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Ponticelli ripiomba nel silenzio dopo agguati e “stese”, ma la guerra è ancora in corso

Luciana Esposito di Luciana Esposito
15 Novembre, 2022
in Cronaca, In evidenza
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Ponticelli ripiomba nel silenzio dopo agguati e “stese”, ma la guerra è ancora in corso
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Strade presidiate di giorno e pattugliate di notte dalle forze dell’ordine, al calar del sole scatta il coprifuoco e le strade si svuotano: questo il clima che si registra attualmente a Ponticelli, quartiere della periferia orientale di Napoli teatro di una faida di camorra che si combatte ormai da tempo.

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I cittadini sono abituati a misurarsi con il silenzio inquietante che piomba sul quartiere in seguito a fatti di camorra eclatanti: il ferimento di Luigi Amitrano lo è stato solo perché è avvenuto in pieno giorno nei pressi di una scuola elementare dalla quale i bambini si accingevano ad uscire. Nell’ambito della logica della faida in corso, invece, quella gambizzazione ha rappresentato “un avvertimento”, un cartellino giallo voluto per indirizzare un messaggio preciso non solo ad Amitrano, ma a tutte le figure borderline del quartiere, quelle che potrebbero pagare a caro prezzo un affronto o una scortesia.

Fino a quando le schermaglie in atto tra i De Micco-De Martino e i De Luca Bossa erano circoscritte a raid incendiari, “stese” e mancati agguati, lo scenario era incerto, non potendo riconoscere con oggettiva attendibilità a nessuna delle due compagini lo status di clan egemone, ragion per cui i soggetti che orbitano nel contesto malavitoso e che sono pertanto tenuti a versare una percentuale sui proventi illeciti al sistema, potevano beneficiare di quel clima di acclarata incertezza a proprio vantaggio.

Dopo l’omicidio di Alessio Bossis il quadro è mutato e la bilancia sembra tornare a pendere a favore dei De Micco, come puntualmente è accaduto già in passato, all’indomani di agguati pesanti sui quali s’intravede fin da subito la firma dei “Bodo”.

A dispetto dei suoi 22 anni, Bossis era una figura di primo ordine dello scenario malavitoso ponticellese, stimato essere il reggente dell’omonimo clan che per conto dei De Luca Bossa si stava insediando nel Rione De Gasperi, ex fortino dei Sarno dove da diverso tempo si vocifera che anche Christian Marfella sia intenzionato a trasferirsi in pianta stabile. Una scelta tutta da decifrare, in virtù del mancato agguato al quale è miracolosamente sopravvissuto l’estate scorsa. In quella circostanza, i sicari lo attesero a bordo di un’auto parcheggiata nel rione nel giorno e nell’ora in cui il figlio di “donna Teresa” e del boss di Pianura Giuseppe Marfella era solito sfrecciare a bordo della sua moto per compiere “una scesa” e riuscì a mettersi in salvo attuando una serie di manovre rocambolesche.

L’unico dato certo è che uccidendo Bossis i rivali hanno consegnato un messaggio ben preciso ai De Luca Bossa. Un’esecuzione in piena regola, quella indirizzata al 22enne, sorpreso dai sicari nell’area parcheggio di “In Piazza” in via Monteoliveto a Volla. Nei giorni precedenti all’agguato si erano registrate una serie di fibrillazioni su entrambi i fronti. Incursioni nel Lotto O, fortino del clan De Luca Bossa, alle quali hanno fatto seguito scene analoghe nel Lotto 10, zona sotto il controllo del clan De Martino.

Una sequenza di vere e proprie spedizioni armate registrate su entrambi i fronti, talvolta sfociate in una raffica di spari e che lasciavano presagire che “il morto fosse nell’aria”. Se i De Micco sembrano muoversi studiando di volta in volta il bersaglio più strategico da colpire per infliggere la stangata più sonora ai rivali, nel mirino dei De Luca Bossa sembra esserci un obiettivo fisso ormai da diverso tempo: si tratta del primo degli eredi dell’ultima generazione dei De Micco. Numerosi elementi lo comprovano: il giovane stanziava all’esterno del “Super Bar” in viale Margherita, lo scorso 2 luglio, quando il commando partito dal Lotto O, capeggiato da Emmanuel De Luca Bossa, esplose una raffica di proiettili per circa 50 metri. Ed era presente anche tra i giovani che stanziavano nel cortile del Lotto 10, durante le recenti incursioni del commando rivale a notte fonda.

Non a caso, il giovane rampollo di casa De Micco, insieme ad altri coetanei, pochi giorni prima dell’agguato costato la vita a Bossis è volato all’estero, come consueta abitudine dei “Bodo” alla vigilia dei delitti eccellenti: un escamotage del quale la cosca si serve divulgando foto e video sui social network per conferire un solido alibi a coloro che devono restare al di sopra di ogni sospetto. Lo stesso boss Marco De Micco, la sera in cui Carmine D’Onofrio fu ucciso nei pressi della sua abitazione, andò a dormire in un lussuoso albergo di Napoli.

Tutto lascia presagire che i De Luca Bossa siano intenzionati a portare a compimento un disegno ben preciso e che mirerebbe a restituire l’affronto che per ben due volte i “Bodo” gli hanno indirizzato, infliggendogli la medesima ferita scaturita dalla morte del 19enne Antonio Minichini prima e del 23enne Carmine D’Onofrio poi.

Non a caso, nei giorni successivi all’omicidio di Bossis, dopo una prima reazione tanto immediata quanto istintiva, la faida di Ponticelli si è risintonizzata sui binari della calma apparente. L’incursione culminata in una serie di spari nella roccaforte dei De Martino, avvenuta pochi giorni dopo l’omicidio del 22enne rappresenta l’ultimo sussulto fin qui registrato. Per almeno due validi motivi.

In primis, il rione Lotto O e il Lotto 10 sono presidiati dalle volanti della polizia di Stato che al calar del sole battono con particolare attenzione le zone calde del quartiere con l’auspicio di intercettare anzitempo le mosse di entrambi i clan, auspicando che la presenza delle forze dell’ordine sul territorio possa fungere da fattore deterrente, dissuadendo gli interpreti della faida dal seguitare ad impugnare le armi.

Paradossalmente, proprio il clima che cala sul quartiere quando fa buio ostruisce i piani dei clan, rendendo le loro mosse più difficili. Le strade pressochè deserte, la presenza delle pattuglie sarebbero alcuni dei fattori che al momento concorrono a sfiduciare i killer dall’entrare in azione, seppure nessuna delle due compagni in lotta sembra intenzionata a palesare segnali di resa. Così come comprovano le ronde da parte delle figure-simbolo del clan De Micco che da diversi giorni con crescente insistenza sembrano orientate ad imbastire un disegno ben preciso, finalizzato a portare a compimento l’ennesima azione eclatante ai danni dei rivali. I “Bodo” starebbero studiando tempi, percorsi, strategie: tanti, troppi segnali lo lasciano dedurre. Nel quartiere i cittadini che assistono a quelle “battute di guerra” temono che si tratti del segnale premonitore destinato ad introdurre l’ennesima morte eccellente, voluta per infliggere “il colpo di grazia” ai rivali chiudendo definitivamente la partita e tornare a dominare la scena camorristica ponticellese.

Dal loro canto, i De Luca Bossa fiancheggiati dai “Bossis”, annunciano soprattutto sui social l’intenzione di allungare l’elenco dei morti da vendicare, ai quali di recente si è aggiunto per l’appunto anche il 22enne ucciso lo scorso 24 ottobre. Tantissimi i messaggi che circolano in rete e che confermano la volontà dello “zoccolo duro” costituito dai giovani amici di Bossis di vendicarne la morte.

“Sei il mio unico pensiero”, si legge in uno dei tanti frame apparsi di recente su TikTok, dove a fungere da sfondo è una fotografia di Bossis accompagnata da una clessidra: emoji che nel gergo camorristico è sinonimo del concetto “è solo questione di tempo”.

Fin dalle ore successive al suo assassinio, Bossis è stato rapidamente trasformato in un fantoccio da miticizzare. Complice il forte appeal che ha sempre sortito sui suoi coetanei, riuscendo a conquistare ammirazione e consensi anche da parte dei giovani estranei alle dinamiche camorristiche e che lo ricordano come un adolescente dotato di un grande talento calcistico, intorno alla figura del 22enne si sta rapidamente creando quel suggestivo quadro di fascinazione e proselitismo che trasforma un aspirante leader della camorra, morto ammazzato per inseguire i suoi piani malavitosi, in un punto di riferimento, un modello al quale rendere omaggio, oltre che giustizia. Uno scenario che gioca a favore della cosca del Lotto O che non può che beneficiare della nutrita presenza di giovani leve animate dal livore di vendetta ed intenzionate a rendere giustizia all’amico, già diventato un icona. Lo comprova il profilo “onore famiglia Bossis” nato di recente su TikTok con l’intento di lanciare un messaggio ben chiaro: i giovani che mirano ad onorare/emulare Alessio Bossis sentono di essere parte di una famiglia, ovvero, sono uniti e coesi come tanti fratelli, idealmente abbracciati intorno al feretro del fratello maggiore/leader. Chiara l’intenzione di rilanciare un legame più forte ed assoluto, ben più supremo rispetto all’affiliazione.

Un affiatamento che è necessario rivendicare per intimorire i rivali, ma anche per allontanare lo spettro del tradimento: nei rioni simbolo della camorra ponticellese non è un segreto che fin dagli istanti successivi all’omicidio di Bossis a tenere banco è la serrata caccia al filatore volta a stanare colui che ha gettato il 22enne in pasto ai suoi assassini. Fino a quando le indagini in corso non giungeranno ad una svolta risolutiva, a tenere banco è un clima di diffidenza generale che porta tutti a dubitare di tutti e se proprio non può disputarsi sul campo di guerra, allora la faida si sposta sui social network.

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