L’Italia è il più importante produttore di pomodoro d’Europa, il secondo al mondo dopo la California. Il 15% dell’intera produzione mondiale di pomodoro proviene dalle coltivazioni italiane, per un fatturato annuo di quasi 4 miliardi di euro, in buona parte derivante dalle esportazioni del prodotto in tutto il mondo.
Il fiorente mercato del pomodoro, eccellenza del Made in Italy, sta però vivendo un momento particolarmente difficile: a un raccolto già provato dalla grave siccità che ha colpito l’Italia, si aggiunge la seria minaccia dall’aumento dei prezzi di produzione, che rischia di spazzare via un intero comparto.
Il pomodoro italiano è in crisi: secondo le stime di Coldiretti, le condizioni climatiche estreme di questa torrida estate porteranno a una riduzione dell’11% del raccolto di pomodoro, mentre le proiezioni dell’Amitom, l’associazione che riunisce le organizzazioni professionali dei trasformatori nell’area mediterranea, danno la produzione in calo di oltre un milione di tonnellate.
Se nel 2021 sono state raccolte in Italia 6 milioni di tonnellate di pomodoro, cosa che ha reso l’Italia secondo produttore al mondo nel 2021, quest’anno si rischia di non superare i 5,4 milioni.
E si teme anche per l’abbandono delle coltivazioni: Confagricoltura e CIA – Confederazione Italiana Agricoltori hanno espresso preoccupazione in tal senso: le superfici coltivate a pomodoro potrebbero addirittura essere dimezzate, passando dal 15 al 30%.
Il primo responsabile della crisi del pomodoro è certamente il clima: caldo e mancanza d’acqua mettono in grave sofferenza le coltivazioni. Come si legge nello studio presentato da Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta del pomodoro – che avviene tra la fine di luglio e la metà di settembre – “il clima ha decimato il raccolto del prodotto simbolo della dieta mediterranea”.
Le condizioni climatiche “hanno accelerato i processi di maturazione e messo a rischio le produzioni in campo”, tagliando dell’11% il raccolto di pomodoro da salsa, quello destinato cioè a polpe, passate, sughi e concentrato.
Alla crisi climatica va aggiunta la corsa dei prezzi di produzione, che sta colpendo fortemente tutto il comparto agricolo: le aziende italiane devono oggi fare fronte ad aumenti importanti, che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio, e coinvolgono tutta la filiera – dalla coltivazione alla trasformazione.
Il vetro, per esempio, costa il 30% in più rispetto allo scorso anno, il cartone è aumentato del 45%, e i barattoli di latta (introvabili) costano oggi il 60% in più, mentre la plastica in alcuni casi sfiora il +70%.
All’aumento dei materiali vanno aggiunti gli aumenti del trasporto su gomma e per i container e noli marittimi che – complice la delicata situazione internazionale – fanno registrare aumenti che secondo l’analisi di Coldiretti vanno dal 400% al 1000%.
Oggi, in pratica, la confezione costa più del prodotto in essa contenuto: in una bottiglia di passata, “l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro”, il resto sono costi di produzione industriale, materiali, pubblicità. E l’aumento dei prezzi, a partire da quello del gas, non potrà che pesare sulle tasche dei consumatori.