Fra i crimini più efferati legati al nome del boss Matteo Messina Denaro, arrestato dopo 30 anni di latitanza il 16 gennaio 2023, spicca l’omicidio del 12enne Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido nel 1996.
Il bambino fu rapito da un gruppo di criminali il 23 novembre 1993, su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e Matteo Messina Denaro. L’obiettivo era quello di convincere il padre del bambino, Santino, ex mafioso diventato collaboratore di giustizia, a ritrattare le dichiarazioni rese alla magistratura.
L’11 gennaio 1996, dopo 799 giorni di prigionia, il bambino viene strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido.
Il rapimento avvenne mentre il piccolo Giuseppe si trovava in un maneggio di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. Secondo quanto raccontato da Gaspare Spatuzza, pentito poi condannato per il sequestro che ha raccontato i dettagli della vicenda, gli uomini mandati da Brusca si travestirono da poliziotti per ingannare il bambino facendogli credere di potergli far incontrare il padre, in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia.
Non appena i familiari si rende conto che il bambino era sparito, iniziarono le ricerche a tutto campo che includono anche gli ospedali, ma l’1 dicembre la famiglia riceve un biglietto con scritto “Tappaci la bocca” e due foto del bambino che teneva in mano un quotidiano del 29 novembre 1993: a quel punto il quadro è chiaro. La sparizione del bambino è legata alle rivelazioni che Santino Di Matteo sta facendo sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo. Quasi due settimane dopo, la madre di Giuseppe denuncia la scomparsa del figlio, e la sera stessa arriva a casa del padre di Santino un altro messaggio: “Il bambino lo abbiamo noi e tuo figlio non deve fare tragedie”.
Durante la prigionia il bambino fu spostato varie volte tra il Trapanese e l’Agrigentino, fino al 1995 quando viene rinchiuso in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato. Il padre, dopo una iniziale titubanza, decide di non piegarsi al ricatto e di continuare a collaborare con la giustizia. La sera dell’11 gennaio 1996, quando Brusca sente in televisione di essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, ordina l’omicidio del piccolo Giuseppe, che viene strangolato e poi sciolto nell’acido.
Per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo il 16 gennaio 2012 sono stati condannati all’ergastolo, nel quarto processo sulla morte del bambino, il boss trapanese Matteo Messina Denaro e il boss Giuseppe Graviano – tra i mandanti del sequestro insieme a Brusca – Luigi Giacalone, Francesco Giuliano e Salvatore Benigno, gli uomini del commando che ne curarono le fasi organizzative. Il 18 marzo 2013 le condanne sono state confermate anche in appello. Determinanti nel ricostruire le responsabilità dei capi di Cosa Nostra in riferimento all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che nello stesso processo è stato condannato a 12 anni.
I processi sulla morte di Giuseppe Di Matteo hanno portato a decine di condanne, tra cui anche quelle di Cristoforo Cannella, alla guida dell’auto sulla quale venne caricato il bambino al momento del rapimento, e Benedetto Capizzi, il boss che indicò il luogo dove lasciare il piccolo dopo il sequestro.