Pomeriggio di paura e spari, l’ennesimo andato in scena a Ponticelli, lo scorso mercoledì 24 agosto.
La camorra torna a sparare e lo fa mettendo la firma su un’azione eclatante: un mancato agguato. Nel mirino dei sicari, un elemento di spicco dei clan in lotta per il controllo del territorio che ha tentato la fuga addentrandosi nel rione De Gasperi.
A finire nel mirino dei rivali, secondo quanto riferito dagli abitanti del Rione De Gasperi che hanno assistito al mancato agguato, un soggetto a bordo di una moto, inseguito da un’auto dalla quale un solo killer ha esploso diversi colpi d’arma da fuoco, indirizzandoli verso il motociclista in fuga che con molta destrezza e sangue freddo è riuscito a schivare gli spari e a dileguarsi.
I testimoni oculari hanno facilmente riconosciuto il motociclista miracolosamente sopravvissuto all’agguato: si tratterebbe di Christian Marfella, stimato essere l’attuale reggente del clan De Luca Bossa. Il figlio del boss di Pianura Giuseppe Marfella e della donna-boss Teresa De Luca Bossa, nonchè fratellastro di Tonino ‘o sicco, è tornato in libertà da due mesi. Agli arresti domiciliari fino a settembre, monitorato a distanza dal braccialetto elettronico, Marfella da qualche settimana sta beneficiando di un permesso premio di due ore, dalle 18 alle 20, che sta utilizzando per rimarcare le velleità camorristiche del clan di cui è il perno portante.
Le sue “scese” a bordo di una moto, affiancato dalle altre reclute del clan, non sono di certo passate inosservate. Marfella è solito mostrarsi a volto scoperto, mentre sfila nei fortini dei clan rivali. Nella zona di San Rocco, fortino del clan De Micco, ma anche nel Rione Incis e negli altri arsenali in cui si rileva la presenza di nemici ai quali i De Luca Bossa vogliono lasciar intendere che non sono più disposti a sottostare alle loro imposizioni, così come era accaduto in un passato recente. All’indomani dell’omicidio di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, i reduci della cosca del Lotto O hanno infatti adottato un profilo basso, così come suggerito da Marfella mentre era ancora recluso in carcere. Hanno trascorso mesi confinati nel loro rione, impegnandosi a versare onerose tangenti sulle piazze di droga da loro gestite ai rivali del clan De Micco.
La scarcerazione di Marfella, maturata appena due mesi dopo l’arresto del boss Marco De Micco, ha conferito nuova linfa ai De Luca Bossa che hanno immediatamente impugnato le armi per mettere la firma su un’azione eclatante: il raid in viale Margherita che ha poi portato all’arresto lampo di tre dei quattro responsabili.
Seppur depauperato di tre pedine fondamentali, il clan De Luca Bossa appare sempre più galvanizzato sotto la guida di Marfella che non appena ha potuto concedersi uno scampolo di libertà, ha utilizzato quel permesso premio per rimarcare le sue intenzioni.
Per gli abitanti del Rione De Gasperi non è stato difficile riconoscerlo in quanto, negli ultimi tempi, è soprattutto nell’ex fortino dei Sarno che il fratellastro di Tonino ‘o sicco è solito recarsi pressochè quotidianamente. I parenti delle “pazzignane” sono finiti nel suo mirino e non è un segreto che il giovane miri ad impossessarsi delle loro case per trasferirsi in un rione, a suo dire, più sicuro rispetto al Lotto O. In questo modo, Marfella metterebbe la firma su un’azione eclatante, volta a conferire prestigio al clan di famiglia e soprattutto si tratterebbe di un’operazione suggestiva, volta a riscattare la sua famiglia dalle vessazioni subite in passato.
Quando Tonino ‘o sicco annunciò la scissione dai Sarno rendendosi autore del primo attentato stragista con autobomba in Campania, il boss Ciro Sarno ordinò l’allontanamento dei De Luca Bossa da Ponticelli, i quali furono cacciati in malo modo dal Lotto O, il rione che ‘o sindaco – così era soprannominato Ciro Sarno – aveva assegnato ai suoi vecchi alleati. I De Luca Bossa tornarono quindi a vivere a Cercola, il comune vesuviano confinante con Ponticelli del quale erano originari, per poi fare ritorno nel Lotto O in seguito al pentimento dei Sarno. A riprova del clima di terrore nel quale vivevano i De Luca Bossa che temevano la vendetta dei Sarno, quando fu scarcerato, Umberto De Luca Bossa – marito di Teresa De Luca Bossa, tradito dalla donna con Giuseppe Marfella mentre era detenuto – andò a vivere in un appartamento adiacente alla stazione dei carabinieri di Cercola, perchè temeva fortemente per la sua incolumità.
Lo scenario è mutato repentinamente in seguito al pentimento dei fratelli Sarno e proprio Christian Marfella, seppure fosse poco più di un ragazzino, fu tra i principali osteggiatori degli ex boss di Ponticelli. In più di una circostanza minacciò il padre dei Sarno, con l’intento di convincerli a ritrattare, indirizzando spari verso la sua abitazione e arrivando finanche a puntargli una pistola alla tempia.
Tanto basta per comprendere perchè per Christian Marfella sia così importante vedere la bandiera dei De Luca Bossa sventolare sull’ex roccaforte dei Sarno.
Un retroscena che inizialmente aveva legittimato l’ipotesi del raid indirizzatogli per ridimensionarne i piani. Quindi, la prima ipotesi che ha campeggiato tra i fatiscenti palazzoni del Rione De Gasperi nelle ore successive al mancato agguato, narrava di un atto di ribellione voluto per “cacciare l’invasore” e preservare il dominio di una roccaforte storica.
Invece, la testimonianza di chi ha assistito all’azione criminale, colloca il teatro dell’accaduto in tutt’altro scenario, in quanto sarebbe solo il luogo che ha funto da sfondo del raid, perchè è lì che si è indirizzato Marfella per mettersi in salvo.
Un agguato che ufficializza, probabilmente, la ripresa delle ostilità tra i clan in guerra per il controllo del territorio. E’ la cronaca di un epilogo prevedibile. Troppo spavalda e sfrontata la politica avviata da Marfella nelle settimane precedenti per non sortire una replica sonora da parte degli avversari. O, forse, dietro quegli spari, si cela un altro, imprevedibile scenario.