La faida di camorra che da diverse settimane anima le strade del quartiere Ponticelli sembra destinata ad entrare nel vivo. Lo suggeriscono i fatti che si sono verificati di recente e che delineano un nuovo scenario camorristico dagli esiti incerti.
Se fino a pochi mesi fa i De Luca Bossa si erano visti costretti dalle circostanze a restare relegati nel Rione Lotto O, storico fortino del clan, gli eventi recenti suggeriscono uno scenario ben diverso.
Contestualmente al fermo del boss Marco De Micco e alla scarcerazione di Christian Marfella prima e di Giuseppe De Luca Bossa poi, gli equilibri sono ben presto cambiati.
Il boss Marco De Micco detto “Bodo” è finito in carcere lo scorso aprile, insieme ad altri quattro affiliati al clan accusati, a vario titolo, dell’omicidio di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, ucciso il 7 ottobre del 2021 da un killer solitario nei pressi dell’abitazione della madre, in via Luigi Crisconio nella zona di San Rocco, storica roccaforte dei De Micco.
Un omicidio che ha squarciato nel petto e nell’orgoglio dei De Luca Bossa un’altra ferita insanabile che va ad aggiungersi a quella inflitta dagli stessi De Micco nel gennaio del 2013, quando a finire travolto da una pioggia di proiettili fu Antonio Minichini, figlio di Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, assassinato all’età di 19 anni, seppure non direttamente invischiato negli affari di famiglia, perchè si trovava in compagnia del reale obiettivo dell’agguato, Gennaro Castaldi, quando i killer entrarono in azione.
La sete di vendetta ha ispirato e guidato l’ascesa camorristica di Michele Minichini, fratellastro di Antonio, condannato al carcere a vita, senza riuscire a regolare quel conto in sospeso con i De Micco. Negli anni che seguirono il duplice omicidio di Gennaro Castaldi e Antonio Minichini, i “Bodo”, prima sotto la guida di Marco De Micco, poi dei fratelli Salvatore e Luigi, riuscirono ad affermare la propria egemonia e ai De Luca Bossa non restò da fare altro che subire in silenzio. Almeno fino a quando un evento propizio ha favorito la temporanea uscita di scena dei De Micco: un blitz della Polizia di Stato che fece scattare le manette per le figure apicali del clan che si è visto inaspettatamente costretto a fronteggiare il primo, vero momento di difficoltà del quale riuscirono a trarre vantaggio i De Luca Bossa e gli altri clan confluiti in un’alleanza che vedeva le vecchie famiglie d’onore dell’area est di Napoli unite per scalzare i De Micco da Ponticelli e i Mazzarella da San Giovanni a Teduccio.
Il ritorno alla ribalta dei De Luca Bossa, supportati dai Casella e dalle “pazzignane”, oltre che dagli Aprea di Barra e i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio è stato, però, fugace. L’egemonia del clan del Lotto O ha iniziato a vacillare al cospetto dell’atto di ribellione dei De Martino – i giovani eredi del clan De Micco – che in un primo momento si erano assoggettati ai clan alleati, riuscendo così a preservare il controllo dei loro fortini.
La scarcerazione del boss Marco De Micco ha concorso a cambiare rapidamente le carte in tavola. De Micco è riuscito in pochissimo tempo a riappropriarsi di Ponticelli, portando a compimento una serie di azioni mirate e strategiche che ne hanno favorito l’ascesa. L’omicidio di Carmine D’Onofrio ha definitivamente stroncato le velleità dei De Luca Bossa e ha sancito l’ennesimo punto di non ritorno nell’ambito della guerra infinita tra due clan, due famiglie di Ponticelli che sembrano entrate in rotta di collisione per motivi che vano ben oltre il controllo dei traffici illeciti.
Rancori personali e conti in sospeso pesanti fungono da sfondo all’eterna faida tra i due clan e la recente scarcerazione di Giuseppe De Luca Bossa, il padre di Carmine D’Onofrio, sembra aver conferito ai De Luca Bossa una motivazione ulteriore per tentare di affossare glie eterni nemici: la vendetta.
Non a caso, probabilmente, proprio com’è accaduto all’indomani della scarcerazione di Christian Marfella, anche quando il fratello di Tonino ‘o sicco è tornato in libertà, i De Luca Bossa potrebbero aver portato a compimento una “stesa” nei pressi dell’abitazione di diversi elementi di spicco del clan De Micco, in via Carlo Miranda. In quella circostanza, un proiettile ha danneggiato il motore di un condizionatore al terzo piano di un edificio. Un’azione dimostrativa, un affronto, monito che potrebbero aver rilanciato la notte scorsa, dando alle fiamme un’auto rubata lo scorso maggio lungo quella stessa strada.