La profonda e versatile compenetrazione della camorra nel tessuto sociale napoletano trapela in tutta la sua cruda e nitida veridicità nella relazione della DIA relativa al secondo semestre del 2021.
Così come affermato dal Procuratore Melillo “la camorra agisce come formidabile fattore di alimentazione finanziaria e di alimentazione del sistema di relazioni, di mediazione, propria dell’ordinario sistema d’impresa. I grandi cartelli camorristici (che controllano larga parte delle attività illecite e non solo illecite della città) oggi coincidono con vere e proprie costellazioni di imprese”.
Un report dal quale trapela l’importanza di non prestare il fianco al “gioco” intavolato dai grandi cartelli camorristici che si nascondono dietro l’ombra di tanti piccoli gruppi in caotica contrapposizione fra loro, rubandogli la scena in quanto, sui media e nei dibattiti pubblici si parla dei clan satelliti e non delle grandi organizzazioni che si celano alle loro spalle.
Organizzazioni longeve e strutturate che da oltre trent’anni sono profondamente radicate e che hanno attraversato anche grandi conflitti, importanti sforzi repressivi, e nel tempo hanno non solo conservato, ma progressivamente sviluppato la
capacità di fare sistema. Non a caso, la leadership dei cartelli criminali spesso coincide con il management delle reti di impresa.
Emerge chiaramente l’assetto della camorra organizzato in un vero e proprio “sistema” basato su stratificati e complessi livelli decisionali, nonché su una struttura criminale consolidata sul territorio e dotata di un direttorio per la gestione e il coordinamento dei gruppi subordinati.
Dalla relazione emerge soprattutto la scaltra capacità di generare ingenti profitti anche attraverso attività a basso rischio giudiziario: dalle attività dei cosiddetti “magliari” al contrabbando e al gaming illegale, senza tralasciare le truffe telematiche e il controllo degli appalti, delle aste giudiziarie, del ciclo dei rifiuti e dell’edilizia pubblica e privata fino alla nuova frontiera delle grandi frodi fiscali.
I principali cartelli camorristici si sono trasformati in vere e proprie holding imprenditoriali parti integranti dell’economia legale supportate da stratificati sistemi relazionali fondati su legami personali molto spesso parentali e connivenze in ampi settori dell’imprenditoria e nella pubblica amministrazione. Tutto ciò è peraltro esemplificabile con quello che è stato dagli stessi affiliati denominato il “Sistema”: una struttura di coordinamento gestionale che le organizzazioni camorristiche si danno al fine di raggiungere gli obiettivi comuni finalizzati esclusivamente al perseguimento dell’illecito arricchimento.
Tuttavia al margine dei grandi cartelli criminali e di quel mondo in cui gli interessi mafiosi si congiungono con quelli dell’impresa persiste la «camorra dei vicoli e delle stese», dei conflitti tra bande che si contendono il controllo dei tradizionali mercati illeciti, del racket e della droga.
“Persiste una dimensione violenta che pesantemente e intollerabilmente opprime la vita dei cittadini e della città intera”. E tutto ciò attiene all’altra faccia dei fenomeni criminali cioè quella delle “fasce sociali più disagiate per le quali i “diritti fondamentali, la casa, il lavoro, la salute, persino il cibo – ha di recente commentato il Procuratore Melillo – dipendono dall’osservanza delle regole di quel ‘sistema’. Qui lo Stato ha spesso solo il volto duro e distaccato della repressione giudiziaria e di polizia, e si accumulano e si stratificano sentimenti di lontananza siderale dalla Repubblica e dalle sue leggi, e si formano autentici blocchi sociali attorno a valori sostitutivi della legge e delle regole della convivenza, si annulla ogni fiducia nella capacità dello Stato di svolgere sia pure banali funzioni di controllo”.
Tali fasce sociali costituiscono l’espressione di voragini socioculturali dove i fenomeni della dispersione scolastica, della disoccupazione e della devianza minorile costituiscono variabili di un sistema complesso da cui gli attori criminali traggono forza e risorse a discapito della fiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni locali e dello Stato.
Tale dicotomia ha trovato riscontro anche negli effetti della pandemia da COVID-19 sul piano sociale ed economico incrementando da un lato la povertà nelle aree più depresse della regione, dall’altro rappresentando un’occasione di affermazione e rinnovato consenso per i clan più potenti.
Sul fronte dell’antiriciclaggio, i più recenti esiti investigativi hanno confermato come i sodalizi campani sempre più spesso stiano sfruttando quale nuovo canale del business illegale quello delle frodi fiscali, realizzate attraverso società spesso operanti all’estero nel commercio degli idrocarburi. Mediante società “di comodo” e transazioni giustificate da titoli contrattuali fittizi i clan alimentano rilevanti flussi finanziari tanto con gli ingenti profitti derivanti dal risparmio per il mancato pagamento di imposta, quanto con la reimmissione nei circuiti economico-finanziari legali del denaro provento delle più tradizionali attività criminali.
Tra i business sempre più in voga tra le organizzazioni campane, primeggiano le scommesse e i giochi online. Si tratta di un ambito nel quale da tempo si incontrano gli interessi della camorra e delle altre matrici criminali (calabrese, siciliana e pugliese). Attraverso piattaforme operanti su circuiti nazionali e transnazionali il gaming illegale consente operazioni di ripulitura del denaro su vasta scala diventando una delle principali fonti di guadagno utilizzate per il mantenimento degli affiliati e delle famiglie dei detenuti, ma anche per effettuare lucrosi investimenti nei Paesi a regime fiscale agevolato. Come confermato dai collaboratori di giustizia “il ruolo della criminalità organizzata nel settore delle scommesse illegali si evidenzia nel sud Italia perché la camorra ha i contatti sul territorio e quindi può imporre il gioco illegale ai bar ed anche quello legale, diversamente da quanto avviene nei territori del nord Italia, dove la diffusione sul territorio delle piattaforme illegali avviene per il tramite di una contrattazione diretta con il singolo esercente il quale riceve una parte del guadagno. Allo stesso modo per le piattaforme legali al nord la trattativa
avviene con ogni singolo esercente. Dunque nelle aree della Campania e nelle altre aree del Sud dove vi è la criminalità organizzata basta parlare con il capo del locale clan di camorra o di ‘ndrangheta ed in quella zona avviene la diffusione delle piattaforme illegali e legali senza dover contattare i singoli esercenti”.
Il principale interesse criminale nello spaccio di stupefacenti, gestito secondo logiche spartitorie di tipo territoriale vede coinvolti soprattutto gruppi minori in posizione di soggezione e di dipendenza rispetto ai principali cartelli.
Per quanto attiene all’architettura delle consorterie nel napoletano il panorama criminale resta polarizzato attorno ai due grandi cartelli: Alleanza di Secondigliano a Mazzarella che lasciano uno spazio operativo solo marginale agli altri sodalizi. Le più
recenti acquisizioni investigative e giudiziarie dimostrano infatti l’effettivo e forte potere dei due macrosistemi che influenzano le attività dei numerosi clan ricadenti sotto la rispettiva sfera di influenza predisponendole e controllandole direttamente o indirettamente.
Tale struttura organizzativa tendenzialmente proiettata alla ottimizzazione delle risorse garantisce ai gruppi federati una serie di vantaggi e ne incrementa notevolmente la capacità criminale. Ciò sia nel controllo della propria porzione di territorio conferendo maggiore potenza e compattezza sotto il profilo “militare” specie nel confronto con le organizzazioni concorrenti, sia nella
“maggiore” forza d’intimidazione derivante dall’appartenenza al rispettivo asse criminale.
I grandi e potenti clan Contini, Licciardi e Mallardo che costituiscono i principali componenti dell’Alleanza di Secondigliano rappresentano significative realtà imprenditoriali che controllano gran parte delle attività economiche della città segnatamente
dalle catene di ristorazione a interi settori commerciali e del terziario.
Il clan Mazzarella presente soprattutto nella zona centrale e in quella orientale della città sembra incline a tessere alleanze con sodalizi operanti nel territorio della provincia in particolare a Marigliano, San Giorgio a Cremano e Somma Vesuviana, nonché nella vicina Salerno mirando all’imposizione di tangenti sui grossi appalti anche attraverso l’instaurazione di rapporti collusivi con elementi compiacenti delle pubbliche amministrazioni. Peraltro recenti operazioni di polizia giudiziaria hanno evidenziato gli interessi del clan Mazzarella in attività di riciclaggio nella provincia di Roma specie nell’area dei Castelli Romani realizzate
anche attraverso esponenti dell’alleato gruppo D’Amico.
I due grandi cartelli criminali dell’Alleanza di Secondigliano e del clan Mazzarella rappresentano la massima espressione del potere criminale nell’intero panorama metropolitano.
La mappa dei clan che controllano la città e la provincia di Napoli si presenta quindi distinta in 5 macro-aree:
- quella controllata direttamente dall’Alleanza di Secondigliano comprendente quasi tutta la città di Napoli e buona parte della provincia;
- l’area riconducibile ai clan federati con l’Alleanza e ai gruppi ricadenti sotto il controllo della stessa;
- quella in cui l’Alleanza condivide la leadership con il clan Mazzarella ricadente prevalentemente nel centro della città di Napoli;
- il settore di esclusiva egemonia del clan Mazzarella: Portici e San Giorgio a Cremano;
- quella controllata da clan autonomi concentrata in una zona ristretta tra i paesi di Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore.