Sarebbe giunta ad un brusco epilogo l’alleanza tra Domenico Amitrano e i De Luca Bossa, uno degli accordi camorristici più chiacchierati della storia di Napoli est.
Un’alleanza imbastita nel 2018, contestualmente all’ascesa dei clan alleati di Napoli est, un cartello camorristico costituito dalle vecchie famiglie d’onore, contestualmente al blitz che decapitò i De Micco a Ponticelli concorrendo a creare le circostanze favorevoli per il ritorno alla ribalta dei clan messi alla berlina proprio da questi ultimi. Seppure Domenico Amitrano, nipote dei Sarno, ex boss di Ponticelli poi diventati collaboratori di giustizia, era legato ai De Micco non solo dall’affiliazione, ma anche da un vincolo di parentela, il suo cambio di casacca non destò scalpore solo per questo.
Domenico Amitrano è il cugino di Luigi Amitrano, il giovane autista e nipote del boss Vincenzo Sarno che perse la vita nel 1998 nell’attentato con autobomba pianificato da suo fratello Antonio De Luca Bossa. Un attentato al quale è legato un macabro retroscena: Domenico Amitrano per una fortuita casualità non era seduto accanto al cugino quando l’auto fu ridotta in lamiere dalla bomba nascosta nel ruotino di scorta, innescata anzitempo, complice il dissesto del manto stradale.
Ciononostante, a 30 anni di distanza da quell’attentato che ha inflitto un duro colpo ai membri della famiglia Sarno, Domenico Amitrano entrò in affari con gli assassini di suo cugino.
Un’alleanza ostentata e rilanciata a suon di foto e storie sui social network che ritraevano Amitrano insieme a Giuseppe De Luca Bossa, il fratello di Antonio che durante la detenzione del nipote Umberto – il primogenito di Antonio – ha ricoperto il ruolo di reggente del clan.
Un’alleanza rilanciata con ulteriore convinzione in seguito alla scarcerazione di Umberto De Luca Bossa, il figlio maggiore di Antonio De Luca Bossa, condannato all’ergastolo in via definitiva per l’attentato in cui perse la vita il cugino di Domenico Amitrano.
Domenico Amitrano e Giuseppe De Luca Bossa sono stati arrestati insieme il 30 ottobre del 2020 e sono stati scarcerati insieme il 17 settembre del 2022, ma hanno smesso di mostrarsi in pubblico e anzi, da quando sono tornati in libertà hanno adottato una condotta completamente diversa.
Giuseppe De Luca Bossa ufficialmente risiede nel casertano, ma appare saldamente e costantemente al fianco dei suoi familiari, soprattutto in circostanze che assumono una connotazione emblematica sullo scacchiere camorristico, come “il party virtuale” voluto per festeggiare il compleanno della sorella Anna De Luca Bossa, anche lei condannata all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo e del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità. Un festeggiamento culminato in un lungo e fragoroso spettacolo pirotecnico che ha destato non poco scalpore, perchè celebrato poche ore dopo la morte del 22enne Alessio Bossis, contiguo proprio al clan De Luca Bossa.
Di contro, Amitrano ha adottato un profilo bassissimo, guardandosi bene dal mostrarsi tra le strade di Ponticelli e secondo i bene informati, quell’atteggiamento cauto e prudente scaturisce da una motivazione ben precisa e che riconduce, per l’appunto, alla brusca rottura dell’alleanza con il cartello camorristico capeggiato dai De Luca Bossa.
Numerosi elementi confermano il rumors che serpeggia con insistenza nei rioni in balia della camorra del quartiere. In primis, i contenuti pubblicati sui social da entrambi gli interpreti dell’ormai ex alleanza.
Da quando è stato scarcerato, Domenico Amitrano si serve delle stories per lanciare frecciatine esplicite ai rivali. Messaggi visibili per 24 ore dai contenuti inequivocabili.
“Non tutti gli amici sono tuoi amici”, si legge in un frame che mostra un uomo con un’ascia tra le mani che si accinge a colpire un altro uomo alle spalle.
“Ci si abitua a tutto. A essere forti. A essere soli. A essere forti da soli”, si legge in un’altra storia.
Giusto per citarne qualcuna.
Ancor più eloquenti i contenuti pubblicati dai profili riconducibili ai De Luca Bossa. Nei video-tributo divulgati per rilanciare le quotazioni del clan, tra la carrellata di foto proposte, spicca proprio l’assenza di Domenico Amitrano, malgrado oltre ai membri della famiglia Minichini e De Luca Bossa siano annoverati Giuseppe Righetto, il fratellastro dei Casella e Luigi Austero.
Quella con Amitrano sarebbe un’alleanza mai esistita, secondo quanto affermato da Giuseppe De Luca Bossa. Il fratello di Tonino ‘o sicco, pochi giorni dopo la sua scarcerazione, ha dichiarato alla direttrice del nostro giornale che lui e Domenico Amitrano sono sempre stati amici, fin da piccoli e fare una vacanza insieme “è stata una cosa sana per togliere pensieri negativi”, un’iniziativa voluta per “spezzare la catena”. Una versione in netta contrapposizione con l’onda di indignazione che scaturì dalle immagini che li ritraevano insieme, felici e sorridenti.
Un’amicizia che secondo quanto dichiarato da Giuseppe De Luca Bossa non sarebbe stata intaccata neanche dalla morte violente di Luigi Amitrano. Anche dopo l’assassinio del giovane, stando a quanto dichiara il fratello di Antonio De Luca Bossa, lui e Domenico Amitrano non avrebbero mai smesso di volersi bene e frequentarsi e che pertanto quelle foto ostentate sui social, quando i De Luca Bossa sono tornati alla ribalta, non avrebbero ricoperto il senso attribuitogli dagli uomini d’onore dell’ala est di Napoli, ma anche dagli inquirenti.
A confermare la rottura tra le due famiglie, tuttavia, concorre anche e soprattutto un pesantissimo retroscena che ha destato ancor più indignazione tra i vecchi uomini d’onore.
I De Luca Bossa, in seguito all’esplosione della bomba in via Luigi Crisconio, avvenuta nel marzo 2021, avrebbero fatto in modo che colpe e sospetti ricadessero su Romualdo Amitrano, il figlio di Domenico. Un escamotage ordito ad arte, in seguito alle scintille scaturite tra Amitrano junior e il figlio di un pezzo da novanta del clan De Micco, residente proprio nell’edificio a ridosso del quale esplose la bomba.
Un retroscena che trova conferma in un dato di fatto ben preciso: nei giorni successivi all’esplosione di un’altra bomba, quella lanciata nel cortile del boss Marco De Micco a settembre del 2021, il giovane Aldo Amitrano cercò con insistenza un colloquio con il boss per garantirgli la sua estraneità ai fatti, in quanto consapevole che anche in quella circostanza “qualcuno” aveva fatto in modo che negli ambienti malavitosi si attribuisse a lui anche la responsabilità di quel raid.
Un dettaglio che emerge chiaramente dalle intercettazioni delle conversazioni avvenute in casa De Micco e che hanno portato gli agenti della Squadra Mobile di Napoli a chiudere in tempi record le indagini volte a far luce sull’omicidio del reale responsabile di quel raid: Carmine D’Onofrio, il figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa.
Il giovane abitava proprio in via Crisconio, a due passi dall’abitazione del boss Marco De Micco e a due passi dal luogo in cui nel cuore della notte del 18 marzo del 2021 esplose la bomba che seminò paura ed apprensione tra gli abitanti del quartiere e che arrecò numerosi danni alle auto in sosta, tra le quali anche quella del giovane D’Onofrio. Un elemento che se confermato, comproverebbe la totale assenza di percezione della gravità delle azioni che stava compiendo. Così come accadde quando lanciò la bomba oltre il grosso cancello di recinzione di casa De Micco. In quella circostanza, la bomba esplose nell’area del cortile dove la figlia del boss era solita intrattenersi a giocare con i cuginetti.
Non è difficile comprendere quale clima regnasse sul versante camorristico ponticellese, all’indomani del raid indirizzato al boss Marco De Micco, nel quale avevano rischiato di restare coinvolti i bambini. Il boss avviò una serrata caccia all’uomo volta a stanare il responsabile. I De Luca Bossa cercarono di sviare quelle indagini facendo ricadere, ancora una volta, le responsabilità di colpa sul giovane Amitrano.
Una strategia ordita con un duplice intento: salvare la pelle ai reali responsabili e infliggere un duro colpo al “finto alleato” in quanto, tra gli interpreti della malavita locale, si è sempre ipotizzato che quell’alleanza fosse una farsa retta da entrambe le parti per preservare dei reciproci interessi, ma al primo passo falso dell’uno, l’altro sarebbe stato pronto ad approfittarne per chiudere la partita a proprio vantaggio. Questa la teoria sostenuta dagli uomini d’onore di Napoli est che per giunta non hanno mai digerito quel modus operandi perché “da che mondo è mondo, nella malavita funziona che quando si compie un’azione, un malavitoso si attribuisce la paternità di quell’azione”.
Una regola d’onore violata dai De Luca Bossa e che non si è rivelata efficace, perché ad avere la peggio è stato proprio Carmine D’Onofrio, condannato a morte dalle rivelazioni dell’amico e complice che insieme a lui aveva partecipato al raid indirizzato al boss Marco De Micco.
Il punto di non ritorno tra Amitrano e i De Luca Bossa sarebbe però giunto di recente, in seguito ad una discussione con Christian Marfella, fratellastro di Antonio De Luca Bossa.
Scaricato dai De Luca Bossa, consapevole di non poter tornare a bussare alla porta dei De Micco, Amitrano starebbe vivendo da segregato in casa proprio perché consapevole di essere nel mirino di entrambi i clan presenti a Ponticelli e che in questo momento sono in lotta tra loro per contenersi il controllo del territorio.
Tuttavia, Amitrano potrebbe contare sulla mediazione di una figura di primo ordine legata ai Mazzarella, alleati dei De Micco, con la quale era solito accompagnarsi suo figlio Aldo fin prima di essere arrestato, probabilmente proprio per sventare un possibile agguato. Una carta da giocarsi per tentare di negoziare una trattativa utile affinché si creino le premesse per riaccogliere nuovamente Amitrano tra le fila dei De Micco. Anche se, considerando il modus operandi di questi ultimi, difficilmente potrebbero tornare a fidarsi di lui, senza vedersi fornire una prova concreta di affidabilità.