La droga rappresenta il core business dell’economia criminale di Ponticelli. I numeri lo confermano: centinaia i presidi di spaccio radicati nei rioni di edilizia popolare e non solo. Si spaccia a ridosso della villa comunale e negli anfratti più discreti del quartiere. Un business che genera un indotto economico notevole, per questo motivo la leadership camorristica di un clan si stabilisce anche in base a chi riesce ad imporre la propria autorità in tal senso, vedendosi corrispondere dai gestori delle piazze una percentuale sui lauti guadagni.
Non a caso, durante le fasi più concitate della faida tra i clan alleati di Napoli est e i De Micco-De Martino ad avere la peggio erano proprio i gestori delle piazze di droga: tenuti a versare una tangente agli esponenti di entrambe le fazioni, in mancanza di una leadership dichiarata, ma anche costretti a fermare l’attività da un clan per arrecare un danno diretto all’altro. Per capire quanto sia elevata la posta in gioco, basta citare un dato su tutti: le piazze di droga radicate nell’isolato 2 e 3 del Rione De Gasperi registrano guadagni mensili pari a 450mila euro. Numeri equiparabili a quelli dei Di Lauro, negli anni in cui tra le Vele di Scampia erano presenti in pianta stabile le piazze di droga più gettonate dell’intera città di Napoli.
Non a caso, dopo la sonora stangata inferta alla criminalità organizzata nell’area Nord di Napoli dallo Stato, in risposta ai tanti omicidi – soprattutto di vittime innocenti – che hanno segnato gli anni della cosiddetta “Faida di Scampia”, il business della droga si è consolidato in altri luoghi della città di Napoli, in primis nella periferia orientale di Napoli e nel Parco Verde di Caivano. In sintesi, il mercato si è equamente ripartito in due grosse fette, i clienti fedeli e nostalgici della periferia orientale di Napoli e quelli esigenti e pertanto a caccia di cocaina pregevole. In tal senso, l’ascesa delle piazze di droga che imperversano negli isolati 2 e 3 del Rione De Gasperi di Ponticelli, viene favorita da una serie di fattori. In primis, la vicinanza della circumvesuviana che consente ai tossici di Napoli e provincia di raggiungere facilmente l’ex fortino dei Sarno. In secondo luogo, la garanzia che in quella sede è custodita la cocaina più gradita dai consumatori abituali della città.
Chi pensa che tra i relitti di quei fatiscenti palazzoni si avventurino a caccia di droga solo esili e barcollanti sagome di tossicodipendenti, si sbaglia di grosso: il rione, al calar del sole, è luogo di pellegrinaggio anche di tantissimi esponenti della Napoli bene, disposti a versare nelle casse della camorra ingenti quantitativi di denaro per acquistare cocaina di indiscutibile qualità.
Un vero e proprio supermarket della droga quello attrezzato nell’isolato 2 da Salvatore Romano detto il nippolo con la vendita divisa in scomparti. Su ciascuno dei piani dell’edificio si vende uno stupefacente diverso: cocaina e crack, la droga viene nascosta in posti sempre nuovi e ingegnosi, così da sventare il pericolo di un sequestro durante le perquisizioni, ma prima già suddivisa in dosi, così da agevolare la vendita. Una macchina perfetta, in grado di seguitare a funzionare senza intoppi, nonostante i plurimi arresti che si sono alternati nel corso degli anni, uno su tutti, quello del capo della piazza, ‘o nippolo, temporaneamente ai domiciliari, ma obbligato a risiedere fuori regione. Ciononostante, gli eredi di Romano affiancati dai fedeli pusher, seguitano a portare avanti “l’azienda di famiglia”. Sulla stessa scia si colloca anche la piazza radicata nell’isolato 3, l’edificio che si trova alle spalle dell’isolato 2, dove a capo del business troviamo la sorella della madre di Romano, Patrizia Busiello, detta Patrizia Bit e Pasquale Tarallo detto ‘a ceccia, figlio di quest’ultima, affiancato anche da sua sorella Carmela. Malgrado il vincolo di parentela che intercorre tra i gestori delle due piazze adiacenti, nel corso degli anni si sono registrati diversi screzi, seguiti da momenti di armonica convivenza.
I collaboratori di giustizia Tommaso Schisa e Rosario Rolletta hanno concorso a chiarire alla magistratura come funziona il business della droga a Ponticelli.
Per poter lavorare, le piazze capeggiate da ‘o nippolo e ‘a ceccia devono versare una quota pari a 200-250 euro a settimana, a seconda del giro d’affari.
Così come precisato dal collaboratore Tommaso Schisa, la tangente versata dai gestori delle piazze di droga confluiva nella cassa comune del clan, mentre il guadagno derivante dalla vendita di stupefacenti restava al clan che operava nella zona in cui erano radicate le piazze, nel caso del rione De Gasperi, alla famiglia Schisa, negli anni in cui a comandare a Ponticelli erano i clan alleati di Napoli est.
“Voglio precisare che il giro d’affari di queste piazze è di circa 15mila euro al giorno”, dichiara Schisa.
Rosario Rolletta delinea un quadro perfettamente in linea con le dichiarazioni rese da Schisa e chiarisce quello che accadeva quando i gestori delle piazze si rifiutavano di corrispondere la tangente all’organizzazione: “venivano messe in atto una serie di ritorsioni nei confronti dei gestori inadempienti che venivano fatti oggetto di spedizioni punitive che potevano consistere anche nell’esplosione di colpi d’arma da fuoco o pestaggi o anche nell’imposizione di una multa”.
Anche durante l’era in cui a dominare la scena camorristica ponticellese erano i De Micco i gestori delle piazze di spaccio più prolifere del quartiere finirono nel mirino del clan. Correva l’anno 2014 quando Tarallo e sua madre Patrizia Busiello subirono una serie di minacce dai “Bodo” che poi si tradussero in plurimi atti intimidatori che si sedarono solo quando i due versarono nelle casse del clan la cifra richiesta. L’incendio dell’abitazione di ‘a ceccia e della pescheria, una stesa e finanche l’esplosione di una bomba sotto casa di Tarallo: un vero e proprio assedio quello inscenato dai De Micco per convincere il businessman della droga a pagare.