I carabinieri Fabio Cagnazzo, Lazzaro Cioffi e Luigi Molaro, ma anche lo scafatese Giuseppe Cipriano, gestore dei cinema di Acciaroli e di Agnone, gli imprenditori acciarolesi Domenico, Giovanni e Federico Palladino e Romolo e Salvatore Ridosso, ritenuti contigui all’omonimo clan operante a Scafati. Questi i nomi delle nove persone finite nel registro degli indagati nell’ambito delle indagini volte a far luce sull’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, e per le quali, nel corso della giornata di giovedì 28 luglio, la Dda di Salerno ha disposto delle perquisizioni, eseguite dai carabinieri del Ros di Roma e Salerno.
Ricostruito il movente del delitto, a distanza di 12 anni dalla tragica sera del 5 settembre del 2010: l’attività di contrasto al business della droga condotta da Vassallo durante quell’estate. Il “sindaco-pescatore” era pronto a rivelare alla magistratura le informazioni relative al traffico di stupefacenti nel porto di Acciaroli, dove attraccavano gommoni dai quali veniva scaricata la droga. L’omicidio fu voluto per impedirgli di denunciare fatti e persone.
Le indagini hanno ricostruito le ultime, concitate fasi della vita del sindaco del comune cilentano. Indagini dalle quali emergono le plurime difficoltà di una lotta impari e solitaria di un uomo semplice, ma determinato che non si fidava dei carabinieri in servizio presso la stazione del comune che amministrava. Mise in piedi una squadra investigativa costituita da agenti della polizia municipale, ai quali aveva affidato il delicato compito di effettuare degli appostamenti sul porto di Acciaroli per cercare di individuare i gommoni dediti al traffico di stupefacenti. Avevano anche cercato di corromperlo, gli avevano offerto soldi per metterlo a tacere, ma Vassallo non ridimensionò la sua condotta. Fu poi ricattato e in preda alla forte pressione alla quale era sottoposto, Vassallo minacciò a sua volta di denunciare tutto e tutti in procura, decretando così la sua condanna a morte.
La scoperta che persone di cui non avrebbe mai sospettato, fossero invece coinvolte in quelle attività losche, deluse profondamente Vassallo che, al contempo, iniziò a temere per la sua incolumità. Tant’è vero che confidò quei timori e quei sospetti alle persone a lui vicine durante quella che fu la sua ultima estate, in primis, ad Alfredo Greco, ex procuratore Capo di Vallo Della Lucania, unitamente alla promessa di sporgere una denuncia circostanziata ai carabinieri “dei quali poteva fidarsi”. Un elemento che ben sottolinea il clima di sospetti e paure che ha scandito gli ultimi giorni di Vassallo.
Una denuncia mai sporta, perchè al primo appuntamento, il comandante della stazione di Agropoli, non riuscì a presentarsi, in quanto impegnato in un’attività di servizio. Al secondo appuntamento, invece, fissato per il 6 settembre del 2010, Vassallo fu impossibilitato a presentarsi, perchè venne ucciso la sera prima.
Vassallo avrebbe pagato con la vita un’amara scoperta: il coinvolgimento del colonnello Cagnazzo e dei fratelli Palladino nel business della droga che giungeva ad Acciaroli tramite delle imbarcazioni e custodita in un deposito di proprietà dei fratelli Palladino.
Un delitto sul quale ci sarebbe anche la firma della camorra scafatese. Salvatore Ridosso, figlio di Romolo Ridosso, reggente dell’omonimo clan operante a Scafati, Giuseppe Cipriano, ex gestore del cinema di Acciaroli, ma anche il brigadiere Lazzaro Cioffi, già finito nel mirino degli inquirenti per aver favorito il ras Pasquale Fucito del Parco Verde di Caivano, avvisandolo anzitempo delle operazioni anti-droga dei colleghi, oltre che per il coinvolgimento in un traffico di stupefacenti dedito all’importazione di cocaina dall’Olanda per approvvigionare le piazze campane per conto del clan Sautto-Ciccarelli di Caivano. Corruzione, riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti. Sul capo del brigadiere Cioffi pendono plurime accuse. Per 20 anni in servizio presso il comando dei Carabinieri di Castello di Cisterna, dove il colonnello Fabio Cagnazzo ricopriva il ruolo di comandante del nucleo investigativo proprio negli anni in cui maturò il delitto Vassallo, Cioffi era il braccio destro di Cagnazzo, nonchè principale collaboratore. Entrambi trascorsero ad Acciaroli l’estate del 2010. A completare il trio di carabinieri coinvolti nell’indagine, Luigi Molaro, condannato in passato per furto aggravato.
Un ruolo cruciale fu anche ricoperto dal defunto Raffaele Maurelli, “il broker del narcotraffico”, imparentato con un elemento di spicco degli scissionisti di Secondigliano. Sarebbe lui il mandante dell’omicidio. Era lui a gestire il traffico di stupefacenti che da Napoli giungevano nel porticciolo di Acciaroli. Aveva chiesto a Vassallo una concessione per gestire uno stabilimento balneare, quindi di poter usufruire di un pezzo di spiaggia dove “le barche della droga” potessero attraccare facilmente. Vassallo si era opposto, “Raffaele ‘o nir'”, questo il soprannome di Maurelli, lo avrebbe minacciato, disponendo di alcune informazioni sensibili circa la sfera privata del sindaco che, di tutta risposta, gli annunciò la volontà di denunciare tutto e tutti in procura, inducendo così Maurelli ad emettere la sentenza di morte.
Le indagini hanno consentito di ricostruire i saldi legami che intercorrono tra gli indagati. Cioffi era legato a filo doppio a Romolo Ridosso, al quale aveva affidato la gestione di una pompa di benzina a Scafati, intestata alla moglie di quest’ultimo, ma anche ai fratelli Palladino di Acciaroli, con i quali – su suggerimento di Cagnazzo – aveva fondato una società intenzionata a ad acquisire la gestione di una serie di pompe di benzina. Un progetto che doveva prendere il via proprio nell’estate del 2010, ma poi accantonato.
Gli inquirenti ipotizzano che nei giorni precedenti all’omicidio Romolo e e Salvatore Ridosso e Giuseppe Cipriano, avrebbero effettuato dei sopralluoghi, mentre i tre militari dell’arma si sarebbero impegnati ad avviare i depistaggi utili a far ricadere i sospetti sul sospettato ideale: Bruno Umberto Damiani detto “il brasiliano”. Nella fattispecie, seppure fossero fin da subito emersi degli elementi che scagionavano il Damiani da qualsiasi accusa, soprattutto le immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza che nel momento in cui si consumava l’omicidio di Vassallo, lo ritraevano in tutt’altro luogo, Cagnazzo e Molaro non hanno mai fornito agli inquirenti queste informazioni. Furono i due militari in congedo, infatti, a presentarsi presso le attività commerciali di alcuni esercenti di Acciaroli per chiedere di farsi consegnare i filmati delle videocamere di sorveglianza, seppure si trovassero lì in vacanza.
Immagini estrapolate e montate ad arte, omissioni, ma anche il riflettore puntato sul Damiani, la partecipazione attiva dei militari alle fasi iniziali delle indagini, la telefonata di Molaro a Cagnazzo, due minuti dopo l’omicidio del sindaco-pescatore, il pestaggio di uno dei testimoni-chiave da parte di Molaro: questi gli elementi raccolti dagli inquirenti e che concorrono a rendere più nitida l’intera vicenda, avvolta nel buio per più di 10 anni.