Schizza alle stelle la tensione nel rione De Gasperi di Ponticelli, uno degli arsenali della camorra in cui negli ultimi tempi si sta registrando una vera e propria escalation di violenza.
Nel corso del pomeriggio di mercoledì 24 agosto, diversi abitanti del rione hanno contattato la nostra redazione per segnalare una sparatoria. Una raffica di colpi d’arma da fuoco, esplosi in pieno giorno. Una pioggia di proiettili chiaramente udita dai residenti in zona e che ha disseminato non poco terrore tra gli abitanti del quartiere, costretti a vivere in un clima di dilagante degrado che pervade l’ex fortino dei Sarno, dove negli ultimi tempi, per giunta, cresce la paura per i frequenti episodi di violenza che delineano uno scenario camorristico inquietante.
Un rione in balia del degrado e dell’incuria, dove lo spaccio di droga rappresenta il core business dell’economia criminale, complice la presenza di dozzine di piazze di spaccio distribuite tra i 28 isolati fatiscenti, ai quali si affianca la compravendita delle case, in particolare di quelle “murate”, ma soprattutto a far paura è la presenza di due focolai camorristici. Il nuovo gruppo emergente, costituito dagli ex Sarno scarcerati di recente e collocati nella zona delle “case murate” dove tra abitazioni tumulate e quelle occupate di forza, si rileva la presenza dei “reduci” dei piani di assegnazione delle nuove case comunali che si sono visti negare un nuovo alloggio, proprio perchè non dispongono dei requisiti necessari, in primis, la presenza all’interno del nucleo familiare di un soggetto condannato per reati associativi.
L’altro focolaio, invece, resiste tra gli isolati 10 e 15, dove da sempre vivono “le pazzignane”, o meglio, quello che resta della famiglia-clan capeggiata da Luisa De Stefano, all’indomani dell’arresto del marito Roberto Schisa e degli altri fedeli armigeri dei Sarno, in seguito al pentimento di quest’ultimo. Negli anni di magra che scaturirono dal terremoto giudiziario scatenato proprio dalle rivelazioni rese alla magistratura dai fratelli Sarno e dalle altre figure apicali della ex cosca numero uno di Ponticelli, “le pazzignane” si sono limitate a dedicarsi allo spaccio di droga e poco altro, subendo la forza egemone dei De Micco. Poche ore dopo il blitz che fece scattare le manette per 23 figure di spicco del clan dei “Bodo” – questo il soprannome dei De Micco – proprio la “Pazzignana” Luisa De Stefano capeggiò la rivolta che è poi sfociata in una faida per il controllo del territorio che ha visto primeggiare il suo clan, unitamente alle famiglie d’onore di Napoli est con le quali si era alleata per realizzare il sogno covato da sempre: conquistare Ponticelli. Un guanto di sfida sbattuto in faccia ai De Micco, nel primo vero momento di difficoltà. I clan alleati si erano guardati bene dal contestare i Bodo quando erano all’apice della loro espressione camorristica. Un esercito troppo forte, ben equipaggiato che poteva contare su un massiccio numero di soldati, armi, soldi. Una forza che sembrava invincibile, almeno fino a quando il blitz della Polizia di Stato non ha involontariamente fornito alle famiglie d’onore di Napoli est il prezioso assist da afferrare al volo. E così ha fatto Luisa De Stefano, recandosi nel garage dei De Micco, la reception del clan, per far sapere ai reduci della cosca che a partire da quel momento le “pazzignane” non gli riconoscevano nessuna egemonia, rifiutandosi di pagare il pizzo sulle piazze di droga da loro gestite. Un diniego che infligge un sonoro colpo all’orgoglio dei Bodo che al calar del sole replica immediatamente con una “stesa”, inscenata dia reduci, le giovani leve del clan De Martino, chiamati a colmare il pesante vuoto di potere generato da quell’inaspettata stangata inflitta dallo Stato.
Prende così il via un’alacre sequenza di ostilità che per poco più di 12 mesi ha visto le “Pazzignane” avere la meglio. Anche i clan alleati sono stati azzerati da un blitz che ha tradotto in carcere le figure-simbolo del sodalizio camorristico, nato anche con l’intento di scalzare i De Micco a Ponticelli. Le “Pazzignane” Luisa De Stefano e Vincenza Maione, ma anche il killer per antonomasia dell’alleanza, Michele Minichini, e la lady-camorra del Lotto O, sono stati tutti condannati all’ergastolo in via definitiva. Destinati a trascorrere in galera il resto della vita, pur di assaporare per un attimo fugace il sapore della leadership camorristica. Una chimera inseguita per appagare una brama di potere, disseminando morti, bombe, stese, azioni efferate. Un vortice di violenza che seguita a sortire ripercussioni sullo scenario camorristico contemporaneo.
Il pentimento di Tommaso Schisa prima e la scarcerazione del boss Marco De Micco poi, hanno ulteriormente indebolito la posizione dei “reduci” del clan delle “pazzignane”, costrette a subire angherie, vessazioni e soprusi, per l’ennesima volta.
Percentuali da capogiro sul business dello spaccio, pretese anche per saldare il “debito” maturato nel corso del tempo in cui avevano osato contestare l’egemonia dei “Bodo”. E non solo.
I clan alleati che avevano messo da parte ruggini e rancori – o avevano finto di farlo – al cospetto del pentimento di Tommaso Schisa potrebbero in qualsiasi momento ribaltare il tavolo.
Ad arroventare gli animi, due eventi ben precisi: una notizia infondata che si era rapidamente diffusa tra i rioni in odore di camorra di Ponticelli e che annunciava un pentimento eccellente, ma anche l’imminente scarcerazione di Giovanni De Stefano, fratello di Luisa che potrebbe scendere in campo per tentare di rilanciare le credenziali del clan di famiglia.