Quando era detenuto nel carcere di Spoleto, il boss di Ponticelli Ciro Sarno incontrò il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: è uno dei tanti aneddoti mai raccontati, riportati nel libro “Nell’inferno della camorra di Ponticelli – Napolitan” della giornalista Luciana Esposito.
O’ sindaco, il soprannome del boss Ciro Sarno, ben esprime la sua caratura camorristica: era lui a decidere tutto. A chi spettavano gli alloggi popolari costruiti nell’era del post terremoto, ma soprattutto chi doveva morire e chi poteva continuare a vivere.
La fotografia che immortala il momento in cui Ciro Sarno, quando ancora non aveva deciso di collaborare con la giustizia, consegna al Presidente della Repubblica italiana, in carica dal 1999 al 2006, uno scialle realizzato con le sue mani e un antico telaio è ancora gelosamente custodita dai parenti vissuti fino al 2016 nell’ex fortino del clan Sarno, il rione De Gasperi, e poi costretti a trasferirsi in località segreta, quando le condanne definitive per i responsabili della strage del Bar Sayonara furono convertite in sentenze di morte per i parenti dei collaboratori di giustizia da parte dei membri dell’alleanza costituita dalle vecchie famiglie d’onore di Napoli est, un tempo compari dei Sarno, poi diventati nemici giurati, in seguito al terremoto scaturito dal loro pentimento.
Una foto che ritrae il boss più longevo della storia di Ponticelli nel vivo del percorso che lo ha portato a pentirsi.
Seppure la prima regola scritta in quel tacito codice d’onore che tutti i sodali di ‘o sindaco portavano scalfito nella mente e nell’anima era non tradire. La seconda, non collaborare.
“Il collaboratore ti fa arrestare, il traditore ti fa uccidere”.
Forse proprio in barba a questo principio il boss Ciro Sarno opta per una decisione tanto clamorosa quanto inaspettata che di fatto porta all’autodistruzione del suo impero: collaborare con la giustizia.
Una decisione che matura al culmine di un percorso di recupero, avviato mentre si trova in carcere.
Quasi per caso, per impegnare in maniera diversa e più costruttiva le sue giornate e attratto dal fascino delle insegnanti, Ciro Sarno inizia a frequentare le lezioni impartite in carcere, appassionandosi alla storia dell’arte.
Ciro Sarno colleziona attestati di merito e diventa un autentico perno portante di progetti molto interessanti, in primis la realizzazione delle fontane di Spoleto e della pista ciclabile Assisi-Spoleto, entrambi approvati dalla direzione del carcere e coordinati da insegnanti dell’Istituto d’Arte che gli consentono di vincere anche dei premi. Uno dei quali verrà ritirato personalmente da ‘o sindaco a Perugia.
Ciro Sarno si lascia assorbire completamente dal fascino della cultura e dopo aver conseguito il diploma di terza media ed essersi diplomato all’istituto statale d’arte, si iscrive anche alla facoltà di Lettere e Filosofia dove frequenta il corso di laurea in scienze dei beni storico-artistici, artistico-librari e musicali, diventando uno studente modello che macina esami a suon di voti eccellenti.
O’ sindaco non riesce a conseguire la laurea per un cavillo burocratico a dir poco paradossale per un boss che ha maneggiato miliardi di vecchie lire: il mancato pagamento delle ultime rette universitarie.
In carcere, avvicinandosi allo studio ed addentrandosi nel mondo dell’arte, Ciro Sarno inizia in maniera più o meno cosciente a prendere sempre più le distanze dal boss che è stato e che improvvisamente riconosce come una figura scomoda, a tratti ingombrante, di cui sente il bisogno di disfarsi.
Fuori dal carcere gode della fama del boss, dentro il carcere diventa il perno portante, il trascinatore di quell’autentico e spontaneo movimento artistico e culturale che anima le mura del carcere di Spoleto, sotto la forte e convinta spinta del suo innegabile carisma.
Ciro Sarno manifestò pubblicamente un primo, inconsapevole ma significativo segnale di cambiamento, nel corso di un incontro dibattito sulla non violenza, al quale partecipò anche il leader dei radicali Marco Pannella.
Un detenuto spiegò che, a suo avviso, la frequentazione della scuola in carcere doveva necessariamente diventare sinonimo di buona condotta, in quanto per i detenuti non aveva senso studiare senza la garanzia di ottenere in cambio permessi e benefici. Un concetto che mandò su tutte le furie ‘o sindaco che prese la parola per zittire il compagno. Non si limitò a dissociarsi da quel concetto, ma esternò a chiare lettere il suo pensiero in netta antitesi non solo con quello degli altri detenuti, ma anche con quello del boss che viveva dentro di lui, ma le cui ideologie e convinzioni vacillavano vistosamente, sotto l’insospettabile insidia della cultura.
La scuola, secondo ‘o sindaco, andava frequentata non per secondi fini, ma per piacere personale. Per colmare quella copiosa lacuna, tra le cui sguaiate crepe il credo malavitoso era riuscito facilmente ad attecchire.
‘O sindaco comprende che la scelta di assoggettarsi alla malavita non era scaturita esclusivamente dalla condizione di totale miseria nella quale era cresciuto, ma era soprattutto figlia dell’ignoranza che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Fino a quando la vita non gli aveva fortuitamente offerto la possibilità di studiare, colmando quel gap culturale in grado di regalargli una brusca e ben più razionale presa di coscienza che lo trasforma da boss cinico e calcolatore in un uomo lucido e consapevole.
Emblematica un’intervista rilasciata da ‘o sindaco nel periodo antecedente al pentimento, proprio nel momento storico in cui era in atto il percorso di transizione e il boss stava iniziando a prendere in considerazione l’idea di collaborare con la giustizia.
Ciro Sarno prende le distanze dalla malavita e lancia un messaggio ai giovani, finalizzato ad aprirgli gli occhi sulle brutture e le insidie insite nella pericolosa carriera camorristica. “Ai ragazzi che hanno deciso di intraprendere una strada sbagliata, – farei capire – che saranno solo sfruttati e poi abbandonati al loro destino, o ancora meglio, al destino che gli creano gli altri. A tutti i ragazzi di Napoli dico di non trascurare la scuola, anche perché a me sta dando grandi soddisfazioni.”