Un fragoroso festeggiamento che non è di certo passato inosservato, quello andato in scena allo scoccare della mezzanotte di martedì 25 ottobre nel rione Lotto O di Ponticelli, fortino del clan De Luca Bossa.
Una pioggia di fuochi d’artificio durata all’incirca 15 minuti e che ha suscitato particolare indignazione tra i residenti in zona per un motivo ben preciso: poche ore prima, a Volla, il 22enne Alessio Bossis è stato assassinato nel parcheggio di un’area di ristoro, crivellato da sette colpi di pistola. Una vera e propria esecuzione voluta per eliminare il 22enne che malgrado la giovane età era considerata una figura di spicco della malavita locale.
Motivo per il quale, quel pomposo ed eclatante festeggiamento, voluto per celebrare il compleanno della lady camorra del clan De Luca Bossa è apparso una nota stonata e fuori luogo, oltre che un atto irrispettoso al cospetto della morte violenta di un giovane che per giunta ha esordito negli ambienti camorristici proprio in veste di recluta del clan del Lotto O.
Un gesto plateale che ha suscitato forti polemiche e vivo disappunto tra i cittadini, stanchi di subire le angherie dei camorristi e che avrebbero apprezzato che almeno in quella circostanza lo spettacolo pirotecnico venisse annullato in segno di rispetto. La morte di Bossis, per quanto fosse un evento “annunciato”, in virtù del ruolo di spessore che il giovane era riuscito a conquistare, malgrado la recente scarcerazione, ha scosso notevolmente gli abitanti del quartiere, colpiti dall’ennesima prematura dipartita di una giovane vita trucidata dalle logiche camorristiche, nonostante Bossis provenisse da una famiglia onesta e benestante.
Un atto di irriverenza che potrebbe celare ben altro, oltre al menefreghismo.
Alessio Bossis fu arrestato nel 2019 e condannato in primo e secondo grado a otto anni di reclusione, insieme a Carmine Pecoraro, ma di recente la cassazione aveva disposto un nuovo processo d’appello, complice l’inutilizzabilità delle intercettazioni che ricostruirono il raid a Piazza Trieste e Trento che maturò all’indomani di una lite in discoteca tra alcuni giovani contigui al clan De Luca Nossa- Minichini e un gruppo di coetanei legati al clan Mariano operante ai Quartieri Spagnoli. Una “stesa” che maturò in un periodo storico in cui Bossis era solito compiere azioni camorristiche analoghe nell’area est di Napoli, quando era intenzionato a dissociarsi dai De Luca Bossa per costituire un sodalizio autonomo.
Un piano che, secondo i ben informati, non avrebbe abbandonato neanche quando lo scorso 8 agosto è tornato a Volla, la cittadina in cui abitava, sottoposto alla sorveglianza speciale con l’obbligo di non allontanarsi dal comune di residenza. Una misura che ha violato proprio per recarsi a Ponticelli: sorpreso in moto nel Rione De Gasperi dagli agenti del locale commissariato di polizia, Bossis cercò di fuggire, ma venne bloccato ed arrestato. Scarcerato nel giro di poche ore, in quanto il suo legale dimostrò che il giovane si era allontanato da Volla per sottoporsi ad una visita medica all’ospedale del Mare, il nosocomio che si trova poco distante dal fortino dei Sarno.
In realtà, la sua presenza a Ponticelli e in particolare nel Rione De Gasperi era un fatto acclarato che si verificava quotidianamente. Così come, alcuni video apparsi su tiktok, comprovano che era solito andare al mare e frequentare i locali e i luoghi di svago più gettonati di Napoli e provincia, insieme alla sua fidanzata. Proprio con l’amico destinatario dello stesso provvedimento che fece scattare le manette anche per lui nel 2019, Bossis negli ultimi tempi si era radicato nell’ex fortino dei Sarno, il rione De Gasperi. Fin dai primi giorni successivi alla sua scarcerazione, negli ambienti in odore di camorra di Ponticelli si vociferava che il 22enne avesse palesemente manifestato la volontà di non sottostare ai De Luca Bossa, rilanciando l’intenzione di creare un clan tutto suo. Il forte ascendente che era in grado di sortire sulle altre reclute in forza al clan del Lotto O, molte delle quali provenienti proprio da Volla, unitamente al carisma e al carattere da leader, hanno indotto Bossis a credere di poter concretizzare facilmente i suoi piani.
Tant’è vero che all’indomani dell’agguato sventato da Christian Marfella nel Rione De Gasperi, il primo rumors, poi smentito da altri elementi emersi in seguito, annunciava che potesse esserci la firma di Bossis su quell’azione criminale, verosimilmente voluta per annunciare la nascita del suo clan autonomo.
Uno scenario che ben si presta a diverse ipotesi investigative e infittisce il mistero intorno alle dinamiche dalle quali è scaturito l’agguato costato la vita a Bossis nel tardo pomeriggio di lunedì 24 ottobre.
A rendere ancor più confusionario lo scenario concorre un vincolo di parentela surreale: Bossis era il cugino della moglie di Salvatore De Micco, gli acerrimi rivali dei De Luca Bossa, attualmente in guerra tra loro per il controllo dei traffici illeciti nel quartiere Ponticelli. Una parentela che per certi versi aveva conferito una certa immunità al giovane, seppure al cospetto delle logiche feroci della faida attualmente in corso, non è da escludere che proprio la finta convinzione di essere “un intoccabile” agli occhi dei De Micco lo abbia invece indotto ad adottare una condotta poco prudente che lo ha reso una preda facile da stanare per i sicari del clan rivale.
Oltre che nell’intenzione di creare un clan autonomo, proprio in quel vincolo di parentela, di contro, i De Luca Bossa, potrebbero aver carpito un pericolo tangibile. Un dettaglio che avrebbe potuto concorrere ad indurre Bossis a passare dalla parte dei rivali, decretando la fine delle ostilità in quanto, al cospetto dell’assetto camorristico che si sarebbe delineato, la cosca del Lotto O non avrebbe potuto fare altro che sventolare bandiera bianca. Un’ipotesi che nelle ore successive all’agguato appariva come un’eccessiva forzatura e che invece, in seguito allo spettacolo pirotecnico voluto per festeggiare a poche ore dalla morte del 22enne, risulta tutt’altro che campata per aria.