E’ durato meno di 24 ore l’iter giudiziario di P.P., il 17enne vollese, ritenuto contiguo al clan De Luca Bossa del Lotto O di Ponticelli, ricercato dallo scorso 20 luglio, ovvero, da quando si era reso irreperibile, reo di essere uno dei quattro membri del gruppo di fuoco che lo scorso 2 luglio seminò spari e terrore in viale Margherita con l’intento di mettere la firma su un’azione eclatante nell’ambito dell’eterna faida in corso per il controllo del territorio tra il clan capeggiato dagli eredi del killer ergastolano Antonio De Luca Bossa e il clan De Micco.
A finire in manette Emmanuel De Luca Bossa, secondogenito del boss Antonio, stimato essere l’attuale reggente del clan, i vollesi Giuseppe Damiano e Vincenzo Barbato, fedelissimi della cosca del Lotto O che all’incirca un anno fa forzarono un posto di blocco, puntando una mitraglietta contro i poliziotti, innescando un inseguimento. Anche in quella circostanza, il minorenne fu identificato tra i membri del commando, ma riuscì a sottrarsi all’arresto.
Ricercato dallo scorso 20 luglio, il minorenne si è presentato spontaneamente in caserma, accompagnato dal suo legale ed è stato trasferito presso il Centro di Prima Accoglienza dei Colli Aminei. La permanenza del minore nel centro di accoglienza è durata meno di 24 ore.
Un’indagine lampo quella svolta dai carabinieri e che ha portato all’identificazione dei membri del commando che entrò in azione lo scorso 2 luglio a volto scoperto, in pieno giorno, per esplodere diversi colpi d’arma da fuoco per circa 60 metri lungo una delle strade più frequentate del quartiere. Gli inquirenti hanno identificato i responsabili del raid equiparando i frames estrapolati dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza delle attività commerciali alle immagini pubblicate sui profili social dagli indagati. Oltre ai volti, anche i tatuaggi in bella mostra, hanno consentito facilmente ai militari dell’arma di identificare gli autori del raid.
Sul capo del minorenne pendevano gravi accuse: porto, detenzione ed esplosione di colpi d’arma da fuoco, aggravati dalle finalità mafiose. Il legale del 17enne, tuttavia, è riuscito ad ottenerne la scarcerazione facendo leva sull’assenza di prove inequivocabili utili ad accertare l’identificazione del ragazzo. Nessuna prova schiacciante a carico del minore, in sostanza. Nessun tatuaggio, nessun segno particolare che possa concorrere a provare con assoluta certezza che fosse lui uno dei quattro giovani in sella ad uno dei due scooter che hanno messo la firma su quella scellerata azione camorristica.
Non ha ancora raggiunto la maggiore età, ma è riuscito fortunosamente a sventare le manette già due volte. C’era anche lui tra i membri del commando che a settembre del 2021, rei di non essersi fermati all’alt imposto dalla Polizia di Stato, puntarono una mitraglietta contro gli agenti. Anche in quella occasione il minorenne era parte integrante del gruppo, ma anche in quell’occasione riuscì a fuggire.
Non ha ancora raggiunto la maggiore età, ma è riuscito a conquistare facilmente la fama del camorrista temprato e rispettabile. Impavido, coraggioso, irriverente, dalla mano lucida e ferma, incapace di tremare quando impugna una pistola, sprezzante della morte e delle feroci dinamiche innescate dalla logica azionata dagli spari. Questo il biglietto da visita di uno dei più giovani interpreti della malavita ponticellese, tornato a piede libero e destinato a ricoprire un ruolo cruciale tra le fila del clan De Luca Bossa, ancor più in seguito al fermo di tre dei quattro responsabili del raid in viale Margherita.