A Ponticelli, la linea di demarcazione che separa “i buoni” e “i cattivi”, non è mai stata così netta e marcata come nei giorni successivi al blitz che ha fatto scattare le manette per più di 60 persone ritenute contigue ai clan operanti nell’intera zona orientale di Napoli.
Fin dalle ore successive agli arresti, sui social network si sono susseguiti i puntuali video-tributo dedicati ai detenuti da amici, parenti ed estimatori con l’intento di sminuire la portata dell’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Napoli e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli e Torre Annunziata. Tuttavia, quella plateale dimostrazione di attaccamento agli ideali di cui si fanno promotori i parenti arrestati è dettata da tante altre motivazioni.
Seppure gli esponenti di diverse famiglie/clan abbiano inscenato la stessa pantomima, i video pubblicati dai parenti degli arrestati riconducibili al cartello camorristico delle “Pazzignane”, arroccato nel Rione De Gasperi di Ponticelli, merita particolare attenzione.
In primis, perché rappresentano la naturale continuazione della condotta adottata in seguito al pentimento di Tommaso Schisa dalle “pazzignane” che nitidamente trapela dalle oltre 1500 pagine che narrano gli intrecci camorristici che si sono alternati negli ultimi anni, non solo a Ponticelli, ma nell’intera periferia orientale di Napoli. L’impellente bisogno di dissociarsi e condannare la scelta di prendere le distanze dalla malavita palesata dal rampollo di casa Schisa, per giunta portata avanti con ferma determinazione, malgrado le plurime intimidazioni e minacce inflittegli dai suoi stessi parenti, unitamente alle vessazioni e alle umiliazioni, emerge in maniera inequivocabile anche dai frame e dalle frasi utilizzate per enfatizzare lo status dei parenti arrestati.
Non a caso, l’immagine riproposta con più insistenza è quella che ritrae Pasquale Damiano ammanettato, a bordo di un’auto dei carabinieri, mentre mostra il dito medio. Il frame pubblicato da suo cugino, inoltre, annuncia l’imminente scarcerazione di Giovanni De Stefano, fratello di Luisa e zio di Tommaso, lasciando intendere che di qui a poco, la famiglia/clan potrà beneficiare del supporto di una pedina importante.
Appare chiaro che i fratelli Pasquale ed Alessandro Damiano, figli di Antonella Damiano, sorella di Luisa e di Michele detto ‘o russ, rappresentino l’espressione più forte e marcata della dissociazione dei parenti che hanno scelto di troncare ogni rapporto non solo con Tommaso Schisa, ma anche con sua sorella Rosa, rea di aver accettato di entrare nel programma di protezione riservato ai parenti dei collaboratori, rifiutando quindi le richieste dei parenti di isolare suo fratello per indurlo a ritrattare.
Con l’uscita di scena del rampollo Tommaso Schisa, “il predestinato” sul quale il clan di famiglia puntava tutto per appagare il senso di riscatto e supremazia, frutto di una vita intera segnata dai nefasti della malavita, i fratelli Damiano si sono accollati quel carico di responsabilità finalizzato a tenere il piedi l’onore e la credibilità delle “pazzignane”, impegnandosi in primis a cancellare la macchia della “vergogna” inflitta da Tommaso diventando “un infame”. Motivo per il quale sono proprio loro, i cugini che Tommaso tanto ama, a vandalizzare la sua abitazione quando la notizia del suo pentimento diventa di dominio pubblico. Un’azione dimostrativa, volta platealmente a prendere le distanze da quel gesto e a punirlo, umiliando pubblicamente il cugino. Un atteggiamento che trova continuità e riscontro proprio nei video pubblicati successivamente all’arresto di Pasquale Damiano, il figlio maggiore di Antonella De Stefano e Vincenza De Stefano, sorella di Luisa, nonchè zia di Tommaso.
Sono proprio le dichiarazioni rese da Tommaso Schisa a rivelare che Pasquale Damiano, unitamente a sua zia Geppina De Stefano era dedito all’usura, servendosi dei proventi delle attività illecite svolte dal clan di famiglia e mantenuti da Fortuna Ercolano, nipote di Luisa De Stefano, per espresso volere di quest’ultima. Fortuna Damiano ha poi investito quei soldi in titoli e conti correnti, unitamente a quelli ricevuti in eredità e/o a titolo di risarcimento per la morte del padre avvenuta a seguito di un incidente stradale. Seppure il giovane Schisa abbia precisato che Geppina e Vincenza De Stefano siano da considerarsi estranee alle attività illecite gestite dalla famiglia, il nome di quest’ultima figura tra quello delle persone arrestate per il contributo apportato nelle azioni minatorie indirizzate proprio alla ex compagna di suo nipote Tommaso, in seguito alla sua decisione di collaborare con la giustizia. Non solo usura: Pasquale Damiano ha anche ereditato dai suoi genitori la gestione di una delle piazze di droga più longeve dell’intero rione De Gasperi, quella gestita per decenni nell’isolato 10 da Antonella De Stefano e Michele Damiano.
Tommaso Schisa rivela agli inquirenti anche che nel 2018 era intenzionato ad uccidere Alfredo Minichini, fratello di Michele, avvalendosi proprio della collaborazione di suo cugino Pasquale che ha anche ricoperto un ruolo nell’estorsione perpetrata ai danni di Vittorio Esposito, titolare di un distributore di carburanti sito in via Argine a Ponticelli.
Particolarmente suggestivo il messaggio indirizzato ai due soggetti arrestati dal fratello di Pasquale Damiano ancora minorenne: “Il mio sangue. La galera è di passaggio, male a loro che non si possono permettere niente”.
Un’ampia carrellata di video che ritraggono i “leoni in gabbia” esaltandone le gesta, così da prendere platealmente le distanze, ancora una volta, dal percorso intrapreso da Tommaso Schisa che con le sue dichiarazioni ha contribuito a far scattare le manette non solo per i suoi parenti, ma anche per gli altri membri dell’alleanza. Evento, quest’ultimo, particolarmente temuto, soprattutto in virtù di una serie di intimidazioni e minacce che gli stessi parenti di Schisa avevano ricevuto da esponenti della malavita locale legati all’area sangiovannese. Nell’estate del 2021, ad esempio, una delle sorelle di Luisa De Stefano fu minacciata mentre usciva dal cimitero di San Giovanni a Teduccio, dove è custodita la cappella di famiglia, da due soggetti che gli intimarono di non recarsi più nel loro quartiere perchè intenzionati “a far piangere i parenti di Luisa ‘a pazzignana come lei aveva fatto piangere loro”.
Di contro, mentre i parenti delle “pazzignane” e di molti altri soggetti arrestati nel corso del blitz scattato all’alba di lunedì 28 novembre erano intenti a rilanciare le loro quotazioni sui social network, tantissimi abitanti del quartiere estranei alle dinamiche camorristiche si sono avvalsi dei medesimi mezzi di comunicazione di massa per diramare un messaggio ben diverso pubblicando foto di brindisi e bottiglie stappate in segno di festeggiamento.
In sostanza, nelle ore successive al blitz che ha inflitto un duro colpo alla camorra ponticellese, gli abitanti onesti del quartiere che hanno vissuto quell’operazione delle forze dell’ordine come un vero e proprio atto liberatorio, non hanno fatto nulla per nascondere la loro gioia, rivendicando anche pubblicamente il lecito diritto di concedersi un sentito brindisi di festeggiamento.