Una storia pregna di violenza, fisica, verbale, psicologica, sopraffazione, umiliazione, rabbia, sconforto, ma anche di riscatto e speranza.
Una vicenda nella quale tante donne possono rispecchiarsi, riconoscendo nel dramma di Stella – nome di fantasia – il loro stesso calvario, quello fatto di botte e vessazioni che si consumano tra lacrime e paura, silenziosamente, tra le mura domestiche.
Quello di Stella poteva a essere un nome qualunque, uno dei tanti tristemente destinati ad allungare il sanguinoso elenco delle vittime di femminicidio. Così non è stato, perché ha trovato la forza e il coraggio necessari per denunciare, al culmine dell’ennesimo episodio di violenza subìto nell’arco di cinque anni da parte di un marito tossicodipendente e violento che non si è fatto scrupoli ad inveire verbalmente e fisicamente contro di lei davanti agli occhi terrorizzati dei loro due bambini.
La storia di un amore nato in ambito lavorativo e traghettato nelle viscere dell’inferno dalla droga. Stella e quello che diventerà suo marito, dopo un fidanzamento-lampo durato un anno e mezzo, fanno lo stesso mestiere. Il classico colpo di fulmine che introduce un amore supportato da passione, armonia, sintonia, consolidato dalle esperienze lavorative condivise e che concorrono ad affiatare la coppia, malgrado “gli atteggiamenti strani” di lui e alcune voci poco rassicuranti sul suo conto che giungono all’orecchio di Stella. Lui le zittisce, relegandole nel dimenticatoio dell’invidia, ma con il tempo la donna scoprirà che chi aveva provato a metterla in guardia da quell’uomo, parlava con cognizione di causa.
Decidono di sposarsi quando Stella scopre di essere incinta, malgrado la donna nutra delle riserve. Non digerisce l’idea del matrimonio riparatore, celebrato in fretta e furia, seppure siano soprattutto i genitori di lui a spingere affinché convolino a nozze. Con il tempo, Stella capirà che i suoceri miravano a liberarsi di quel peso che come la più spinosa delle rogne hanno prontamente sganciato tra le sue mani ignare di donna innamorata ed inconsapevole di leggere negli atteggiamenti ambigui del suo sposo le minacciose insidie della droga.
Una scoperta che matura con il tempo: in procinto di partorire, Stella deve rinunciare a lavorare, la sua è una gravidanza a rischio e suo marito fa tutto, tranne che provvedere al mantenimento della famiglia. Malgrado i continui impegni di lavoro, seguita ad avanzare scuse per giustificare l’ammanco di denaro. Proprio quando i dubbi di Stella iniziano a tramutarsi in sospetti e setacciando il bagno di casa scopre della droga nascosta tra gli asciugamani, iniziano i primi episodi di violenza.
Affrontato a muso duro dalla moglie, le sferra un calcio sotto la pancia, sprezzante della vita che custodisce in grembo.
La costante che si ripete nella storia di Stella è il perenne tentativo del marito di far ricadere le colpe delle sue malefatte sugli altri: “quella droga non è mia, ho fatto un favore ad un amico che mi ha chiesto di tenerla”, “non mi hanno pagato, hanno detto che mi pagheranno tutto alla fine del mese o al prossimo lavoro”; unitamente ai pianti e alle disperate preghiere di perdono, all’indomani degli episodi violenti.
Dopo il parto cesareo praticato d’urgenza per consentire alla loro bambina di venire al mondo, la situazione non migliora. La permanenza in ospedale si protrae oltre il tempo previsto, per via di alcune complicazioni che indeboliscono notevolmente Stella, mentre le richieste di denaro da parte del marito si fanno sempre più frequenti, proprio come accade quando la donna torna a casa. La situazione economica peggiora sempre di più ed è la famiglia di Stella a farsi carico delle spese necessarie per il mantenimento della piccola e in più di una circostanza è la madre a dover provvedere al pagamento dell’affitto, mentre la famiglia di lui appare ostile, distaccata e disinteressata.
Era riuscita a ricondurre l’uomo che amava sulla retta via, Stella. Dopo aver ricevuto una notifica scaturita da un fermo nell’ambito del quale il marito era stato sorpreso in possesso di droga, la donna invoca l’aiuto dei genitori di lui e riesce a convincerlo ad entrare in comunità per disintossicarsi. Una scelta che matura contestualmente ad un’amara scoperta: a Stella è stato diagnosticato un brutto male e proprio perché è preoccupata per il futuro che il destino le riserverà, necessita di sapere che sua figlia può contare su due genitori affidabili.
Se in un primo momento inizia a manifestare segnali incoraggianti di cambiamento, dopo qualche tempo vanificherà il percorso intrapreso abbandonando la comunità per ricadere nel baratro della droga.
Le loro strade si dividono, lui scompare per un anno, stanco di vedersi mettere con le spalle al muro da Stella che seguita a sbattergli in faccia i suoi errori, le sue debolezze. Si disinteressa completamente anche di sua figlia, malgrado avesse ripreso a lavorare, si guarda bene anche dal provvedere al suo mantenimento. Motivo per il quale Stella lo denuncia per violenza domestica ed abbandono: un provvedimento che rischia di fargli perdere la patria potestà genitoriale. Le udienze vengono rinviate per via dell’emergenza covid e proprio durante la pandemia Stella ritorna sui suoi passi, riaccogliendolo a casa con lei e la bambina. Ricompare manifestando preoccupazione per “le sue donne” al cospetto di una pandemia tanto inaspettata quanto temibile e così le comunicazioni tra i due si fanno sempre più frequenti, fino al ricongiungimento. Seppure la famiglia di Stella abbia fortemente osteggiato la sua decisione di riaccoglierlo in casa, i primi tempi sembrano incoraggianti, tant’è vero che resta incinta per la seconda volta. Una gravidanza a rischio, l’ennesima, che sfocia in un epilogo concitato: un intervento salvavita necessario per sventare il peggio, sia per la madre che per il figlio.
Stella lascia l’ospedale in condizioni ancora critiche, lasciandosi alle spalle ben due arresti cardiaci, mentre il suo piccolo è ancora ricoverato. La donna si rende conto fin da subito di non poter contare sul supporto del marito, neanche su quello psicologico, in virtù delle vessazioni e gli insulti che le indirizza di continuo. Ed è proprio in questo periodo che il loro matrimonio converge verso il punto di non riorno. Malgrado sia ancora convalescente e con due figli da accudire, Stella non può fidarsi ed affidarsi a suo marito e si vergogna di rivolgersi a sua madre e a sua sorella, per l’ennesima volta, per giunta dopo che l’avevano messa in guardia quando aveva deciso di concedergli una seconda opportunità, anche perché il marito minaccia di scioglierla nell’acido, laddove scoprisse che ha confidato a qualcuno quello che accade tra le mura domestiche.
Subentra così la rassegnazione: Stella vive nella consapevolezza che forse quel marito anaffettivo e violento ha ragione, “la colpa è sua” e merita esattamente quello che sta vivendo.
La vecchia denuncia di Stella, nel frattempo, torna a bussare alla porta delle loro vite e il Tribunale dei Minori richiama l’uomo per sondarne l’affidabilità di genitore e in alternativa, scegliere un affidatario. Un’esigenza necessaria in virtù delle condizioni di salute precarie di Stella.
L’obbligo di frequentare il SERT una volta a settimana lo manda su tutte le furie e fa schizzare alle stelle la tensione tra le mura domestiche di una delle tante case in cui una donna, una moglie, vive stretta nella morsa della violenza e della paura, per mano di un marito violento.
L’estate scorsa, Stella scopre che il marito è solito fare uso di stupefacenti sul terrazzo di casa, nascondendo il necessario per fumare il crack nelle poltroncine di plastica. Una scoperta che giunge al culmine dell’ennesimo incubo vissuto dalla donna: il marito la costringe a subire un rapporto sessuale violento che le provoca anche una grave emorragia. La mattina seguente, l’uomo si avvicina al mobile in cui è custodita una bottiglia di acido, mentre la sente parlare al telefono con la sorella per costringerla a tacere. Al culmine di una colluttazione, Stella riesce ad allertare i carabinieri e il marito, pur di fuggire, spintona la bambina richiamata dalle urla dei genitori.
Quando i carabinieri arrivano a casa della donna, non possono fare altro che constatare il dramma che incombe sulla vita di Stella e dei suoi bambini.
Da marito violento a stalker spietato: questo l’ulteriore cambiamento al quale è andato incontro il padre dei figli di Stella, quando ha maturato la consapevolezza che per lui era finita, perché la donna lo aveva denunciato.
Una denuncia che raccoglie anni di percosse e violenze di tutti i tipi e che ingloba le integrazioni contenenti i messaggi che lui indirizza a Stella sui social network. Messaggi in cui annuncia di “non essere solo” e che in tanti sono sulle sue tracce per infliggerle la punizione che merita. La indica come l’artefice della sua rovina, la persona che gli ha distrutto la vita e la reputazione. Le annuncia che verrà condotta nella cantina di suo padre per essere brutalmente stuprata, non solo da lui, prima di essere fatta a pezzi per poi essere lasciata in pasto ai topi. I messaggi si fanno sempre più frequenti ed inquietanti, fino ad includere i bambini: “ti farò un ciondolo con le dita dei tuoi figli”, “li vedrai sgozzati a testa in giù come conigli e poi toccherà anche a te”.
Se fino a quel momento era stato disposto il divieto di avvicinamento e il braccialetto elettronico antistalking, dopo la ferocia di cui sono intrise le ultime parole che l’ex marito indirizza a Stella, scatta il codice rosso e l’uomo viene arrestato.
È la fine di un calvario per Stella che fin da subito si è trasferita in un’altra città, pur consapevole che la strada da fare per riprendere in mano la sua vita è ancora tanta, ma sa di poter contare su una rete di persone pronte a sostenerla: “l’avvocato Amedeo Cirenza, i carabinieri di Portici, in particolare il maresciallo Stefano Casaccio, i medici dell’ospedale San Paolo e il personale dei centri antiviolenza di Napoli e Caserta, in particolare la dottoressa Sanzo, ai quali va il mio sincero ed accorato ringraziamento per tutto quello che hanno fatto per me. – dichiara Stella – Ho voluto rendere pubblica la mia storia affinché possa fungere da monito per le altre donne che affrontano il mio stesso calvario. A loro dico: denunciate dopo il primo schiaffo. I tempi sono cambiati, l’introduzione del codice rosso tutela realmente le donne vittime di violenza, l’ho potuto appurare in prima persona.”