena 48 ore di distanza dal blitz che ha tradotto in carcere oltre 60 soggetti affiliati al clan De Luca Bossa-Minichini-Schisa-Aprea-Casella-Rinaldi e che ha inflitto un durissimo colpo proprio alla cosca del Lotto O, il rione in cui vive il 29enne.
I residenti in zona riferiscono una dinamica precisa: il giovane avrebbe esploso diversi colpi d’arma da fuoco, percorrendo a bordo della sua auto la strada che costeggia gli isolati 2 e 3 e proprio il ras che gestisce il business della droga in quest’ultimo edificio, alias ‘a Ceccia, non si sarebbe fatto scrupoli a replicare al fuoco affacciandosi al balcone.
Un botta e risposta che ha disegnato uno scenario ben preciso: se da un lato i De Luca Bossa si mostravano intenzionati a battere cassa, palesando la volontà di non cedere il passo ai De Micco-De Martino, inevitabilmente avvantaggiati dall’uscita di scena forzata dei rivali, al loro canto, i businessmen della droga esternavano senza mezzi termini la forte volontà di non assecondare le richieste economiche di un clan ormai ridotto all’osso.